BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 25/06/2008

 

IL MERCATO DELLA FORMAZIONE AZIENDALE IN ITALIA:SCENARIO E TREND

di Francesco Varanini

Proponiamo qui una sintesi dei principali risultati della ricerca promossa dalla rivista Persone & Conoscenze. (1)

E' raro che le Direzioni per Personale dispongano di informazioni facilmente gestibili, allo stesso tempo complessive e dettagliate: costi, l'investimento per singola persona, trend,anno su anno.
Le informazioni sono per lo più disperse e di difficile accesso per gli stessi responsabili.

Chi si occupa di formazione in azienda, e in particolare chi lavora nelle Direzioni del Personale, vive un vive un clima segnato dalla fatica, dalla pressione delle scadenze, dall'incombere di adempimenti quotidiani.
L'attenzione alla formazione, l'attenzione alle persone, l'atteggiamento di cura, che sta alla base delle formazione –, cura di sé: cercare soddisfazione nel lavoro; cura di ciò che si fa: dare valore al lavoro ed ai suoi frutti, cura  degli altri– rischia di passare in secondo piano.

I settori maggiormente orientati all’investimento in formazione sono: Finance, e Semilavorati e Prodotti finiti (ndustria manifatturiera che operano nel mercato Business to Business: tessile, meccanica, metallurgica, materie plastiche).
A seguire, nell’ordine: Largo Consumo, Servizi professionali alle imprese, Telecomunicazioni e Chimico Farmaceutico.
Pressoché in linea alla propensione media delle grandi imprese italiane è il settore Information Technology.
Nettamente al di sotto della media il settore Utilities.

Le soft skill che caratterizzano il formatore, il dominio di contenuti chiave per lo stesso business aziendale, tendono quindi ad essere patrimonio esclusivo del fornitore esterno.
L'attività di chi all'interno dell'azienda si occupa di formazione è sempre più orientata ad aspetti   organizzativi, di coordinamento. La competenza realmente esercitata è quindi prevalentemente di natura organizzativa e logistica. O inerente alla certificazione, al controllo.
Sempre più le persone destinate a lavorare alla formazione sono scelte in base a capacità di coordinamento, organizzazione, controllo, acquisto.

Parallelamente trova spazio, in questo quadro, la tendenza a cercare “qualcosa di nuovo”. La tendenza sembra rispondere, prima che a  bisogni dei partecipanti ai corsi, a bisogni degli stessi acquirenti di formazione: uscire dal tedio e dalla ripetitività, fare “qualcosa di diverso”. Ma anche qui la tendenza appare scarsamente costruttiva: il 'nuovo' riguarda la forma e non il contenuto, è spesso effimero, legato a mode. Il nuovo si traduce in un ulteriore sussunzione a scelte esterne, a scelte dettate da una generica innovazione dell'offerta. Scelte non connesse con i bisogni formativi e con le strategie aziendali.

Mentre in tempi non troppo lontani il 'venditore' era sempre un formatore, oggi i fornitori di formazione tendono a dotarsi di strutture commerciali e di marketing. Al che si risponde aziendalmente facendo crescere figure di buyer. Meno formatori, più  venditori e compratori di prodotti formativi

La modalità  formativa prevalente –vicina al 50 % dei casi– è formazione interna (in house) con formatori esterni, seguita con peso consistente (circa un terzo) da formazione interna con  formatori interni. Nei rimanenti casi si tratta di formazione esterna ('a catalogo'): circa il 19% dei casi.
L'andamento non subisce differenze significative per macro–popolazioni: Dirigenti, Talenti e Risorse chiave, Quadri, Impiegati ed Operai.

L’aula 'tradizionale' risulta lo strumento di gran lunga più ampiamente utilizzato. Circa la metà del totale delle ore di formazione è speso in aula.
L'uso dell'aula è meno intenso per i Dirigenti: per loro, più che per le altre popolazioni, si riccone a strumenti diversi: Convention, Incontri con esperti, Workshop.
I percorsi individuali assorbono circa un quinto della formazione senza particolari distinzioni nell'uso da parte delle  diverse  popolazioni.

I contenuti tecnico legati alla professionalità hanno un peso rilevante, occupando sempre oltre la metà del tempo di formazione. Assumono la massima rilevanza per Quadri e Impiegati (65%).
Gli atteggiamenti e i comportamenti organizzativi rappresentano il secondo contenuto per importanza. Assumono maggior peso per la classe dirigente coprendo circa un terzo delle ore di formazione.
Meno rilevante la formazione orientata a elementi legati alla vision, mission che appare come elemento di maggiore importanza nella formazione di Talenti e Risorse chiave.

A partire dall’analisi degli strumenti, dei contenuti e delle modalità formative scelti per Dirigenti, Risorse chiave Talenti, Quadri e Impiegati l’universo grandi imprese appare segmentato in tre macro gruppi, ognuno caratterizzato da un modello formativo:

Incrociando i dati frutto della ricerca quantitativa con gli orientamenti portati alla luce dai colloqui qualitativi, si giunge a descrivere modelli, intercettare trend e cogliere scenari emergenti.

Formazione classica
Il ventaglio dei contenuti offerti tende ad essere uguale nel tempo, con scarse novità. I contenuti più comuni: atteggiamenti e comportamenti, e formazione tecnico-specialistica.. Ma esiste sempre una attenzione alla metaformazione: al di là del contenuto specifico del corso, si lavora  sugli atteggiamenti delle persone
L’organizzazione ruota attorno all’aula e al formatore. Cui è garantita una grande autonomia. Che è oggi anche solitudine, timore di risultare fuori dal tempo.
Si coglie una strisciante insoddisfazione: il modello, in un mondo che cambia, resta troppo uguale a stesso. E rischia di ripiegarsi su se stesso, di non avere futuro.

