BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 05/02/2008

 

CONOSCETE UN HACKER DISPOSTO A FARLO?

di Francesco Varanini

La privacy e le tecnologie, oggi
Telecamere a ogni angolo di strada, pianeta cablato e illuminato da satelliti.  E si sa, anche se preferiamo non pensarci: l'informazione che ci scambiamo istante dopo istante, e che consideriamo privata, passa inevitabilmente attraverso i data base del gestore telefonico e dei provider Internet.
Uno scenario che solo la science fiction racconta con una qualche verosimiglianza. Uno scenario rispetto al quale il legislatore è sempre in arretrato – a causa della rapida evoluzione tecnologica, ma anche forse delle scarse cognizioni tecnologiche dei nostri rappresentanti, e -temo- dei loro stessi consulenti. 
Uno scenario che ha una caratteristica di fondo: l'interconnessione è inevitabile – ma anche  socialmente vantaggiosa. E' impossibile, oggi, non essere wired, collegati, allacciati a questa rete. E del resto nessuno desidera di restare escluso da questa grande ragnatela telematica, vissuta dai cittadini del mondo, al di sopra di ogni frontiera, come 'civile' e 'democratico' luogo d'incontro e di scambio. La Rete è fonte di conoscenza e di libertà. Parlando di privacy si tende a porre  ancora l'accento su come vietare l'accesso alle informazioni; dimenticando che ciò che si apprezza nella Rete è una nuova opportunità, una opportunità che è il contrario della segretezza: la circolazione delle informazioni.
Guardando le cose in positivo, con aderenza alla realtà sociale e tecnologica, dobbiamo perciò chiederci come oggi possa veramente esercitarsi il diritto alla privacy in un mondo caratterizzato dall'interconnessione, e dalla presenza di basi dati che sono fuori dal nostro controllo, ma che parlano di noi.
“La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”, recita, all'articolo 15, la nostra Costituzione. Ma come garantire oggi l'inviolabilità. E' chiaro che il Garante non è in grado di garantire un bel nulla.
Mi sembra che il legislatore, oggi, dovrebbe porre l'accento, più che sulla riservatezza, sulla trasparenza.
Dunque è rintracciabile ogni nostra conversazione, ogni nostra azione. Siamo costretti a vivere in una casa di vetro. In questo quadro, l'unica 'segretezza' praticabile consiste nel rendere parzialmente 'opache' alcune limitate superfici dei vetri della nostra casa. Opache nel senso che l'altro (che pure, a differenza di quanto accadeva ancora pochi anni fa, potrebbe oggi tecnicamente violare ogni nostro segreto) si impegna con noi a non guardarvi attraverso.
In questa logica, lo spirito della norma dovrebbe essere orientato a far comprendere al soggetto che più accetta di limitare l'area delle zone opache, protette da sguardi altrui, più è probabile che questa protezione sia garantita, e di fatto efficace.

Vizi e virtù dei politici di professione
Il contesto tecnologico ci impone dunque di essere fautori della trasparenza. Ci impone di guardare ai vantaggi della trasparenza. Tutto questo vale per ogni cittadino, per ogni abitante del pianeta.
Ma soprattutto vale per chi svolge attività di interesse pubblico: personaggi dello spettacolo, certo, ma in primo luogo tutti coloro che a titoli diversi sono impegnati in attività legate alla politica e alla gestione della cosa pubblica.
Governanti e parlamentari dovrebbero essere, nel loro stesso interesse, i primi fautori della trasparenza. Non solo trasparenza sulla gestione del potere e sugli atti ufficiali e sulla vita pubblica. Ma anche trasparenza della loro vita privata, familiare; trasparenza sulla propria situazione sanitaria; trasparenza sui propri affari e con centri di potere economico; trasparenza sui rapporti con il mondo dell'informazione. Trasparenza su tutto.
Noi -i cittadini, intendo dire- non ci aspettiamo che i nostri rappresentanti ed i gestori della cosa pubblica siano virtuosi. Non siamo tanto ingenui da pretenderlo. Lasciamo loro i loro vizi. Possiamo anche essere d'accordo con Bernard de Mandeville. "Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa".
Mandeville, lo ricordiamo, faceva  notare che sono i vizi e le imperfezioni dell'uomo, l'amor proprio, le passioni, l'orgoglio, l'avarizia, sono vizi e imperfezioni a muovere all'azione. Dunque siamo disposti ad accettare che ciò che appare vizio sul piano privato -l'emulazione, il desiderio di potere e di primeggiare, l'hybris, l'ansia di l'arricchirsi- siamo disposti ad accettare che tutto questo diventi virtù sul piano pubblico.
Però vogliamo sapere.
Dovrebbero capire queste persone al potere che delle loro parole buoniste non ce ne frega nulla. Dovrebbero capire che dei loro assennati discorsi su buone intenzioni e delle loro ostentazioni di disinteresse personale ce ne fottiamo. Non ci crediamo. Pensiamo che le loro parole nascondano dell'altro.
E il fatto è, purtroppo, che le intercettazioni telefoniche ci danno ragione.
Per questo leggiamo con avidità le trascrizioni di quegli scarsi brani che avventurosamente giungono ai nostri occhi e alle nostre orecchie. Dovrebbero capire che è vantaggiosa per tutti la cruda verità di queste parole. Se non leggessimo, non solo penseremmo comunque male, ma anzi, penseremmo peggio. Più la verità si nasconde, più la verità è sostituita da credenze.
Eppure questi signori combattono per non essere intercettati. Non capiscono che così fanno solo danno a se stessi. Ma d'altra parte, se non combattessero per imporre anche in questo il loro potere -il potere dell'agire in segreto, di non mostrarsi- non sarebbero loro stessi. Non sarebbero, appunto, le persone virtuosamente viziose che sono.
Non possiamo quindi aspettarci che siano loro, in quanto casta o classe, a scegliere la trasparenza.

