BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 14/02/2005
COME CERCARE E CAMBIARE LAVORO. MODESTI CONSIGLI AD USO DI GIOVANI , E ANCHE MENO GIOVANI

di Francesco Varanini

Dalla storia di vita al progetto personale

Il punto di partenza sta, credo, nel prendere consapevolezza della propria storia: questo è il mio passato, questo il mio ambiente d’origine, queste sono le mie conoscenze, questo il mio titolo di studio.

Allo stesso tempo ognuno dovrà formulare un progetto personale: queste le carte che ho da giocare, queste le cose che vorrei fare.

Per quanto non sia facile, dobbiamo tenere conto allo stesso tempo dei sogni e dei dati di realtà. Senza dare mai troppe colpe al mercato del lavoro. In fondo non abbiamo alibi: di fronte a qualsiasi difficoltà oggettiva resta possibile portare avanti il nostro progetto personale .

Ognuno di voi, a questo proposito, avrà il suo punto di vista. Difendetelo, ma senza rigidità. Accettate i pareri, mantenetevi disposti a cambiare idea; ma non rinunciate al progetto, a come avevate immaginato, o sognato, che avrebbe potuto essere la vostra ‘vita di lavoro’.

Perciò dovrete tenere insieme riserbo e trasparenza; fermezza nel proprio punto di vista e disponibilità ai compromessi, convinzione nelle proprie capacità e consapevolezza di avere molto da imparare.

Colloqui.

Illustrate con chiarezza quelli che considerate i vostri punti di forza. Ma siate sinceri, evitate di fare finta di sapere cose che non sapete; ma non rinunciate a parlare dei vostri desideri e dei vostri obiettivi. Non bisogna mirare troppo in alto, ma neanche troppo in basso. C’è una domanda che magari non vi faranno, ma rispetto alla quale è comunque utile avere in mente una risposta. ‘Dove vorrei essere, in cosa vorrei essere impegnato tra due o tre anni?’.

Non sentitevi umiliati se non vi viene mostrata la dovuta attenzione. Non cercate di dire tutto; parlate con tranquillità adattandovi alla situazione. Ricordatevi sempre che la persona che avete di fronte ha poco tempo, probabilmente ha altre cose per la testa. Giuste o, talvolta, sbagliate.

Non meravigliatevi di nulla, mantenetevi legati ad un vostro punto di vista. Non fatevi prendere dalla situazione come accade in questo infelice esempio.

Stage.

Va visto come una tappa di avvicinamento. Un allenamento, un modo pratico e concreto per capire come funziona il mondo del lavoro. Cercatevi uno stage dove vi facciano lavorare, e non solo ‘fare fotocopie’.

Ricordate che chi lavora non ha sempre tempo, o voglia di raccontare ‘come si svolge’ il lavoro. Forse a volte non è nemmeno capace di farlo: talvolta si sa lavorare, ma non si sa spiegare in modo ordinato quello che si fa. Preoccupatevi quindi voi di porre domande, di chiedere, di inquadrare in un quadro complessivo le cose che vi vengono dette.

Magari vi capiterà di dover fare più stage. Partite dall’idea che lo stage non si trasformerà in lavoro. Evitate di chiedere garanzie al riguardo. E’ più probabile che lo stage si trasformi in lavoro se prendete lo stage come prova, modo per conoscere meglio un mondo e anche voi stessi, esperienza temporanea. Ricordate che stage deriva dall’antichissima la radice indoeuropea stha-: ‘stare in piedi, momentaneamente fermo’.

Mobilità, flessibilità.

Preparatevi a cambiare lavoro, almeno ogni due-tre anni. Pensate che se di capiterà di restare più tempo in una stessa azienda, magari per tutta la vita di lavoro, si tratta di un’eccezione.

Se resterete nella stessa azienda, dopo qualche anno, cercate comunque l’opportunità per fare nuove esperienze.

