BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/01/2008

SOSTARE NELL'INCERTEZZA

di Davide Storni

La capacità di sostare nell'incertezza è uno degli elementi di base dell'empowerment (1). È mia abitudine parlare (e scrivere) poco, cercando di limitarmi a esperienze personali o che ho potuto osservare da vicino, in quanto ritengo che un conto sia sapere (in modo teorico), un altro mettere in pratica, vivere. E preferisco parlare del vivere.
Sulla capacità di sostare nell'incertezza ho meditato a lungo negli anni scorsi, ma solo recentemente ho aumentato la mia percezione al punto di poterne parlare.

1.
Lei sta aspettando la seconda operazione. La seconda in un mese. E io mi sento così stupido, non so cosa dirle. Ogni incoraggiamento potrebbe scontrarsi con la realtà, ogni pessimismo è senza dubbio da scacciare. Cercare di fermarsi all'obiettività non è semplice quando non ne capisci nulla e devi basarti sulle cose che ti dicono, parziali, diverse, forse errate.
Rimanerle accanto. L'unica cosa che posso fare. Pregare, forse. Essere presente. Non si sfoga molto con me, forse il mio imbarazzo le appesantisce ancor di più questo momento di tensione.
Esserci sparendo, annullandosi; riuscire ad apparire per incanto solo quando le serve qualche cosa.
E la paura che non riesco neanche a condividere con me stesso.
E i bambini, con loro si DEVE essere sereni e ottimisti: “non hai avuto paura quando la mamma è stata all'ospedale?” “no, perché c'eri tu con lei”. Potesse nascere anche in me la magia infantile dell'ottimismo e della fiducia.

2.
dialogo con me stesso.
scendi, adesso devi scendere le scale, è facile. Raggiungere la macchina, in fondo l'hai fatto tutti i giorni da anni. Ora è solo un po' più difficile. Non è tanto il dolore, lo so, è che non ho più forze, neppure per arrivare alla macchina. Forse potrei rimanere a casa. No, scendi, dai. Troppo chiuso su te stesso, ripiegato, occhi larghi, occhi larghi, devi far attenzione a quello che è intorno a te, è una bellissima giornata. Non ce la faccio. Occhi larghi, occhi larghi, siamo già al piano terreno, il più è fatto. È che dopo ho una giornata intera di fronte; ieri sono rimasto lucido per non più di tre, forse quattro ore, poi mi addormentavo mentre mi parlavano. Vedi che un passo segue l'altro, ormai ci sei, seduto in macchina, il più è fatto. Occhi larghi, accorgersi di quello che c'è attorno a te, è una bellissima giornata, fai attenzione, pensa alle cose da fare, lascia perdere il dolore, non puoi farci nulla, lascia perdere. Ormai sei in autostrada. Non ti accorgi del traffico, in fondo vedi ci sono anche cose positive. Fanculo. È il peso delle attese degli altri, e io non ce la faccio. Ma devo, e del resto non mi serve a nulla fermarmi. È il peso degli sguardi degli altri, che ti guardano come qualche cosa di strano, un omone grande e grosso che fatica a stare in piedi e a connettere. Vorrei riposare, ma non ora, lo so, non ne ho il tempo.”

3.
“dottore, sono venuto da lei perché ho una spalla bloccata”
“in che senso bloccata? Le fa male?”
“più che farmi male, certo anche quello, a volte molto, è che è proprio bloccata. Non riesco a fare i movimenti più semplici, come alzare il braccio, toccarmi il viso, non parliamo di infilarsi le camicia nei pantaloni. Non dormo con regolarità da giorni, non più di un'ora per volta. A volte è proprio buffo, ieri sono rimasto fermo davanti alla macchinetta che distribuisce i biglietti del parcheggio, guardandola e pensando a come potevo fare a ritirare il biglietto, il braccio non si alzava. Quasi quasi mi veniva da ridere, poi ho dovuto scendere e prenderlo con la destra. Devo anche dirle che io soffro di spondilite o artrite spondilo-anchilosante, forse è per quello che la spalla è bloccata”.
Mi fa fare alcuni movimenti. “guardi che non credo che lei abbia la spondilite, chi soffre di spondilite non riesce a piegarsi come fa lei, e non riesce a stare così eretto.”
“eppure mi è stata diagnosticata 15 anni fa, da allora mi curo con sintomatici, quando ho attacchi acuti,  cercando poi di riprendere a fare ginnastica, ogni mattina, quando non sono in fase acuta. Non ho più i referti, ma sono sicuro”.
E via con esami su esami per capire che cosa mi avesse bloccato. Come mi aspettavo la spondilite è confermata dagli esami. Seguono infiltrazioni di cortisone, shiatzu, agopuntura, antidolorifici. Per un po' i dolori si intensificano anziché scemare, poi dopo la seconda infiltrazione di cortisone finalmente piccoli miglioramenti.
Da sei mesi lotto con questo braccio; il periodo peggiore è stato in settembre quando non riuscivo più a dormire e mi sentivo completamente svuotato, come se tutta l'energia se ne fosse andata. In quel periodo non riuscivo nemmeno a fare un po' di tai chi, come sono solito fare ogni mattina, da anni. Poi finalmente la ripresa, lenta, ma costante. Prima di Natale una intera settimana di lavoro, senza esami, visite, cure. La strada per un pieno recupero, se pur ci sarà è ancora lunga, ma intanto posso riprendere con più regolarità il lavoro.

