BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 20/09/2001

Linee Maginot di ieri e di oggi.
di Davide Storni

Bloom non si occupa di politica e attualità, tuttavia vorrei proporre qualche riflessione sui gravissimi fatti avvenuti in America ed esprimere il nostro dolore per le persone coinvolte in questa tragedia che segna in modo beffardo l'inizio di quello che doveva essere un secolo di pace.

Ma bisogna anche provare ad andare oltre il dolore, oltre la rabbia e cercare di capire.

La prima riflessione riguarda la innata tendenza dell'uomo a rivolgersi al passato per costruire il futuro. Come i francesi costruirono la linea Maginot memori della guerra di trincea combattuta dal 1915 al 1918 così oggi gli americani sono attenti ad attacchi da altri stati via mare o cielo e pensano di risolvere i problemi di sicurezza nazionale con una nuova linea Maginot tecnologica che consenta di creare un muro impenetrabile tramite un sistema da guerre stellari.
I tedeschi semplicemente aggirarono la linea Maginot rendendola completamente inutile. Oggi i fautori della nuova guerra hanno addirittura usato le risorse interne degli States per rivolgerle contro i simboli del potere statunitense. Mentre si aspettava il nemico alle frontiere, questo si è addestrato nei campi di aviazione della Florida e ha avuto tutto il tempo di organizzare un attacco dall'interno, utilizzando come armi improprie, ma drammaticamente efficaci, degli aerei civili.
Lo scudo stellare di Bush e lo strapotere tecnologico americano non sono serviti a nulla, purtroppo.
Forse la tecnologia servirà ora per colpire i mandanti, ma anche in questo caso penso che gli americani dovranno rassegnarsi ad una guerra rischiosa e "costosa", dove non basterà colpire da lontano affidandosi alla tecnologia.

Ma l'elemento che più mi lascia turbato (e un po' incazzato) è che, se si dovessero confermare i sospetti sui mandanti, questi nuovi nemici sono stati finanziati da noi, americani ed europei, indirettamente e a volte anche direttamente per garantire supposti equilibri locali.
La persistente dipendenza dal petrolio ci obbliga a riversare verso i paesi produttori ingenti ricchezze che sono (solo in piccola parte per fortuna) utilizzate contro di noi da despoti (vedi quanto successo con Libia e Iraq) e terroristi.
Già la crisi petrolifera degli anni '70 ci aveva mostrato la debolezza di un sistema economico basato quasi esclusivamente su una fonte energetica non rigenerabile e dislocata in prevalenza sotto il suolo di paesi non sempre amici. In 30 anni poco è stato fatto per ridurre questa dipendenza, che rappresenta una vera spada di Damocle per la economia e per la democrazia occidentale. La dipendenza è infatti nemica della democrazia oltre che ostacolo per la economia.
Nulla è stato fatto perché esistono degli interessi economici che frenano lo sviluppo di tecnologie in grado di sfruttare altre fonti energetiche, che esistono, ma il cui utilizzo non rientra negli interessi delle grandi multinazionali del petrolio. Basta pensare a quanto lenti siano i progressi nello sviluppo di motori e di caldaie in grado di sfruttare l'idrogeno, elemento in grado di fornire energia con costi ambientali pressoché nulli e disponibile a costi estremamente ridotti.

Noi abbiamo fornito, involontariamente e non pienamente consapevoli (???), i mezzi finanziari, l'addestramento e le armi per questi pazzi criminali.
L'emarginazione di larghe parti delle popolazioni locali rispetto al flusso di denaro legato al petrolio, il perseverare di regimi non democratici, la frustrazione di una cultura marginalizzata dallo strapotere tecnologico americano hanno fatto il resto, favorendo la nascita di un substrato dove odio e follia possono svilupparsi.

Spero che al di la' della, temo inevitabile, risposta militare questo tragico fatto ci spinga a trovare risposte più articolate (riduzione dalla dipendenza energetica, sostengo alle forze democratiche e riduzione della povertà nel terzo mondo, rispetto per le specificità culturali, ...) e rispettose della complessità delle culture e dell'ecosistema, prima di trovarci di nuovo a piangere sulle rovine di nuove linee Maginot.

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