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Pubblicato in data: 04/04/2005
IL BUSINESS DELLA VITA ETERNA

di Francesco Varanini 

La morte, confine sfumato

Bisogna innanzitutto dire che questo testo non è un pesce d’aprile. Anche se lo sembra.

La realtà, si sa, si supera la fantasia. Oppure, meglio, si può sostenere che letteratura (Science Fiction in particolare, ma non solo) e mondo nel quale viviamo, e che ricreiamo giorno dopo giorno con il nostro agire, sono legati da un rapporto di circolarità, di mutua implicazione.

Così, -sempre attorno al tema della morte cercata, o evitata con ogni mezzo- colgo in questi giorni infiniti rimandi tra libri e fatti che abbiamo sotto gli occhi.

Sto lavorando su Casa d’altri, il perfetto racconto di Silvio D’Arzo, centrato sulla sul diritto personale a decidere se e quando togliersi la vita – quando la vita è indegna di essere vissuta. Nel racconto, trovo implicito il dibattito che ha riempito in questi giorni le pagine di tutti i quotidiani del mondo a partire dalla vicenda di quella cittadina americana. Quale giudizio morale potremo dare sulla persona che compie questa scelta di rinunciare alla vita? Come fare valere fino in fondo la nostra volontà di decidere della nostra vita? Qualcuno può, o deve, decidere per noi? Quale autorità potrà legittimare, o autorizzare, o rendere vana la nostra scelta?

Ho sotto gli occhi anche Jack Barron Show, di Norman Spinrad. E anche lì trovo messo in discussione il confine della morte – guardato stavolta dal punto di vista opposto: il business della vita eterna. Business estremo, che diventa l’unico business degno di essere perseguito per il magnate che considera troppo poveri per lui i business ‘normali’, così come ritiene banale il rispetto delle leggi e delle regole del vivere civile.

Accettare i segni dell’età, la caduta dei capelli, le rughe, la distanza tra il nostro aspetto e canoni astratti di bellezza, accettare il passare del tempo, l’invecchiamento, la morte - tutto questo, si sa, non è facile. In particolare quando scienza e tecnologia sembrano rendere tutto possibile.

Ma forse -di fronte alla possibilità di manipolare la vita e il tempo che scienza e tecnologia sembrano offrirci- l’etica sta proprio in questo: nella cautela. Nel senso del limite inteso come scelta personale.

Philip Dick e il mercato della life extension

Qui, come in molti altri casi, ci è maestro Philip K. Dick, il visionario narratore ormai riconosciuto come uno dei massimi del ventesimo secolo - molto più di uno scrittore di Science Fiction.

Dick, narrando di universi paralleli e di androidi, ci ha descritto il mondo in cui viviamo e ci ha reso palesi nostri comportamenti, conducendoci oltre i confini della nostra normale percezione.

E, veniamo al punto, una delle sue opere più dense, ,Ubik pone al centro il tema del confine tra vita e morte. Chi è vivo, e chi è morto? La nostra convinzione di essere vivi, non sarà forse una pia illusione.

In Ubik parla tra l’altro del Moratorium ‘Diletti Fratelli’ di Zurigo, istituto leader del mercato della conservazione di corpi umani mantenuti in uno stato di vita minima, in attesa di una medicina del futuro in grado di guarire malattie oggi incurabili, o di sanare le conseguenze di una morte violenta, e di garantire in ultima analisi una sorta di immortalità.

Ora, questo mercato esiste veramente. È un mercato, quasi esclusivamente statunitense, che si inquadra nel settore della life extension.

Il business estremo

Si parla molto oggi di come sia difficile individuare il momento della nascita, quella soglia oltre la quale si può parlare di ‘vita umana’. Ma altrettanto sfumato è il punto nel quale la vita confina con la morte. E siccome gli anziani hanno denaro, lo spostamento di questo confine è, potenzialmente, un business enorme.

Bioingegneri, chirurghi, fornitori di protesi, istituti di ricerca e di cura, case farmaceutiche, si affannano ad offrire oggi nuovi prodotti. Ma –proprio come aveva previsto Philp Dick– c’è anche la possibilità di investire, o scommettere, sulla ricerca futura. L’investimento andrà a buon fine, in un giorno che non possiamo datare, se si realizzerà una doppia condizione. La scienza medica dovrà riportare in vita la persona semi-morta; e dovrà sanare la situazione che ha portato alla morte: malattia, trauma, o progressiva degenerazione.

Alla base di questo mercato, la crionica (cryonics), o più volgarmente ‘ibernazione umana’: studio e sperimentazione delle modalità di conservazione degli organismi nella loro interezza, o dei soli cervelli, in condizioni di ‘biostasi’, tali da garantire che il metabolismo e il decadimento del sistema vivente siano quasi completamente fermati.

La tecnologia del freddo sembra ormai soppiantata dalla vetrificazione tramite nitrogeno liquido. La vetrificazione, a quanto sembra, care conserva il corpo per 30.000 anni. Ma studi nel campo della nanotecnologia molecolare sono molto promettenti: si potrà attendere il ‘ritorno in vita’ per un tempo ben più lungo.

