BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 05/06/2006

NON ESISTONO GUERRE FRA POVERI...

di Guido Tassinari

.. semmai ci sono guerre contro i poveri.

Uno dei – proverbiali – spettri che s’aggirano ultimamente in Europa è quello che si diverte a scaricare sulle classi meno abbienti la responsabilità della dilagante ostilità verso gli immigrati. In Italia, come altrove: ci sono in fondo sfere nelle quali l’unità europea s’è già realizzata, il suddetto (che dev’essere a tutta evidenza uno spettro giocherellone) si diverte a mettere in bocca di politici, imprenditori, borghesi illuminati di varia foggia il seguente argomento, nelle politiche immigratorie bisogna tenere conto del malcontento del popolino che non usufruisce dei servizi forniti dagli immigrati.

In altre parole: noi che siamo gente dabbene, che abbiamo fabbriche che chiuderebbero senza gli operai senegalesi; che non sapremmo rifarci il letto senza una governante ecuadoriana; che lasceremmo sfitto il nostro bilocale attualmente occupato da dieci muratori rumeni; che dopo il terzo divorzio rimarremmo soli senza una nuova compagna ucraina; ecco, noi sappiamo dare il giusto valore agli immigrati, ma ci rendiamo conto che i poveri non abbiano i mezzi per apprezzare i benefici derivanti dall’apertura delle frontiere, e che se non controlliamo queste – spiraglio per spiraglio – ci ritroveremo con una guerra fra poveri a casa nostra.

Ho gia affrontato una volta (1) alcune delle false evidenze che circondano la vulgata sulle dinamiche sociali influenzate dall’immigrazione, in particolare proponendo la violenza intergruppo e i matrimoni misti come lenti attraverso cui guardare agli effetti dei cosiddetti modelli d’integrazione.

Vi ritorno per aggiungere alcuni blocchi agli indeboliti argini che rimangono a far fronte alla marea montante di molto apparente (e poco analizzato) senso comune che prevale nel discorso pubblico. La gran maggioranza dei matrimoni misti avviene – in Italia come altrove – fra persone di mezzi economici modesti; i quartieri maggiormente misti in quasi tutte le città euroamericane sono quelli popolari; le violenze contro stranieri avvengono prevalentemente per mano di agenti delle istituzioni; gli stessi sondaggi d’opinione (per quel che possano indicare) mostrano che pregiudizi e ostilità verso l’immigrazione siano prevalenti in aree geografiche di bassa presenza di stranieri.

Per esempio, negli Stati Uniti, dove è in corso un aspra lotta politica attorno ai diritti degli immigrati, è stato rilevato che meno di un terzo dei poveri statunitensi percepiscono gli immigrati come una minaccia per i loro posti di lavoro; e che il massimo favore (espresso da due terzi della popolazione) verso misure di deportazione degli irregolari si registra negli stati della federazione dove la presenza di immigrati è inferiore al cinque per cento (2).

D’altra parte, è invece ampiamente dimostrata, sia negli Stati Uniti che in Europa, la connessione fra politiche di cosiddetta lotta alla clandestinità, indebolimento dei diritti degli stranieri, abbassamento del costo del lavoro, e conseguente impoverimento delle classi popolari.

Dunque, chi si vorrebbe proteggere innalzando barriere (comunque sempre aggirabili) contro il barbaro invasore?


 

1 - 10/04/2006, Guido Tassinari, Sui benefici dell’assenza di modelli: Usa, Gb, Francia Italia. Immigrazioni e urbanistiche a confronto

 

2 - I nati all’estero sul totale dei residenti negli Usa sono attualmente circa il 15%.

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