BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 20/02/2006
DISAPPEARING COMPUTING: MINACCIA PIU' CHE OPPORTUNITA'

di Francesco Varanini

Si parla molto e con preoccupazione di alfabetizzazione informatica e di digital divide, e –credo– si dice il vero quando si sostiene che se non si diffonde una familiarità con l’uso del computer si è sminuiti come persone.

Perché in ogni attività lavorativa, o legata alla nostra vita quotidiana, sempre meno abbiamo contatti fisici con gli oggetti. Sempre più il contatto è mediato da interfacce elettroniche o digitali.

La nostra conoscenza è conservata in dischi fissi. La nostra possibilità di comunicare è legata terminali specializzati –i telefoni– che trasformano la nostra voce in informazione digitalizzata, in software, e che trasmettono questa informazione a un altro terminale che la decodifica per noi, ritrasformandola in voce. Lo stesso operaio che un tempo lavorava al tornio, governato dalla sua mano, lavora a una macchina a controllo numerico: il lavoratore scegli il programma e controlla, ma è la macchina ad eseguire il programma, è della macchina il contatto con l’oggetto materiale, con il pezzo da lavorare.

Allo stesso modo cambiano i rapporti tra cittadino e cosa pubblica: sempre le relazioni tra cittadino e Pubblica Amministrazione. Ma quando la relazione si gioca attraverso via web attraverso un Portale, cosa vuol dire ‘avere familiarità’? Basta sapere quale tasto schiacciare?

Per tornare a porci queste domande, dobbiamo riflettere sul ciclo di maturazione delle tecnologie. Quando una tecnologia può considerarsi ‘adulta’? Quando funziona cosìbene che ci dimentichiamo della sua presenza. Pensiamo, ad esempio, a come usiamo l’automobile preoccupandoci sempre meno del numero dei cilindri e delle valvole e dell’iniezione, e di come funziona realmente il motore. Sappiamo quello che ci serve, e ci siamo anche dimenticati di saperlo. Questo accadrà con il computer nel XXI secolo. Con acume e preveggenza, lo scriveva all’inizio degli anni ’90 in un famoso articoloMark Weiser , ricercatore del PARC (Palo Alto Research Center) della Xerox –il centro di ricerca dal quale provengono gran parte delle innovazioni che hanno portato l’informatica nella nostra vita: le icone sullo schermo, il mouse, e più in generale il Personal Computer così come lo conosciamo.

Weiser sosteneva che rendere più amichevole il computer significa solo aver fatto il primo pezzo di strada, nemmeno il più importante.

“Stiamo provando a concepire un nuovo modo di pensare ai calcolatori nel mondo, stiamo pensando a come collocare i calcolatori nell'ambiente abitato dall’uomo; cerchiamo di fare in modo che i calcolatori spariscano nell’ambiente.

La scomparsa è una conseguenza fondamentale non della tecnologia, ma della psicologia umana.Ogni volta che la gente impara sufficientemente bene qualcosa, cessa di essere consapevolmente informata su questa cosa.Quando guardate un segnale stradale, per esempio, assorbite le relative informazioni senza leggere coscientemente.Il Premio Nobel informatico ed economista Herb Simon chiama questo fenomeno ‘compiling’;il filosofo Michael Polanyi lo denomina ‘la dimensione tacita’;lo psicologo TK Gibson la denomina ‘visual invariants’;i filosofi Georg Gadamer e Martin Heidegger la denominano ‘l'orizzonte e ‘ready–to–hand’, John Seely Brown del PARC lo denomina ‘la periferia’.Tutti dicono, in fondo, la stessa cosa: quando le cose spariscono ci liberano, diventa possibile usarle senza pensare, concentrandoci sui nostri obiettivi.”

Oggi, ci siamo. Come prevedeva Weiser il computer in quanto tale, la macchina che troneggia sulla scrivania, perde di importanza, fino a scomparire. Ma il computer, ubicuo, lo ritroviamo in una infinità di oggetti indispensabili per la nostra vita quotidiana. Calcolatrici e agende tascabili,macchine fotografiche, lettori di files miscali tipo I Pod, televisori, videoregistratori, decoder, navigatori satellitari, automobili: tutto è un computer. Appunto: ‘Disappearing Computing’, ‘Ubiquitous Computing’, ‘Calm Computing’, ‘Pervasive Computing’.

I computer diventano invisibili. Il computer nascosto in ogni oggetto lo usiamo “senza pensare”. Le difficoltà legate all’alfabetizzazione informatica, la necessità di capire come funziona il computer per poterlo usare efficacemente – tutto questo può sembrare, nel nuovo scenario,del tutto superato.

Ma non è così. Da un punto di vista sociale, politico e manageriale –a ben guardare– proprio qui la situazione diventa più delicata. La ‘conoscenza tacita’ diffusa riguarda il come si schiaccia un bottone. Di tutto il resto non sappiamo nulla.

Proprio perché i ‘computer invisibili’ pervadono ogni aspetto della vita, è pericoloso rinunciare a capire come funziona la macchina, e perché.

Se non ci preoccupiamo di sapere a cosa serve un sistema operativo, cosa è un data base, cosa è un programma, cosa significa ‘informazione digitalizzata’, come circola l’informazione sulla Rete, a decidere ‘come funzionano’ e ‘perché funzionano’ le macchine sarà il tecnico. Sarà magari un tecnico illuminato come Mark Weiser, ma noi dipenderemo in tutto e per tutto da lui.


Mark Weiser, “The Computer for the 21st Century”, Scientific American, settembre 1991

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