L’Alcor Life Extension Foundation e isuoi competitori

Due sembrano essere i più affidabili operatori di questo mercato. Il Cryonics Institute, che presenta i suoi servizi con questo accattivante headline: ‘Your Last Best Chance For Life – and Your Family's’. E poi, più costosa, ma forse più affidabile, Alcor Life Extension Foundation, organizzazione non profit, con sede a Scottsdale, Arizona.

Fondata nel ’72, ha criopreservato il primo cliente nel 1977. Attualmente ha oltre 700 soci viventi, e conserva in stato di criopresevazione una ventina di corpi e una cinquantina di teste. (Conservare la testa è meno costoso e tecnicamente sufficiente: attorno al cervello riportato in piena vita, è presumibile che in un futuro non sia troppo difficile montare un corpo artificiale).

Per poter usufruire del servizio al momento opportuno, è necessaria una rete di supporto. La rete permette che la temperatura di un ‘paziente’ sia rapidamente abbassata, dopo la morte, con impacchi di ghiaccio. In condizioni ideali la salma è anche collegata ad un ‘thumper’, un apparato che pratica la respirazione artificiale ed il massaggio cardiaco, in modo di mantenere il rifornimento di sangue ossigenato al cervello fino al momento del ‘wash-out’, la perfusione del corpo con sostanze antigelo per limitare la formazione di cristalli di ghiaccio. Ciò è fatto da agenzie di pompe funebri accreditate: (In Europa, l’unico paese dotato di rete di supporto è il Regno Unito. Lì la società di pompe funebri accreditata è Albin & Sons).

La Alcor dispone di aerei con il quale raggiungere il luogo del decesso. Un volta che il corpo è arrivato presso la sede di Scottsdale, ha inizio la terza e ultima  fase del trattamento, quella destinata a garantire pressoché indefinitamente la conservazione del corpo..

Il servizio, naturalmente, ha il suo costo. 150.000 dollari per la ‘Whole Body Suspension’; 80.000 per la ‘Neurosuspension’ (un eufemismo per dire della conservazione della sola testa). Costi aggiuntivi sono previsti per servizi ‘last minute’, per servizi destinati a persone non iscritte in vita al servizio, e per servizi prestati fuori degli Stati Uniti.

La stessa Alcor consiglia il modo per far fronte a questo costo: stipulare una assicurazione sulla vita, indicando il fornitore del futuro servizio come beneficiario.

La Alcor lavora per allargare il proprio parco clienti. Nel farlo, usa le stesse argomentazioni che sostengono la vendita delle polizze vita: assicuratevi per tempo, esiste sempre il rischio di divenire non assicurabili nel caso in cui seri problemi di salute si manifestino all'improvviso.

La sottoscrizione della polizza, nel modello di business di Alcor, è contestuale alla sottoscrizione del Cryonic Suspension Agreement. Anche i semi-vivi hanno i loro diritti.

Con tutto questo, naturalmente, nuovi problemi etici e legali sono dietro l’angolo.


La vicenda del testo è complessa. Silvio D’Arzo è uno dei tanti pseudonimi di Ezio Comparoni (1920-1952). Un prima versione del racconto -Io prete e la vecchia Zelinda- esce a nome di Sandro Nedi, sull’Illustrazione Italiana, n. 29-30, 18-25 luglio 1948. A nome di Silvio D’Arzo, Casa d’altri appare sul Quaderno X di Botteghe Oscure, Mondadori, alla fine del 1952, per scelta di Attilio Bertolucci. Nel 1953 il racconto è pubblicato da Sansoni, collana Biblioteca di Paragone, per scelta di Giorgio Bassani. Nel 1960 il racconto è compreso nella raccolta Nostro lunedì. Racconti, poesie, saggi, Vallecchi, a cura di Rodolfo Macchioni Jodi (qui la versione di Casa d’altri, ripresa da manoscritti dell’autore, è diversa, più stringata). Ora in Casa d’altri e altri racconti, a cura di Eraldo Affinati, Einaudi, 1980 e 1999.

Una riduzione cinematografica è compresa (assieme ad altre tratte da racconti di Moravia, Campanile, Patti, Pratolini, Marotta) in Tempi nostri. Zibaldone n. 2, regia di Alessandro Blasetti. Ma qui, nonostante il parere contrario di Giorgio Bassani, al racconto è aggiunto un posticcio finale edificante.

Norman Spinrad, Bug Jack Barron, 1969. Prima ed. it. Jack Barron e l’eternità, Fanucci, 1973. Ora: Jack Barron Show, trad. di Giampiero de Vero e Introduzione di Goffredo Fofi, Fanucci, 2002.

Philip K. Dick, Ubik, 1969, trad. it. Fanucci.

E’ noto che, oltre a Dick e Spinrad, sul tema della life extension si sono cimentati molti dei migliori autori di Science Fiction. Ricordiamo tra gli altri Alfred E. Van Vogt, Poul Anderson, Robert A. Heinlein.

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