BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 05/12/2005
STRATEGIE EDITORIALI AL CONFRONTO: LATERZA VS. MCGRAW-HILL
OVVERO: COME PARLARE AI LETTORI DELLE CONSEGUENZE NEGATIVE DELL'ABUSO DI FOTOCOPIE

di Francesco Varanini

McGraw-Hill

L'azienda si è sviluppata lungo precise linee editoriali nell'ambito della vocazione scientifica e tecnologica che caratterizza le Mc Graw-Hill Companies nel mondo, svolgendo un'importante e attenta opera di traduzione in lingua italiana di testi stranieri e di pubblicazione di opere originali di autori italiani.

La storia di McGraw-Hill risale agli ultimi decenni del diciannovesimo secolo. Il modello socio–economico fondato sull’industria, sulla finanza, sul businessrichiedeva una informazioneindipendente. Ne erano fortemente convinti James H. McGraw e John A. Hill: per loro la missione della stampa consisteva nel restare estranei agli interessi delle imprese, e nel limitarsi ad offrire un prodotto di qualità a lettori e inserzionisti pubblicitari. Diceva James McGraw: alta qualità editoriale, integrità e massima trasparenza nelle politiche riguardanti la pubblicità.

James McGraw era un ex insegnante di scuola proveniente da Panama (stato di New York). Giovanissimo si dedica al giornalismo Nel 1888, all'età di ventott'anni, seguendo l’onda del settore imprenditoriale allora trainante, acquista la sua prima testata, l’American Journal of Railway Appliances.

Lo stesso anno, John Hill, trentenne del Vermont, lascia la Denver & Rio Grande Railroad per diventare redattore della Locomotive Engineer, di cui era già collaboratore.

Le carriere dei due corrono parallele. McGraw raccoglie un gruppo di periodici dedicati all'industria elettrica e dei trasporti, mentre le testate di Hill riguardano l'ingegneria e la meccanica.

Nel 1909, i dirigenti delle aree libri delle due case editrici convincono i rispettivi editori a unire gli sforzi per lavorare attorno ai "libri di business", un prodotto di cui il mercato sente ora la necessità.

Dopo molte trattative, fu raggiunto un accordo, e dai due editori nacque la McGraw-Hill Company.

Il nome della nuova società fu deciso dal lancio di una moneta; il nome del vincitore sarebbe apparso per primo nella denominazione sociale, il perdente ne sarebbe divenuto presidente.

John Hill diviene così il primo presidente; e resta tale fino alla sua morte, nel 1916.

La morte di Hill avviene all'improvviso, e causa una crisi all'interno della Hill Publishing Company. La crisi è risolta con l’assorbimento dei cinque periodici nella McGraw Publishing Company. Che dal 1917 diviene così anche un editore di periodici, con dieci testate.

I periodici della McGraw-Hill rispondono ai bisogni di settori verticali di impresa, con una focalizzazione soprattutto tecnologica. Le industrie relativamente nuove, come quella chimica e quella aeronautica, diventano sempre più importanti, e McGraw-Hill offre un punto di riferimento certo e attendibile.

Il 1929, che non è un anno qualsiasi, vede una significativa svolta nella linea editoriale. Già negli anni Venti si riconosceva il crescente bisogno di un periodico ‘generalista’, che trattasse tutte le aree d'affari: operations e tecnologie, ma anche finanza ed economia, con uno sguardo trasversale e complessivo. Il periodico, Business Week, esce il 7 settembre 1929. Meno di due mesi dopo, si troverà a raccontare il tragico crollo della borsa di Wall Street.

Dal suo inizio nel 1929 alla fine del 1935, Business Week accumula perdite pari a un milione e mezzo di dollari. Una parte del management della casa editrice vuole chiuderlo. Ma negli anni immediatamente successivi la svolta, ed il successo.

McGraw-Hill, però, lungi dal ristrutturare il suo approccio attorno alla testata leader, mantiene viva la sua equilibrata attenzione ad ogni settore dell’informazione legata al business, ed alla ricerca scientifica e tecnologica, in ogni settore: elettronica, chimica, informatica e nuove tecnologie.

