BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 06/10/2008

STORIE, RACCONTARE E ASCOLTARE "ALTRE" ORGANIZZAZIONI

di Davide Storni

Vi è una realtà nelle organizzazioni che va al di la di numeri e slides, gerarchie e organigrammi, di cui difficilmente si parla, almeno nelle riunioni ufficiali. E’ la realtà del vissuto quotidiano, di quello che la gente che lavora nelle organizzazioni percepisce dei numeri e delle strategie pomposamente declamati agli alti livelli. E’ la vita di milioni di persone che nelle organizzazioni lavorano, a volte con entusiasmo, a volte solo per guadagnarsi il pane (e magari anche l’ipod).
Accostarsi a questa realtà non è semplice, perché nelle organizzazioni esistono barriere alla libera espressione delle idee, esistono la conformità, le norme, il rispetto alla gerarchia e soprattutto un sistema di premi (MBO) e punizioni (queste meno formalizzate, ma chi di voi non ha visto nascere uffici “progetti speciali” nella propria organizzazione?) che di fatto inibiscono l’espressione e spingono le persone al conformismo.
Una delle cose che ho sempre trovato più difficile fare nelle organizzazioni in cui ho lavorato è proprio il far parlare la gente, intendo farla parlare liberamente; quando si ha un ruolo in azienda, le persone tendono ad esprimersi ponendosi in relazione al ruolo, quindi a dare risposte “ufficiali” o di facciata o, comunque, non complete.
Solo dopo aver capito cosa volevo in realtà, ovvero aver scoperto le mie carte, e solo se riuscivo a far capire che vi era un interesse reale e autentico nelle vicende delle persone con cui parlavo, solo allora emergevano le storie vere delle persone, le paure, le strategie personali, i desideri o la rassegnazione.
Per arrivare a questo livello più profondo, quello che Otto Scharmer chiama the blind spot, il punto cieco (1), è necessario fare prima un percorso personale che consenta di andare oltre la rassicurante semplicità dei modelli manageriali e cominciare d includere la complessità della vita reale nel proprio scenario di riferimento.

Quando cominciano ad emergere storie possiamo iniziare un nuovo viaggio di comprensione che ci permette di vedere l’altra organizzazione, o l’organizzazione vista da altri punti di vista, per scoprire realtà che i numeri e i modelli mentali, i paradigmi del bravo manager e del bravo consulente non riescono proprio a rappresentare.
Raccogliere storie consente quindi di conoscere l’organizzazione, di capirne più a fondo la cultura, di dare un senso a ciò che succede, di andare oltre alla semplicistica visione del “o con me o contro di me” e della “resistenza al cambiamento”, che altro non è se non un nostro alibi per evitare di aprirci a qualche cosa di diverso da noi.
Le storie ci permettono di fare luce su questa area di inesplorato, di entrare nel blind spot dell’organizzazione e porre le basi per una interazione reale e autentica con le persone.

Nel libro “Abbracciare l’orso” (2) ho scoperto tante bellissime storie che possono aiutare a capire le molte dimensioni delle organizzazioni; così come nel libro di Rumiz, “La storia dei monti naviganti” (3), ho trovato storie che mostrano un’altra Italia, storie che aiutano a capire i nostri problemi più di mille telegiornali.

Così mi è venuta voglia di aprire un nuovo “luogo di incontro” su Bloom, dove raccogliere storie aziendali e non, che possano arricchire chi le racconta (perché raccontare fa bene) e chi le legge aprendo prospettive “altre” che ci avvicinino alla pluralità, al pluriverso organizzativo.


1 - C. Otto Scharmer, Theory U leading from the future as it emerges, Society for Organizational Learning, www.solonline.org 

2 - Luisa Pogliana, Gianna Mazzini, Giovanna Galletti, Abbracciare l’orso, Resistenza Umana, 2008.

3 - Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli, 2007.

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