BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 24/04/2006
MICROSOFT: UN MODELLO DI BUSINESS OTTOCENTESCO
Henry Ford vs Bill Gates

di Francesco Varanini  

Il 24 aprile 2006 alla Corte di Giustizia del Lussemburgo, Microsoft vs Europa. Una vicenda iniziata nel 1998, la più grande inchiesta dall’Antitrust europeo, accusa: ‘abuso di posizione dominante’.

Un paradosso dei nostri tempi: tutti parlano di liberismo, di de-regulation, di contendibilità e di diritto di accesso al mercato. Eppure l’eroe è Bill Gates, stimato e riverito in ogni dove. Microsoft trionfa sui mercati, nonostante l’atteggiamento che è una patente negazione dell’etica della competizione. La storia economica degli USA ci ha mostrato –casi esemplari di epoche diverse– che il mercato si crea rompendo monopoli ed oligopoli: così in tempi diversi sono state costrette allo spezzettamento la Standard Oil e la Bell Telephone. La Microsoft, invece, ha passato indenne

l’esame della Giustizia Federale statunitense. Vediamo se anche l’Europa si adegua.

 

La filosofia di Bill Gates è riassumibile in poche parole: fate quel cavolo che vi pare, ma fatelo utilizzando Windows. Nella visione del tycoon di Seattle, i soldati dovrebbero fare la guerra orientandosi con computer palmari basati su Windows, gli ospedali e la Pubblica Amministrazione dovrebbero funzionare con procedure basate su Windows. E naturalmente Windows –e sopra Windows Office– sulle scrivanie di tutti i lavoratori. E Windows in ogni casa a governare la nostra vita quotidiana, a controllare il nostro svago e il nostro ozio.

Ogni ufficio del mondo, ogni casa, ogni ospedale, ogni esercito, ogni scuola. Una visione totalizzante, una Weltanschauung Microsoft-centrica.

Poi, quando si è messo tutto sotto controllo, e si ricevono da ogni ufficio ogni casa ogni ospedale ogni esercito ogni scuola le royalties del caso, si può anche fare beneficenza, occupandosi magari di educazione nel Terzo Mondo. Ma se un progetto del MIT propone un computer da 100 dollari, destinato alle scuole elementari delle periferie del mondo, Bill Gates –è cosa recente– dice no, è sbagliato. Solo perché, guarda caso, il sistema operativo di quella macchinetta è Linux, e non Windows.

Nessuno chiede a un imprenditore di fare qualcosa di diverso dal suo mestiere. Nessuno ha motivo di storcere il naso e di fare del moralismo davanti ai lauti guadagni di un imprenditore di successo, anche quando si tratta di guadagni di tale ampiezza che il magnate non sa più che cosa far del denaro.

Però da questo a dire –come troppi, per pura piaggeria, fanno– che il modello di business di Microsoft è intelligente, originale, e moralmente esemplare, ce ne passa. Al contrario, sembra possibile –e doveroso– dire che, con tutto il rispetto, si tratta di un modello ottocentesco. Un modello fondato sull’occupazione del mercato e sulla creazione di monopoli di fatto, alle spalle dei consumatori.

Un modello ampiamente e definitivamente criticato ottanta anni fa, da un indiscutibile protagonista della stessa scena sulla quale Bill Gates si muove.

Quando Gates dice ‘un computer su ogni scrivania e in ogni casa’, non fa altro che ripetere Henry Ford: ‘a ognuno la sua automobile’.

Lasciamo perdere Bill Gates (Business @ the Speed of Thought, 1999; Business @lla velocità del pensiero, Mondadori, 1999), un impressionante monumento a se stesso, e torniamo a leggere Henry Ford, My Life and Work, 1922 (cito dalla trad. it. La mia vita e la mia opera, Apollo, 1930).

Microsoft ha avuto problemi legali per abuso di posizione dominante, mentre la Ford ebbe problemi perché lottava contro chi difendeva la legittimità della posizione dominante. “Noi fummo ostacolati da un grosso processo intentato alla Compagnia per costringerla a collegarsi ad una associazione si produttori d’automobili i quali andavano operando sotto il falso preconcetto (…) che fosse indispensabile il monopolio su tale mercato” (p. 72). “Era stata sparsa la voce che se il processo si fosse chiuso con una sentenza finale a noi contraria, chiunque possedesse una vettura Ford avrebbe avuto noie giudiziarie” (pp. 73-74). “La concorrenza era supposta essere una minaccia”, nota Henry Ford. Non possiamo fare a meno di dirci che Gates non è tanto lontano dai capitani d’industria criticati da Ford, che “tenevano alla larga competitori creandosi un monopolio con mezzi artificiali” (p. 54).

Altrastrategia Microsoft sta –è noto a tutti– “nel mutare (…) i modelli, in modo che i più recenti si comprino, sia perché riesce difficile avere i pezzi di riparazione per i vecchi, sia perché un modello nuovo seduce il consumatore a nuovi acquisti, spingendolo a liberarsidi quello che egli possiede”.Ecco il secco commento di Ford: “Ci si è decantato questo come un buono e accorto modo di fare affari”. Ma “il nostro principio (…) è precisamente il contrario. Noi non possiamo concepire che si serva il consumatore se non si fa per lui qualcosa che, per quanto sta in noi, abbia a durargli per sempre. Noi vorremmo costruire una specie di macchina che non avesse limite di durata. (…) “Noi non introduciamo un miglioramento che faccia invecchiare i precedenti modelli”. (p. 178)

“Il servizio che si presta”, dice Henry Ford, “dev’essere il migliore che possa prestarsi” (p. 177). Non so se Bill Gates è della stessa idea.

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