McGraw-Hill non considera se stessa una casa editrice, guarda oltre i libri ed i periodici. Chi considera propria vocazione offrire al mercato ‘informazioni’ e ‘contenuti’ non può che guardare in modo ‘laico’ ai media. Le tecnologie di diffusione della conoscenze cambiano. legarsi a un medium sarebbe il peggiore errore strategico.

McGraw-Hill, così, mentre allarga il campo d’azione ai mercati internazionali, allarga il ventaglio dei servizi informativi offerti, ad esempio acquistando Standard & Poor'snel 1966. Per affermare l’atteggiamento, abbandona nel 1964 la denominazione di ‘Publishing Company’ per la più omnicomprensiva McGraw-Hill Inc.

Negli anni 1980 McGraw-Hill riconosce che –per perseguire la propria mission: “Our mission is to provide essential information and insight that help individuals, markets and societies perform to their potential”– è fondamentale lavorare con un approccio multimediale, sfruttando le opportunità offerte dall’elettronica e dall’informatica.

Si continua a fare –anche– libri e periodici. Ma tutti i media sono ugualmente importanti. Si possono fare buoni libri e periodici perché si fornisce informazione anche in altri modi.

In questa ottica, The McGraw-Hill Companies, S.r.l., Publishing Group Italia, è stata fondata nel 1986 per promuovere la pubblicazione di libri in italiano che si affiancassero a quelli in lingua inglese del gruppo internazionale.

Laterza

La casa editrice Laterza nasce nel 1901. Si afferma nel campo della filosofia, della storia, della critica e della storia letteraria, su impulso di Benedetto Croce. Ma pubblica anche la collana ‘Esoterica’, poco coerente con il pensiero crociano, ma utile per le sorti economiche dell’azienda.

Negli anni '50 e '60 sotto la guida di Vito Laterza amplia la propria linea editoriale, aprendo le porte a politica, economia, psicologia, linguistica, architettura e urbanistica, ed entrando in nuovi settori –nel settore dei tascabili e della scolastica. Negli anni '70 propone i libri-intervista, che conoscono una grande fortuna.

Negli anni Ottanta vengono intensificati i rapporti con autori e case editrici straniere con vari progetti internazionali tra cui i più significativi sono la ‘Storia delle donne’ diretta da Georges Duby e Michelle Perrot (1985) tradotta in 15 lingue e la collana ‘Fare l'Europa’ diretta da Jacques Le Goff e pubblicata congiuntamente con altri quattro editori europei: Blackwell (Inghilterra), Beck Verlag (Germania), Editorial Critica (Spagna), Seuil Francia. Ai cinque editori se ne sono aggiunti molti altri in Slovacchia, Portogallo, Ungheria, Polonia, Olanda, Turchia e in Giappone.

Si potrebbe raccontare più dettagliatamente al storia della casa editrice. Ma questa breve sintesi basta a capire che appunto di ‘casa editrice’ si tratta, con una vocazione che –a prescindere da scorrere del tempo e da cambiamenti tecnologici e di mercato– continua a vedere al centro, come unico veicolo di diffusione della conoscenza, il libro. Vocazione rispettabilissima, anzi meritevole. Ma pericolosa.

Quando la casa editrice è nata il libro (ed il periodico) costituivano oggetti tecnologici avanzati, i più adatti a diffondere informazioni e conoscenze –sia presso nicchie di mercato, sia a livello di massa–. Sono passati più di cent’anni e Laterza continua a fare solo libri. Ma essendo cambiato il mondo, fare libri oggi non è più la stessa cosa.

Non basta aggiungere al libro siti web. Si tratta di guardare al libro senza metterlo al centro, intendendolo come un medium (uno dei tanti), che fa parte di un vasto panorama di media concorrenti e interagenti. Non si riuscirà altrimenti a parlare in modo adeguato a clienti che hanno lo sguardo meno angusto dello stesso editore. Non si riuscirà altrimenti a formulare strategie capaci veramente di guardare al futuro.

Due culture imprenditoriali, due letture del ‘diritto d’autore’ e dell’uso (o abuso) di fotocopie

È significativo notare come dalle due diversissime storie emergano due diversi modo di leggere mutamenti di mercato. In particolare due strategie diverse, anzi opposte, in merito ad un discusso tema: le conseguenze sul business editoriale dell’uso (o abuso) di fotocopie.

