BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 11/01/1999

35 ore: un falso problema ....

( e un invito alla lettura di Francesco Novara)

di Davide Storni

Nell’affrontare il tema delle 35 ore di lavoro voglio subito chiarire che la mia non è una posizione politica, nel senso che non è una argomentazione contro o a favore di Bertinotti e compagni.

Né intendo difendere tesi a sostegno della maggior o minor competitività delle imprese italiane, tema che ritengo altrettanto malposto e fumoso, legato com’è a posizioni difensive e ovvie.

Quello che mi interessa di questo tema è capire se una riduzione di orario di lavoro possa di per sé migliorare la qualità della vita o se non sia invece un palliativo per continuare a giustificare carenze organizzative e incapacità immaginativa e manageriale.

Come osserva Francesco Novara l’alienazione provocate da un’organizzazione del lavoro che riduce l’uomo da persona pensante e consapevole a mero esecutore di ordini, a volte insensati o comunque legati a motivazioni che trascendono la sfera informativa del singolo lavoratore, non permettendogli di capirne il senso, si riflette anche ben oltre l’orario di lavoro, influenzando i rapporti familiari e sociali del lavoratore. Le frustrazioni immagazzinate durante la giornata lavorativa si traducono in cattivo umore, in cattivi rapporti con i figli e i coniugi, in relazioni sociali inesistenti o tendenti a riprodurre situazioni a loro volta patologiche.

Anche la gestione del tempo libero riflette le tensioni e le frustrazioni di un mondo del lavoro alienante. La corsa sfrenata al consumo, l’occupazione del tempo in attività di svago quasi a livello di lavori forzati, non sono che fuga dal lavoro, cioè ancora influenzati dal lavoro, riflesso del lavoro anche quando siamo lontani fisicamente dal posto di lavoro.

La fuga molto spesso non è che dipendenza. La ricetta per superare le frustrazioni, l’alienazione, la spersonalizzazione dovuta all’ambiente patologico in cui lavoriamo non può quindi essere il tempo libero, tanto meno possono esserlo 5 ore in più di tempo libero. Il lavoro permea la nostra vita, comunque, se lavoriamo 60 ore o se ne lavoriamo 35.

Allora la qualità della vita non dipende dalle ore di fuga, viste quasi come compenso per un lavoro alienante, o come riposo dalla fatica del lavoro colpa di matrice cristiana, ma dalla qualità della vita lavorativa, dalla possibilità cioè di esprimere la propria professionalità, i propri ideali, le proprie potenzialità sul lavoro, durante il lavoro, grazie al lavoro.

Allora le 35 ore, tanto osteggiate dagli imprenditori, possono anche diventare un alibi per eludere il vero problema, quella mancanza di inventiva a capacità manageriale che di impedisce di vedere, di immaginare un lavoro più bello, un lavoro che non sia scissione, elisione, ma espressione e creatività. Concentrare l’attenzione dei lavoratori sulle 35 ore può cioè portare a considerare come scontata una organizzazione del lavoro che in realtà non è né scontata né necessaria. Può in alte parole essere un alibi proprio per quegli imprenditori che oggi tanto osteggiano questa proposta.

Lascio solo abbozzato questo tema per cercare di stimolare discussione e confronto su un argomento che invece vedo evitato e taciuto negli ultimi anni.

Un’utile traccia di discussione può venire anche dalla lettura del recente libro curato da Varchetta su Francesco Novara (F. Novara, Liberare il lavoro, Guerrini e Associati, Album Frase, collana diretta da Giuseppe Varchetta)

Io ho conosciuto Novara una sera a cena con amici. Novara è cresciuto in quell’Olivetti che fu una scuola fondamentale per lo sviluppo della psicologia del lavoro in Italia e forse un’esperienza irripetibile.

Una persona che ho subito amato per la sua capacità di ascolto, per il suo modo di porsi senza imporsi, senza far pesare una cultura e un’esperienza difficilmente eguagliabili, senza necessariamente citare e citarsi.

Di Francesco Novara suggerisco anche il bellissimo libro (quasi introvabile), cofirmato con Musatti, Psicologi in fabbrica.

(Nota: il riferimento bibliografico esatto è: Cesare Musatti, Giancarlo Baussano, Francesco Novara, Renato A. Rozzi, Psicologi in fabbrica. La psicologia del lavoro negli stabilimenti Olivetti, Torino, Einaudi, 1980).

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