BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 16/01/2006

ETICA DEL DISASTRO: LA GLOBALIZZAZIONE DA NEW ORLEANS A BAGHDAD E RITORNO. CONSIDERAZIONI SULLE NUOVE COMPAGNIE DELLE INDIE UN ANNO DOPO

di Guido Tassinari

In due contributi di un anno fa (1), cercavo i far luce su quali ombrose dinamiche globali stavano sotto a la salita alla ribalta dei mercenari impiegati in Iraq; ma concentravo l’analisi sulle economie più deboli:

Il cosiddetto mercato globale ha messo in ombra la crescita di tre mercati a essa complementari: quello del riaggiustamento strutturale delle economie in transizione, quello degli affari umanitari verso le economie collassate, e quello delle compagnie che vendono servizi militari e più in generale di sicurezza (le Privatised Military Firms - PMFs) sugli altri due (..) le PMFs segnalan l’innovazione più drastica nel modo in cui le guerre, ma anche gli affari, vengono portati avanti (..) oggi, la contrazione della sfera pubblica ha il suo corrispettivo più discusso nella privatizzazione del mondo, e, più in ombra, quello di appalto alle PMFs della violenza che gli Stati non sono più in grado o disponibili a esercitare (..) l’integrazione fra PMFs e TransNational Companies fa presagire il ritorno delle compagnie-stato, con potere di vita e di morte nei territori a esse assegnati o (..) da esse conquistati.

A un anno di distanza, alcuni sviluppi costringono ora ad ampliare la portata di quelle considerazioni, estendendole a Paesi dove apparentemente sarebbero minori i vuoti legali, e quindi più ristretti gli spazi di manovra per i grandi conglomerati d’affari. In particolare, è successo che il disastro socio-naturale che ha devastato New Orleans in settembre non solo ha rivelato la fragilita dei tessuti sociali anche in società opulente e postmoderne, ma ha avviato il tentativo di applicare l’etica ricostruttiva e di rimodellazione sociale sperimentata in Mesopotamia, cuore dell’antichità despogliata, anche nel bacino del Mississippi, intestino del nuovo mondo. Come ha scritto Mike Davis (2), l’uragano

Katrina ha anche esposto le conseguenze devastanti dell’abbandono federale delle grandi citta a maggioranza nera e Latina e delle loro infrastrutture (..) l’incompetenza federale (..) dimostra infatti la follia di affidare questioni di vita e di morte nelle mani di (..) nemici ideologici dell’intervento statale. La velocità con cui Washington (..) ha aperto le porte di New Orleans alle imprese disaccheggiatori come Halliburton, Shaw Group e Blackwater Security (3), già ingrassatesi sulle rive del Tigri, è in osceno contrasto con la (..) letale procrastinazione degli invii di acqua, cibo e autobus alle moltitudini intrappolate..

Se quindi da Baghdad si è avuta una prima epifania della globalizzazione post-distruzioni a New York (privatizzazione del mondo più etica del disastro); l’ingegneria sociale in opera oggi a New Orleans è l’epifania di come tale processo sia davvero globale, ossia non muova solo dal primo mondo verso gli altri bensì all’interno di ciascuno. Almeno, ma probabilmente molto di più, quanto nel 1927 la prima grande inondazione della Big Easy provoco nell’America un’inaspettata voglia di società, e diede le gambe al tavolo sulle quali più tardi si poté ridistribuire un new deal (4) al mondo.

Il precedente di ottant’anni fa, in Italia è poco noto. Anche allora, in aprile, il Mississippi ricevette per giorni piogge mai viste. Il golfo del Messico innalzatosi anch’esso per le precipitazioni, funzionò da diga, facendo crescere ulteriormente le acque fluviali nell’intero bacino. Argini si ruppero dovunque, dall’Ohio al Texas, provocando innumerevoli inondazioni di varia portata ma complessivamente affrontabili. All’entrata nell’Oceano, nel centro del delta dove siede New Orleans, però, l’acqua non poteva andare più da nessuna parte umanamente controllabile, minacciando l’anima ricca della citta (5).