Giudici
Ora, guardiamo al ruolo del potere giudiziario in questa faccenda. Probabilmente c'è un abuso. La norma forse non giustifica le intercettazioni. Gli organi inquirenti dovrebbero limitarsi ad applicare la legge che c'è, e a non forzarne l'interpretazione.
Eppure, chiediamoci perché noi cittadini, mentre da un lato siamo convinti che l'uso delle intercettazioni sia eccessivo, dall'altro le consideriamo salutari. Chiediamoci perché, mentre da un lato consideriamo fondato il ragionamento formale di chi dice che il contenuto delle intercettazione spesso non contiene prove di reato, dall'altro lato il contenuto delle intercettazioni ci interessa e – per fortuna- ancora ci scandalizza.
Il motivo di questa doppia lettura è elementare. Ma vale la pena di ricordarlo. Dietro la norma, a monte della legge, sta l'etica. Ciò che non è rilevante da un punto di vista penale, è enormemente rilevante da un punto di vista morale. Non mi importa se, a rigor di legge, è stata violata una norma.  Importa quello che è scritto nella Costituzione, all'art. 54: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
Ora, lascio che la persona che ho eletto si regoli a suo modo nel trovare un equilibrio tra vizi e “disciplina ed onore”. Faccia quello che vuole. Ma mi lasci la possibilità di sapere e, per quanto mi è dato, giudicare.
Perciò siamo di fronte a un nodo da sciogliere. Sappiamo che presto i politici non potranno più essere intercettati – perché sarà cambiata la legge, perché sarà tagliato il budget, perché sarà messa qualche briglia ai magistrati. E sappiamo che, da un punto di vista di mera applicazione della legge, tale limitazione sarà giusta e incontestabile. Ma sappiamo anche che il venir meno delle intercettazioni costituirà una grave perdita dal punto di vista della giusta possibilità di verifica dell'operato della nostra classe politica.
Le intercettazioni possiedono un valore di verità maggiore delle voci di corridoio, dei pettegolezzi. Se non ci fossero intercettazioni, senza la loro cruda, nuda, ostentata verità, saremmo costretti  a fidarci delle interpretazioni di uffici stampa e giornalisti.
L'intercettazione costituisce in fondo un basilare strumento di controllo democratico.

Hacker
Perciò, che fare. Propongo un possibile percorso. Lasciamo fuori dal gioco delle intercettazioni il potere giudiziario, del resto inaffidabile, mosso magari da oscuri motivi. E invece, così come concediamo ai politici i loro vizi, concediamo un vizio a noi cittadini. Il vizio di intercettare e di godere ascoltando e leggendo il contenuto delle intercettazioni.
Visto che la tecnologia lo permette, troviamo hacker disposti a farlo. Del resto, abbiamo saputo di recente -e non ci è apparsa certo cosa strana o inattesa- che non solo i giudici intercettavano, ma anche persone appartenenti alla società civile. Erano però opachi personaggi, asserviti a gruppi di potere.
Perché non pensare allora ad hacker che, andando oltre il confine della legalità formale, come del resto fanno i politici, e forse i giudici, intercettino le conversazioni dei potenti e forniscano i file a blogger e giornalisti?
Il diritto all'informazione non è forse un fondamentale diritto civile e politico? Le stesse normative che regolano il giornalismo non garantiscono forse il diritto alla segretezza della fonte?
E dunque coraggio, qualcuno capace di intercettare, e nelle condizioni di farlo, in giro c'è di sicuro.
Sappia fin d'ora che lo consideriamo un eroe, un benemerito difensore della democrazia.

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