Certo, conosciamo tutti molte persone che sono rimaste a lungo, anche tutta la vita lavorativa, nella stessa azienda, magari a fare lo stesso lavoro. Ma il fatto è che il mercato premia più volentieri chi ha fatto esperienze diverse. E le opportunità di avanzamento, anche all’interno della stessa azienda e della stessa area di attività, capitano più spesso a chi è nelle condizioni di andarsene.

Accettando la mobilità, anzi, andandosela a cercare, è più facile tenersi svegli, restare vicini alle evoluzioni del mercato del lavoro.

Insomma: il mercato, le tecnologie ci impongono continui cambiamenti. Chi accetta l’idea di mobilità senza soffrirne, si mantiene più allenato ai cambiamenti.

Offerte di lavoro.

Si sa, compaiono settimanalmente sui principali quotidiani. Ma spesso tendiamo a considerarle come cose lontane da noi, cose che non ci riguardano: spesso riguardano posizioni dirigenziali, campi di attività lontani dal nostro. Abituatevi invece a leggerle sempre. Chiedetevi: in che direzioni va il mercato? So fare quello che il mercato chiede?

Quando cercate lavoro per la prima volta, probabilmente non capirete tutto: le offerte sono espresse in un linguaggio tecnico, ma proprio per questo sono un buon allenamento. Se le capite, capite in che direzioni il mercato si muove.

Via via capirete di più. Allora magari sarete ‘sistemati’. Ma proprio allora sarà particolarmente importante leggere le offerte. Potrete così misurare la distanza tra le cose che sapete fare e le cose che il mercato richiede.

Impiegabilità.

Che brutta parola, direte. L’inglese Employability non è tanto meglio, e poi di parole inglesi se ne usano anche troppe. Approfondiamo il ragionamento appena fatto guardando alla mobilità e alle offerte di lavoro: un conto è essere ‘impiegati’, un conto è essere ‘impiegabili’. Leggere gli annunci aiuta ognuno di noi a misurare l’impiegabilità: quanto valgo oggi sul mercato? A chi posso interessare? Vi auguro di stare bene nell’azienda in cui lavorate. Ma ricordate che starete meglio se saprete di essere nelle condizioni di potervene andare quando volete.

Ci si deve chiedere allora come si fa a tenere alta la propria ‘impiegabilità’. Direi che si tratta di pensare che, anche quando siamo contenti del lavoro che facciamo, dobbiamo preoccuparci di ‘investire su noi stessi’.

Imprenditori si se stessi.

Si sa che tendono oggi a diminuire le opportunità per chi cerca il ‘posto fisso’, il lavoro con contratto a tempo indeterminato, ed aumentano invece le possibilità per chi sceglie di lavorare in proprio. Chi lavora in proprio è di fatto un ‘imprenditore di se stesso’. Non solo lui però. E’ ‘imprenditore di se stesso’, oggi, qualsiasi lavoratore. Al di là di quello che l’azienda per cui lavoriamo può fare o non fare per garantirci un futuro, al di là delle garanzie offerte da contratti e organizzazioni sindacali, dobbiamo imparare, nel nostro interesse, a muoverci da soli.

Insomma, cosa si deve fare: guardarsi intorno, porgere attenzione ai cambiamenti e alle opportunità che – se ci alleniamo a vederle, sempre esistono.

Formazione.

L’esperienza di lavoro, da sola, non è quasi mai sufficiente. Per mantenere alta la nostra impegabilità dovremo acquisire via via nuove conoscenze.

Quello che si è studiato a scuola, all’università, quello che si è appreso prima di entrare sul mercato del lavoro è necessario, ma non sufficiente. E’ importante leggere, studiare, tenersi aggiornati.

Perciò dovremo sempre preferire l’azienda che investe di più in formazione. E se non troviamo qualcuno che investe nella nostra formazione, ci converrà in ogni caso occuparcene da soli.

