BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 06/11/2006

INCONTRO CON RENATO TAGIURI SU LEADERSHIP E RELAZIONI CON I COLLABORATORI

di Davide Storni

Tagiuri è professore alla Harvard University dal 1952. Italiano, da 60 anni negli Stati Uniti, ogni tanto ama ritornare nella propria terra natia per questioni di affetto e di business. Essendo da 60 anni in america, deduco che il professor Tagiuri abbia ormai un'età prossima agli 80, anche se molto ben portati.

L'ISTUD, che annovera il professore fra i membri del proprio comitato scientifico, lo scorso24 ottobre ha organizzato un incontro dal titolo “Quali sfide per la leadership oggi?”al quale ho partecipato volentieri, insieme ad altre 40/50 persone curiose e attente.

La tesi di fondo del professor Tagiuri è che per essere leader non si deve per forza avere doti innate e/o carisma, basta agire in modo opportuno e verificare l'efficacia del proprio relazionarsi con i collaboratori.

Durante l'incontro il professore ha presentato il risultato di una interessante ricerca effettuata nel corso degli incontri con manager nell'ambito di corsi di formazione e workshop che il professore tiene in vari Paesi. Durante questi incontri il professore ha posto ai manager la medesima domanda: cosa deve fare un capo per permettere ai collaboratori di svolgere al meglio il proprio lavoro?

Ogni volta cominciava un lungo dibattito che non portava mai a conclusioni condivise.

Poi il professore riproponeva una domanda simile, ma che partiva da diversa prospettiva: cosa avresti bisogno tu da parte del tuo capo per poter svolgere al meglio il tuo lavoro?

Pur essendo la stessa domanda (riguarda sempre le cose che un capo deve fare), in questo caso la discussione è stata sempre più breve, convergendo su un elenco di 10 punti; e fenomeno di convergenza si è ripetuto tutte le volte che il professore ha posto la domanda, indipendentemente dai manager presenti e dal paese dove si svolgeva il dibattito.

La cosa si fa interessante, sembra emergere una convergenza mondiale su cosa sia la leadership; tutti i presenti a questo punto pendono dalle labbra del professore per carpirne i segreti. Ed ecco che Tagiuri distribuisce un semplice fogli con il decalogo che riporto di seguito:

A questo punto nella sala cala un silenzio che viene interrotto da Marella Caramazza, direttore dell'ISTUD e presentatrice della serata, che sintetizza l'impressione di tutti: ma queste cose le abbiamo già viste! E stimola la discussione: cosa c'è di nuovo? Cosa possiamo imparare?.

La prima impressione infatti è che siano cose già conosciute, già viste. Però attenzione: intanto questo elenco nasce dalla condivisione di manager provenienti d tutto il mondo. Poi bisogna ricordare che l'elenco prende forma quando il professore pone la seconda domanda, “come vorresti essere trattato tu, dal tuo capo”, quindi non è uno sforzo intellettuale, ma richiesta vera, vissuta. Il fatto che questo vissuto attraversi culture e continenti ci deve far riflettere.

E allora cominciamo a mettere da parte l'italico metodo di svilire le idee altrui (queste cose sono note, nulla di nuovo, le comprendo benissimo) e proviamo a metterle in pratica.

Il professore sorride quando intervengo in risposta alla sua provocazione (”provate ad aggiungere qualche cosa o a togliere qualche cosa”) dicendo che forse si dovrebbe aggiungere una postilla: “fatelo veramente, fatelo ogni giorno”.

Fra il comprendere e il fare vi è infatti una differenza abissale; il difficile e il nuovo del decalogo del vero leader sta quindi nel fare veramente quanto vorrebbe che il suo capo facesse con lui.

Altra provocazione (mia): il decalogo andrebbe messo alla prima persona singolare (cosa faccio io per permettere ai miei collaboratori ....).

Il professore spiega che vi sono diversi utilizzi dell'elenco; uno di questo consiste nel dichiarare in modo esplicito l'intenzione di seguirne le indicazioni, il secondo e nell'utilizzarlo come strumento per avere feed-back dai propri collaboratori (e qui comincia a diventare veramente difficile).

Pian piano nell'assemblea comincia a crescere la consapevolezza che forse si sono cose note, ma non certo facili da trovare nella realtà e forse anche non facili da realizzare.

Ma anche qui il professore ci spiazza dicendo che in realtà è più facile di quanto si creda: nell'elenco sono riportati dei comportamenti, non degli atti di fede; e i comportamenti basta metterli in pratica.

E qui si ritorna la nocciolo del pensiero di Tagiuri, tanto semplice quanto perentorio nel togliere alibi:

"The best leaders are "doers"; they are not a collection of certain personality characteristics. Leadership does not need to be a popularity contest, nor does it need to be charismatic. Good leaders act, and they help others do more in the process."

( Renato Tagiuri)

volendo fare una sintesi del Tagiuri pensiero: ascolto, rispetto, feed-back e dare l'esempio.

PS: un piccolo spunto di riflessione ulteriore per me: punto 8, “.... pur evitando di formare amicizie”. Ahimè si, questo è uno sbaglio che faccio spesso: non sempre è stato negativo, ma certamente non ha facilitato il mio compito di capo, né quello delle persone che erano intorno a me.


1 - Elenco riprodotto con il permesso di Renato Tagiuri

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