E qui veniamo al convivere con l'incertezza. Certo ognuno di noi deve fronteggiare l'incertezza, ma noi ci costruiamo attorno barriere che ci danno l'illusione della tranquillità e della certezza, una famiglia, un lavoro ben retribuito, possibilmente sicuro, una casa.
Poi a volte succedono delle cose che ti riportano ad un'altra realtà, che a volte può apparire surreale, ma che è LA realtà.
Succede a chi si ritrova da un giorno all'altro senza più un lavoro, a chi scopre di avere una malattia, a che capisce che non sempre si è ricambiati per l'amore che si da, a chi vede il proprio bimbo star male e non sa cosa fare.

Sostare nell'incertezza non è solo sapere che l'incertezza esiste, ma trovarsi a fronteggiarla ogni giorno, non sapendo cosa sarà domani, perché potresti stare un po' meglio, ma anche peggio, e non puoi programmare né sognare. Solo essere presente, vivere il presente cercando di vincere la tua paura e di andare avanti, malgrado tutti i segnali ti dicano che no, non è possibile. Che forse dovresti ripensare alla tua vita, trovarti un impiego comodo, lasciar perdere la tua impresa, perché un malato non può portare avanti un'azienda.
Eppure sono 15 anni che combatto con questa menomazione, che certo non mi costringe in un letto o su una sedia a rotelle, in fondo sono fortunato, ma che mi ricorda quasi ogni giorno che l'incertezza esiste e che forse domani andrà peggio. E i dottori che ho visto negli ultimi mesi non credevano ai loro occhi quando mi piegavo per toccare la punta dei piedi. Mi avessero visto al scorsa settimana sugli sci, il maestro che mi dice “scii con leggerezza”, io che peso quasi un quintale e che avevo avuto la proibizione dei medici allo sci e non solo.
Fronteggiare l'incertezza si può, anche se in alcuni momenti è molto difficile. È un po' come nuotare contro corrente. Oppure è come un computer con il sistema operativo che consuma non il 10% ma il 50 o a volte l'80% delle risorse del sistema. Abituarsi a vivere non disponendo di tutte le proprie risorse e potenzialità. Però anche giornate di serenità sciando sulle dolomiti con i tuoi figli e tua moglie finalmente guarita.

Sostare nell'incertezza è diverso anche dal lottare per vincere con un lieto finale hollywoodiano. Li si tratta solo di passare da uno stato all'altro, di giocare e di vincere o perdere. Sostare nell'incertezza invece è  confrontarsi con la realtà di ogni giorno sapendo  semplicemente di non poter vincere, non veramente; sai che l'incertezza rimarrà e che ogni giorno devi scoprire che forma ha preso. E allora impari a guardarla negli occhi.

La capacità di sostare nell'incertezza è uno degli elementi fondamentali dell'empowerment, perché l'incertezza è la nostra vita e saperla fronteggiare senza l'illusione della vittoria finale, né la depressione per non poterla sconfiggere, è potere. È potere di esserci e di fare qualche cosa per stare meglio, di imparare ad utilizzare altre risorse e di andare avanti, riprogettandoti a partire dalla percezione dell'incertezza e della tua volontà.

 

PS: agli amici di Bloom! chiedo scusa per questa digressione personale. Però mi sentivo di dare una spiegazione del perché in certi momenti io appaia lontano. Qualcuno che mi vuole bene mi rimprovera per non utilizzare al meglio il mio potenziale; il fatto è che a volte le mie forze sono rivolte altrove e la manutenzione del mio “sistema” a volte onerosa.


1 - Che si aggiunge a: self efficacy, internal locus of control, hopefullness, individuazione, cura si sé, pensiero positivo operativo, curiosità.

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