Per alleggerire la pressione sul capoluogo, i maggiorenti della Louisiana, appoggiati dal governo federale, decisero di far saltare gli argini che proteggevano l’ampia zona rurale a sud del delta, abitata prevalentemente da agricoltori afroamericani, promettendo risarcimenti a chi avesse subito danni. Dopo il disastro, invece, in pochi ricevettero compensazioni, e l’intero stato, e gli altri limitrofi, si svuotarono di quasi un milione di afroamericani, autodeportatisi verso gli stati del Nord. Ne risultò un rimodellamento razziale e sociale senza precedenti nemmeno nella ricostruzione post-guerra civile di liberazione degli schiavi, realizzando quella pulizia etnica che i ricchi ex-schiavisti avevano solo sognato mezzo secolo prima. Nel contempo, però, il governo di Coolidge lanciò la piu grande operazione umanitaria pubblica mai intrapresa, incrinando l’imperante ideologia di laissez-faire e aprendo la strada alla filosofia d’intervento statale che informerà il new deal rooseveltiano, e che poi si espandenderà globalmente nel nuovo ordine mondiale post-1945.

Dalla fine del governo Johnson, però, tutti i successori (dentro e fuori gli Stati Uniti) si sono impegnati altresì nell’opera di smantellamento del big government. Sicché anche di fronte all’inondazione dello scorso settembre, il governo americano ha promesso stanziamenti pubblici inauditi, tali che avrebbero dato le vertigini a Keynes (fino a $200 mld.), ma distribuendoli perlopiù all’esterno, secondo l’odierna ideologia vincente, ossia un laissez-faire pagato dallo stato che assegna alle compagnie transnazionali non l’onere (e il rischio) dell’attività economica non esercitata dal pubblico, bensì la facolta di sostituire il Leviatano proprio nei settori di sua più propria, tradizionale competenza: sicurezza, welfare, ricostruzione, edilizia e istruzione per i meno abbienti. Come scrive ancora Mike Davis (6):

Non sono le stesse promesse fatte sulle sponde dell’Eufrate? (..) La Casa Bianca, avendo tentato, e fallito di trasformare l’Iraq in “un laboratorio di politiche economiche conservatrici” adesso condurrà l’esperimento sugli abitanti traumatizzati di New Orleans .

Ben prima che la polizia riuscisse a dispiegarsi in tutta la città allagata, Halliburon, Blackwater e altre avevano infatti già inviato centinaia di propri mercenari, molti reduci dell’Iraq; prima non invitati, poi legittimati dalle stesse autorità e affiancati dagli esperti attuariali delle stesse holdings, che s’incaricano oggi di decidere chi è degno di essere risarcito e quanto, decidendo di fatto chi possa vivere nel territorio da esse conquistato. L’unione fra privatizzazioni e urban militarisim incubata nella tolleranza zero dei primi anni Novanta a New York (e da liì esportata in tutto il mondo) raggiunge cosi l’eta adulta nella volontaria abdicazione della responsabilità pubblica, ridottasi a questo punto ad assegnare le ricchissime commesse per la ricostruzione.Ricostruzione che deve farsi carico di rimodellare oltre al panorama fisico e urbano, anche quello sociale.

Approfittando quindi dell’uragano atmosferico per scatenarne uno totalmente antroprodotto che sostituisca provvisoriamente alla popolazione autoctona una piu malleabile forza lavoro di recente immigrazione, e , in un piu lungo periodo, impedisca – anche per mezzo di forza armata privatizzata - il ritorno in città delle masse povere per rendere la città (le città?) sempre piu leggere, flessibili e immateriali, ossia meglio posizionate sulla linea del fronte della cosiddetta competizione globale. Se dunque negli anni Trenta s’avviò la globalizzazione del welfare state, oggi l’alluvione par confermare la fine di quel modello. Pensando alla recente urbanistica italiana o all’assedio delle banlieus parigine, allora, ci sentiremmo di giudicare quello di New Orleans uno scenario assolutamente non esportabile dovunque, globalmente, anche nella cosiddetta Europa sociale?


1- Privatizzazione della guerra e militarizzazione degli affari: le Privatised Military Firms come modello d’impresa globale (1/11/2005) e Frontiere etiche dell’impresa senza frontiere: il ritorno delle Compagnie delle Indie? (8/11/2005).

2 - In The Predators of New Orleans,in Le monde diplomatique, ottobre 2005 (traduzione mia).

3 -Vedi in Bloom! Gli articolicitati (n.d.a).

4 - L’etimologia originaria di new deal e ‘distribuzione di una nuova mano nei giochi di carte.’

5 - Che allora era la piu grande, ricca, e finanziarizzata dell’intero Sud.

6 -Articolo citato

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