Formazione vuol dire università, master, corsi di specializzazione, lingue straniere, informatica; ma anche semplice lettura– un buon libro insegna sempre qualcosa; oppure ricerca solitaria e personale su Internet: oggi la Rete mette a disposizione molto, basta andarselo a cercare.

Pensate che continuerete tutta la vita andando avanti lungo due percorsi paralleli che si intersecano, e che offrono innumerevoli vie di entrata e di uscita: il lavoro, la formazione.

Guida e sostegno.

E’ difficile muoversi in un mercato del lavoro così complesso. E’ difficile scegliere la professionalità verso la quale indirizzarsi. E’ difficile scegliere, di fronte a una offerta ridondante, difficile da comprendere, quale Master o quale corso o quale stage o quale offerta di lavoro è più adatta a noi.

E’ chiaro che dovrebbero fornirvi guida e sostegno i vostri professori, i formatori, i tutor dei corsi a distanza, i vostri capi, le persone cui siete affidati in fase di stage, i colleghi. Non sempre li troverete veramente attenti a voi, ma non scoraggiatevi.

Guida e sostegno potete andarveli a cercare. Fate mente locale: di sicuro conoscete persone esperte, già inserita nel mondo del lavoro, mettiamo un amico di famiglia. Oppure, ricordate qualche insegnante che vi ispirato fiducia. O ancora, avrete conosciuto qualcuno sulla Rete – in un newsgroup. Insomma, pensate a una persona matura della quale vi fidate e assumetela mentalmente come vostro ‘allenatore’. Basta qualche incontro ogni tanto, quasi sempre basta un contatto via mail.

Indirizzo.

Potete scegliere di costruire la vostra professionalità nel campo del Marketing, o della Finanza e Controllo, o delle Risorse Umane, dell’Information & Communication Technology, e via dicendo. Non pensate l’ambito professionale sia necessariamente determinato dall’iter scolastico e universitario. Contano altrettanto le vostre inclinazioni personali, e le opportunità offerte dal mercato.

Non credete a chi vi dice che intrapresa una strada si deve per forza proseguire su quella. Pensate che i contenuti di base di una professionalità non sono così difficili da acquisire. E che si può sempre cambiare strada, senza per questo perdere la faccia.

Classe dirigente.

Pensate che avete un’opportunità che è allo stesso tempo un dovere. Scegliere l’ambito professionale nel quale muoversi non è sufficiente. Dovrete anche pensare a voi stessi come appartenenti, in un futuro meno lontano di quello che sembra, alla ‘classe dirigente’. Le organizzazioni, qualsiasi azienda, ha bisogno di persone che si assumano l’onere di decidere. Del resto, decisioni dovrete prenderle anche se sarete semplicemente ‘imprenditori di voi stessi’.

Eppure, se facciamo un esame di coscienza, dobbiamo riconoscere che in molte situazioni abbiamo preferito essere niente di più che ‘uno dei colleghi’ che portano avanti un lavoro. Facile ‘stare all’opposizione’, sempre nelle condizioni di criticare quello che fanno gli altri. Più difficile assumersi l’onere di decidere, di guidare il lavoro degli altri. Pensate che il ruolo del dirigente è necessario, e che se non lo coprirete voi lo coprirà qualcuno magari peggiore di voi. Quando trovate un capo che giudicate non all’altezza, pensate che forse è diventato capo perché una persona come voi si è tirata indietro.

Valorizzazione della propria diversità.

Torniamo infine al punto di partenza. Quando avrete fatto il possibile per mantenervi aggiornati, vicini al mercato; quando avreste investito quello che potete in formazione, quando avrete scelto l’ambito professionale– solo un’altra carta vi resta da giocare: la vostra diversità. Se conoscete voi stessi, sapete cosa vi differenzia da ogni altra persona. Valorizzate le vostre caratteristiche personali, imparate a presentarle, cercate di capire a cosa e a chi possono servire.

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