BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 16/01/2006
L'INFORMAZIONE E LA PERENNE RISTRUTTURAZIONE (1)

di Francesco Varanini

I dati, e quindi le informazioni, in continua ristrutturazione, sono virtualmente in ogni luogo, e l’unica certezza del loro contenuto e del loro valore sta nell’autodescrizione, nelle metainformazioni che portano con sé. Secondo "L'Opinione" di Francesco Varanini, autorevole consulente di change management e strategie Ict, si tratta di un processo di adattamento continuo dei sistemi informativi all’evolversi dei bisogni di conoscenza.

Nel settembre scorso un amico professore di Informatica, titolare dell’insegnamento di Basi di dati, mi ha chiesto un parere sul suo progetto di un Manuale di informatica per le Scienze Umane. Si è rivolto a me perché condividiamo l’interesse per quella che potremmo chiamare ‘informatica applicata’: una informatica che non cerca la sua ragion d’essere nella tensione verso l’‘ottimo’ tecnologico, e che si qualifica, al contrario, come disciplina impura ma efficace, leva abilitante, supporto a una strategia, servizio offerto ad un mondo: il mondo della sanità o della finanza, mettiamo.

Caso esemplare, per me e per il mio amico, quello dell’Informatica Umanistica: informatica al servizio di chi si occupa di ricerche sul lessico, editoria, biblioteche, ma anche, più in generale, destinata a supportare il Content ed il Knowledge Management.

Il mio amico doveva presentare il progetto del futuro manuale a un convegno al quale entrambi dovevamo partecipare. La sera prima gli ho mandato una mail. Era probabilmente troppo tardi perché il mio amico prendesse in considerazione i miei commenti. Ma comunque brevi parole scambiate sottovoce durante il convegno sono state sufficienti a farmi capire che non ne avrebbe tenuto conto in ogni caso. Non era per nulla d’accordo.

Nel manuale, il mio amico amico prevedeva ovviamente di dedicare spazio e attenzione al consolidato mondo dei dati strutturati: dati ben collocati nel luogo previsto, in tabelle, in Data Base. Se il manuale fosse stato scritto ancora dieci anni fa si sarebbe fermato qui. Ma, scrivendo oggi, giustamente, il mio amico prevedeva una seconda parte dedicata ai dati "semistrutturati".

Perché ormai l’XML è uno strumento consolidato: linguaggio, o meglio metalinguaggio di descrizione dei dati, conciso e facile da comprendere, separa contenuto, presentazione e struttura. Il tag che accompagna ogni dato permette di comprenderne la struttura anche se non conosciamo l’applicazione che l’ha generata. Le applicazioni possono così ‘comprendersi a vicenda’, ed è possibile costruire basi dati virtuali -efficaci, stabili- fatte di meri ‘puntamenti’.

Su questo, ormai, tutti d’accordo.

Io però avevo proposto di fare un passo oltre. Perché se prendo sul serio l’XML non conta tanto ciò che è stato già in questo momento (semi)strutturato. La vera ricchezza, la nuova conoscenza che può essere portata alla luce, istante dopo istante, sta in nuove strutture di volta in volta emergenti. Se accetto la lezione dell’XML non vedo in realtà strutture di dati già costruite, ma strutture in continua evoluzione. Vedo un processo di adattamento continuo dei sistemi informativi all’evolversi dei bisogni di conoscenza.

E’ chiaro che sto parlando di XML, ma non solo: sto implicitamente facendo riferimento al Semantic Web. “The Semantic Web is an extension of the current web in which information is given well-defined meaning, better enabling computers and people to work in cooperation.” (Tim Berners-Lee, James Hendler, Ora Lassila, ‘The Semantic Web’, Scientific American, May 2001). Oppure prendiamo la definizione data “The Semantic Web provides a common framework that allows data to be shared and reused across application, enterprise, and community boundaries” (W3C, World Wide Web Consortium).

Non a caso, quando con frettolose parole gli ricordo questa storia,  il mio amico, un attimo prima di prendere la parola nel convegno, mi guarda negli occhi e mi dice: “La verità è che io al Semantic Web non ci credo”.

Sarebbe facile dire che dieci anni fa, o meno, non credeva neanche all’XML. Ma non è questo il punto. Io non so se il Semantic Web si svilupperà pienamente, così come auspicano i suoi fautori (con l’RDF, Resource Description Framework, modello per rappresentare informazioni e metadati, e con l’OWL, linguaggio per costruire ontologie, descrizioni formali di concetti, oggetti e relazioni relativi a uno specifico dominio di conoscenza).

Però credo di sapere che già oggi i dati, e quindi le informazioni con le quali lavoriamo, non vivono più chiusi per sempre, protetti e controllati, in un data base. E non sono ‘garantiti’ dalla loro struttura, data una volta per tutte. I dati, e quindi le informazioni, in continua ristrutturazione, sono virtualmente in ogni luogo, e l’unica certezza del loro contenuto e del loro valore sta nell’autodescrizione, nelle metainformazioni che portano con sé.

Realtà che può essere difficile da accettare chi è cresciuto ‘credendo’ nel data base. Ma non per questo è meno vera.


(1) Già apparso su ZeroUno (www.zerounoweb.it ), 23/11/2005.

Pagina precedente

Indice dei contributi