BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 18/04/2005
DUE O TRE COSE CHE PENSO DI POTER DIRE DI FASTWEB

di Francesco Varanini 

‘Perché non ti piace Fastweb?’

Ho avuto sempre da ridire con gli amici abbonati a Fastweb. Mi è capitato spesso di rispondere a questa domanda. Mi è capitato spesso di discutere su pro e contro.

Pro, ovviamente, la velocità. Contro, un servizio di Customer Care e di assistenza lontano dall’eccellenza.

Ma sono ancora argomentazioni di superficie. Cerco di approfondire.

Intuire, alla fine degli anni novanta, che il Voice over IP, cioè che la modalità standard di Internet per il trasporto delle informazioni poteva essere usata anche per la voce, intuire che era possibile offrire un unico servizio, via Internet, telefonia, televisione, trasferimento di grandi masse dei dati –quindi anche, per esempio, scaricare il file di un intero film in breve tempo–, intuire tutto questo non era particolarmente difficile.

Il problema è che a questa facile intuizione si aggiungeva un’altra, molto criticabile, scelta tecnologica: puntare tutto sulla fibra ottica, portata in ogni casa.

Per questa via, infatti, ci si scontra con un sacco di fastidiosi problemi: la cablatura deve coprire capillarmente il territorio, devono essere d’accordo tutti nel condominio, la placca occupa un bel po’ di spazio.

Ma c’è un vizio più sottile in questa idea di business: nel momento che uso il tuo canale per tutto, per telefonare, per guardare la televisione, per scambiare messaggi e informazioni, ho perso in buona misura i vantaggi della Rete. Che consistono nell’essere libero di scegliere. Torno, sostanzialmente, al Broadcasting: finisco per rinunciare alla mia libertà, per essere schiavo della tua offerta. Di ciò che mi propone un tuo menù di offerta, un tuo bouquet. Così da un’offerta di connessione si passa quasi senza volere a diventare utenti di servizi a pagamento.

C’è una intrinseca ambiguità nell’offrire una modalità di connessione, e insieme a questa dei contenuti. Credo di comprare una connessione, e compro contenuti. Poi mi si potrà sempre dire che certi contenuti sono veicolabili solo attraverso quel canale. Si darà anche il caso che i produttori di contenuti non saranno stimolati a produrre contenuti ottimizzati per essere facilmente trasportabili, si rinuncerà a lavorare sulla compressione dei dati, perché tanto c’è la banda larga che trasporta senza problemi tutto. Così si perderà in democrazia e in apertura, si finirà per avere contenuti accessibili solo per alcuni. La libertà e la trasparenza del web andranno a farsi benedire.

Fine di un’illusione

E.Biscom, a partire dal 1 dicembre 2004, ha cambiato nome. Completato il processo di fusione per incorporazione con la controllata FastWeb, ha preso il nome di quest’ultima. "E' soprattutto una semplificazione", ha spiegato Silvio Scaglia, presidente, fondatore e azionista di riferimento della pocietà. "Con la focalizzazione di e.Biscom su Fastweb e in Italia, è inutile mantenere una complessità di struttura, un po' anche per il risparmio dei costi".

Perché una delle tante promesse che avevano accompagnato il lancio della nuova società, nel 1999 –finalmente una presenza italiana significativa nel settore delle nuove tecnologie, si diceva– riguardava il respiro internazionale. Che è una dimensione indispensabile se si vuole avere un qualche peso nel mercato tecnologico. Ma con la cessione della controllata tedesca HanseNet a Telecom Italia per 243 milioni di euro, ufficializzata a fine settembre del 2003, la via dell’internazionalizzazione è abbandonata. E si ammette implicitamente che la struttura è complessa. E si ammette che c’è bisogno di risparmiare.

I sogni di gloria sono messi nel cassetto. L’ambizione di competere sul fronte dell’innovazione è abbandonata. Il raggio d’azione è ridotto al mercato nazionale. La società sembra ormai arresa al purtroppo consueto percorso, così italiano: sostituire ai business veramente legati al rischio d’impresa la gestione di utilities e l’occupazione di qualche spazio nel mercato amministrato della televisione via cavo.