Apriamo un libro Laterza, e voltiamo pagina dopo aver letto il titolo. Leggiamo:

“È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata. compresa la fotocopia, anche ad uso interno didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.”

È, a ben guardare, un crescendo del tutto incongruo.

Si parte dicendo che la fotocopia è vietata: ma non si dice da chi, e traspare l’assunto che è vietata dalla casa editrice, che si arroga il diritto di dire che è vietata. Imponendo un suo punto di vista. Nostalgia di un tempo in cui la casa editrice, essendo l’unico canale di diffusione nella conoscenze, era in grado di imporre agli altri attori –sia autori che lettori– la propria visione del mondo. Pervicace tendenza a non guardare al mondo e al panorama dei media che abbiamo sotto gli occhi – che vede il libro convivere con altri mezzi, con altre tecnologie.

Ci si contraddice subito, del resto, essendo costretti a precisare che per la legge italiana la fotocopia è lecita. È lecita purché non danneggi l’autore. Ecco qui il passaggio chiave. L’autore non scrive necessariamente per guadagnare denaro; l’autore può sentirsi gratificato dalla diffusione del suo nome, di una pagina da lui scritta, o anche di un libro intero. Può averne anche un ritorno economico: la fama acquisita può essere fonte di opportunità di lavoro.

Certo, si dirà, l’autore ha firmato un contratto cedendo i suoi ‘diritti d’autore’ all’editore, permettendo all’editore di parlare a suo nome. Ma l’ha fatto perché questo era per lui un passaggio necessario per giungere alla pubblicazione del libro. Non tanto lui, ma l’editore, è direttamente minacciato dalla fotocopia. Ma Laterza non l’ammette, salta passaggi logici, e si nasconde, ipocritamente, dietro all’autore: “quindi” (ma quindi cosa? viene da dire) “ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza”.

Dell’illecito abbiamo detto –l’affermazione contiene una indebita forzatura–, ma quello che vogliamo far notare è come il testo laterziano introduce qui nel discorso un altro elemento, il crescendo colpevolizzante. Tanto contrario al senso comune da risultare al lettore ridicolo.

Chi fotocopia, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, ecc. ecc. “commette un furto ed opera ai danni della cultura”. L’autore, pretestuosamente chiamato in causa, è dimenticato. Resta l’arroganza del potere, o di chi aveva il potere e avendolo perso se la prende con il povero lettore, che magari ha fotocopiato solo per amore della cultura, per leggere un libro inedito da anni, inaccessibile in libreria; o con il povero studente, che deve leggere quel libro entro la data dell’esame, e non può aspettare la ristampa. Laterza dovrebbe chiedersi cosa ci guadagna a rivolgersi al lettore in modo offensivo.

Il discorso invece è rivolto a imprese che speculano sul bisogno di fotocopie? Ma allora diciamolo chiaramente. Non neghiamo l’evidenza, non nascondiamoci dietro un dito.

Posso esprimere questo giudizio perché ho letto cosa e come scrive McGraw-Hill:

“Al lettore

La realizzazione di un libro comporta costi variabili (carta, stampa e legatura) e costi fissi, cioè indipendenti dal numero di copie stampate (traduzioni, preparazione degli originali, redazione, composizione, impaginazione). I fotocopiatori possono contenere il prezzo perché, oltre a non pagare i diritti d’autore, non hanno costi fissi.

Ogni fotocopia, d’altra parte, riducendo il numero di copie vendute dall’editore, aumenta l’incidenza dei costo fissi a copia e costringe l’editore ad aumentare il prezzo; questo naturalmente fornisce un ulteriore incentivo a fotocopiare. Se questo circolo vizioso non verrà spezzato, arriveremo al punto in cui gli editori non avranno più convenienza economica a realizzare libri di testo per l’università.

In quel momento non ci saranno più neppure fotocopie.

L’editore”.

Noterete la differenza. Onore al merito a McGraw-Hill. Laterza invece dovrebbe vergognarsi.

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