BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 15/10/2007

 

CORAGGIO

di Francesco Varanini

 

L’altra sera ho incontrato all’aeroporto un amico per lunghi anni Direttore del Personale, ora consulente. Mi dice che c’è un clima di timore, c’è eccesso di precauzione, tendenza all’inazione. Così, aggiunge, presso un’azienda dove sta lavorando, terrà un corso sul coraggio. Quando ha proposto questo tema, mi racconta, ha incontrato qualche resistenza. Non è normale fare corsi su simili argomenti: si preferiscono, appunto, interventi su temi più consueti: leadership, team building, lavoro di gruppo. Si preferiscono, insomma, le solite cose. Manca il coraggio di guardare la realtà che si ha sotto gli occhi.
Mi scrive un altro amico che ha incontrato un comune conoscente in un posto del Sud Italia. Era lì a tenere “lezioni di coraggio”, rivolte ad imprenditori del luogo.
Sono contento di  non essere l’unico a pensarlo. C’è in giro un eccesso di cautela. Vedo tante persone, magari persone in altri tempi attive e dinamiche, ora a attente a nascondersi dietro un dito, pronte ad attaccarsi a qualsiasi giustificazione per rinviare a domani ciò che potrebbero fare oggi. Sento amici consigliarsi a vicenda strategie d’attesa. In attesa della pensione, in attesa che qualcun altro decida per loro, nella speranza che qualcuno prenda il pallino in mano e affronti le situazioni aperte.
Vedo persone a cui piace farsi compatire, persone che chiedono sostegno, persone che tirano a campare. Che novità, direte. Certo, è sempre stato così. Ma a me pare che questo accada oggi più che in anni passati. E mi impressiona vedere persone che avevo visto assumersi responsabilità ora rifuggirle. E mi impressiona di più, osservando che si tratta di dirigenti, professori universitari, consulenti, formatori.
E’ vero che oggi, in questo clima sociale e in questa situazione di mercato, non è facile prendere decisioni. Si è soli. Le conferme ed i sostegni esterni sono scarsi, insufficienti, insoddisfacenti. Infatti da questi stessi amici si chiedono: ‘Cosa ci stiamo a fare?’, ‘Cosa sto facendo qui?’ Ma il punto è che questi amici chiedono ad altri le risposte, quando –per ruolo e per capacità– dovrebbero, potrebbero essere loro a darle.
Credo che proprio su questo terreno si giochi l’etica di chi copre una posizione di responsabilità. Della responsabilità si può e si deve farsi carico. Perché, oltretutto, al di là delle difese e degli alibi più o meno ben costruiti, sappiamo che lì dove è comodo tirarsi indietro, qualcosa potremmo fare. Dovremmo chiederci sempre: sto occupando appieno gli spazi di autonomia che mi sono concessi? Oltre a quello che sto già facendo, c’è qualcos’altro che potrei fare, ‘senza chiedere permesso’?
Credo che solo quando abbiamo occupato questo spazio possiamo sentirci in pace con noi stessi. Credo anche che solo se occupiamo lo spazio che in potenza ci è dato ‘staremo bene’. Lo star bene è conseguenza dell’oggettivazione. Il lavoro è costruzione, produzione, uso finalizzato delle proprie energie. Questi amici, rifiutandosi di andare oltre la soglia del quieto vivere, finiscono per rinunciare a fare ciò che li liberebbe del malessere. Il malessere nasce dalla stasi. Le energie non destinate a uno scopo, non oggettivate, appesantiscono e intristiscono la persona.
Ora, ognuno deve fare la propria parte; e in fondo ognuno è solo, e può aiutarsi solo da solo. Ma mi piace pensare che qualcosa si possa fare per sostenersi a vicenda. Vedo persone che non si arrendono, che non demordono, che si rinforzano a vicenda in questo atteggiamento. Persone che pensano che il lavoro non è una dannazione. Persone non gratuitamente ottimiste, ma convinte che ha senso impegnarsi nel lavoro, provare a fare qualcosa. Perché forse così staremo meglio, e forse qualche problema che consideravamo insolubile ci apparirà un non-problema.
Persone & Conoscenze lavora per questo: è una rivista, ma è anche un luogo di incontro. In questo spirito il 26 ottobre Direttori del Personale, Direttori dei Sistemi Informativi, fornitori di hardware e software dedicati alle Risorse umane, mostreranno come è possibile, con tranquillità e fiducia, costruire un discorso comune, anche a partire da linguaggi diversi, anche attorno a temi considerati difficili.


1 - Questo testo è l’Editoriale del numero 34 (ottobre 2007) di Persone & Conoscenze (www.este.it).

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