Gli inizi

Eppure, molte erano state le speranze quando nel 1999 il brillante Silvio Scaglia, cresciuto alla scuola della più rinomata consulenza strategica –Bain, Cuneo e associati; McKinsey; Andersen Consulting– aveva lasciato il ruolo di Amministratore Delegato di Omnitel (oggi Vodafone) per fondare insieme al finanziere Francesco Micheli E.Biscom. L’accoppiata –un manager preparato, veloce e vincente– e l’esponente di spicco della migliore finanza milanese avevano saputo entusiasmare la Borsa. La società è quotata con successo al Nuovo Mercato dal 30 Marzo 2000.

Però, a rileggerle ora, fanno un po’ impressione le orgogliose parole con le quali Scaglia e Micheli si rivolgevano ai sottoscrittori. Citiamo dalla lettera agli azionisti che accompagna il bilancio dell’anno 2000: “La visione diventa impresa e il piano diventa realtà commerciale. Quello che era ‘intenzione’ nel settembre 1999 è diventato ‘fatto’. È così che nel corso del 2000, e.Biscom ha sviluppato una tecnologia unica e innovativa rendendola disponibile al mercato prima di chiunque altro al mondo. Ancora una volta matter of timing: ci vorrà molto tempo prima che altri concorrenti possano replicarla, anche alla luce delle difficoltà che gli eccessivi indebitamenti hanno comportato a gran parte delle società del settore. Ancora una volta il vantaggio competitivo, fondamento, fin dall’inizio, del successo della Vostra società.”

Per cosa chiediamo finanziamento alla Borsa?

Ecco, il nodo della questione sta qui: questa “tecnologia unica e innovativa”, “resa disponibile al mercato prima di chiunque altro al mondo” si rivela invece, alla prova dei fatti, lungi dall’essere veramente vantaggiosa.

Il Business Plan cantava la gloria della fibra ottica. La raccolta in Borsa è fatta su questo progetto. Ma presto ci si deve arrendere all’evidenza. Per arrivare nelle case e nelle aziende con voce, dati e video, la tecnologia xDSL, che si basa sulla cablatura telefonica già esistente, compete a costi notevolmente più bassi con le soluzioni Fiber-to-the-Home/Fiber-to-the-Office che sono il vanto di e.Biscom. Così nel 2001 FastWeb deve convertirsi: dal luglio di quell’anno la scelta pura e dura, esclusiva, in favore della fibra ottica è abbandonata. Dal luglio di quell’anno Fast Web offre anche connessioni xDSL.

E.Biscom annuncia la partecipazione alla gara per le licenze dei telefoni cellulari UMTS. Ma poi –e qui i fatti daranno ragione– si ritira. Però disperde investimenti nel commercio elettronico, senza significativi ritorni. Apre quotidiani on line (il Nuovo) e agenzie di stampa (ApBiscom), per poi uscire da questo settore.

Più recentemente, E.Biscom si propone di acquistare il controllo di Wind. Ma poi rinuncia.

Insomma, scelte strategiche forse un po’ oscillanti. E una qualche difficoltà nell’intercettare i trend tecnologici vincenti.

Ora il piano strategico 2005-2013 punta ancora sul boom del mercato del Broadband. D’accordo, il mercato chiede sempre più ‘banda larga’, sia per usi di business, sia per il mercato consumer. Ma quale ‘banda larga’?

FastWeb deve valorizzare i costosi investimenti in fibre ottiche. Mentre gli scenari emergenti mostrano come portare voce, dati e segnale televisivo in ogni casa e ed ogni azienda riducendo al minimo l’uso di dorsali in fibra ottica. Pensiamo alla tecnologia WiFi, in particolare alla modalità mesh (maglia) dove ogni nodo è capace di comunicare con gli altri nodi senza dispositivi intermedi.

Dunque, se il titolo FastWeb è apprezzato, se dal giugno 2003 è incluso nell'indice S&P/MIB che identifica le 40 principali società del listino italiano, ciò sembra dovuto non tanto alla bontà della tecnologia e alla qualità delle strategie, quanto a motivi contingenti.

La Borsa da noi non presenta molti titoli appetibili. E poi, in una logica di diversificazione, tutti sanno che si deve investire anche nel settore tecnologico. Così, oltre i suoi meriti, anche FastWeb fa la sua figura.

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