Formazione–adempimento
E' la formazione legata a vincoli esterni: caso esemplare gli obblighi di legge, la legge 626 in testa. E’, al contempo, formazione che confina con l'apprendimento: numerose persone devono apprendere in tempo breve a conoscere i prodotti che dovranno vendere. E’, ancora, formazione obbligatoria per figure professionali tecniche. E’ formazione resa necessaria da cambiamenti organizzativi. Costituisce oltre il 10% delle ore di formazione erogata, e appare in crescita.
La competenza del docente non è centrale. Centrale è la competenza logistico–organizzativa.
L’orientamento a guardare la formazione dal punto di vista dell’adempimento è giustificato dagli obiettivi assegnati, ma anche dal contesto: adempimenti -di cui si fatica a vedere il valore aggiunto-si aggiungono ad adempimenti: budget, chiusure trimestrali, lavoro burocratico dettato dai modelli di certificazione.
Gli adempimenti sono occasione di lavoro routinario, in fondo deresponsabilizzante.
Si consolida così un atteggiamento esecutivo, che fa passare in secondo piano l’attenzione alla crescita delle persone, 'costrette' a imparare.

Formazione facilitata
La formazione–adempimento e la stessa formazione classica ripetono se stesse: tremenda noia per chi si occupa di formazione, ma soprattutto –teme ci si occupa di formazione– tremenda noia per i destinatari della formazione. Si fonda così il progetto formativo sul dato di partenza che il destinatario della formazione è demotivato, non ha tempo, è disinteressato.
per controbattere la disaffezione dei partecipanti, e anche abbattere i costi, si persegue la via della formazione ‘facilitata’.
Una formazione dove i metodi –dalle strategie d'aula all’uso di strumenti e–learning– sono pensati per trasmettere almeno qualcosa a un destinatario che che si presume distratto e disattento.
Primo passo: abuso di Power Point.. Passo successivo uso insistito di 'nuovi' metodi e strumenti: dalla messa in scena teatrale a  fumetti e videoclip.

Formazione effimera
Non tutta la formazione può essere trattata come adempimento. Non tutti i contenuti possono essere semplificati.
E siccome la formazione classica appare ormai vecchia, ecco la tendenza verso una formazione più 'moderna', più up to date, al passo con i tempi.
Formazione cool, roba fresca, ultimo grido, che sembra o appare nuova, o ci viene venduta come tale. Il motto è: seguire la moda, o anzi, anticiparla. Seguendo il motto verdoniano: 'famolo strano'.
Filosofia, mappe mentali, teatro, cinema, letteratura: tutto bruciato in un istante.
La novità diventa un droga e si deve continuamente cambiare. Ma l'assuefazione si manifesta in modo sempre più rapido: cucina, degustazione vini, mostre d'arte, meditazione zen, arti marziali, rafting, maneggio.
Ma il cambiamento senza radici è un drago che mangia se stesso. E siamo daccapo, a cercare qualcosa di nuovo.

Formazione post-moderna
Il formatore post–moderno vorrebbe progettare una nuova 'architettura formativa', che esprima una libertà 'stilistica' sgombra dai vincoli della formazione adempimento. Con l'ambizione di andare oltre l'effimero.
Attinge perciò da mondi diversi frammenti di diverse culture formative. Percorre la strada dell'eclettismo.
Percorsi a rete, non più lineari, modalità formative diverse proposte in sovrapposizione, in un modello ipertestuale, multimediale.
Ma manca spesso la preparazione. Se non si è capaci di scrivere un classico testo, difficile cimentarsi con gli ipertesti. Manca la capacità di progettare andando oltre l'ovvio.
L'ambizione non corrisponde ai risultati. Così, nei fatti,  risulta difficile distingue il post moderno dall'effimero. E cresce la nostalgia della formazione classica, l'attaccamento alla formazione classica.
Le pretese alternative finiscono per aiutare la formazione classica a sopravvivere ai sui limiti .

Formazione Comunicazione
La formazione aziendale perde di vista i bisogni formativi legati al clima, alla cultura, alla motivazione, alle competenze, e insomma, alla crescita delle persone, perché si trova costretta a rispondere a cambiamenti esterni legati al mercato e al business. Si trova così collocata in un'area dove il suo vantaggio competitivo nei confronti di una funzione comunicazione tende a zero.
Si assiste anche a situazioni dove la funzione Formazione, o la Direzione del Personale tutta, –chiusa in modelli tradizionali, legati all'adempimento e all'offerta 'classica'– appare agli occhi del vertice aziendale lontana dal business, dalla cultura aziendale verso cui si tende, e dal mondo.
Cosicché il vertice aziendale, più o meno consapevolmente, finisce per disinteressarsi alla leva formativa, delegando alla funzione Comunicazione quello che resta il compito elettivo della formazione: diffondere cultura e conoscenze.

Formazione sulla soglia, ovvero il Portale
La formazione, tradizionalmente, sia nella sua versione adempimento, sia nella versione classica, sia lungo la china che porta verso l'effimero e il post moderno, la formazione –come la sua più avanzata versione tecnologica, l’e-Learning, ha confini: è scandita in moduli, oggetti, corsi percorsi sempre caratterizzati da un inizio e una fine.
Con il Portale Interno, invece, la formazione perde i confini di attività e rivela pienamente la sua natura di processo: un circolo orientato al miglioramento continuo.
Si sfuma, fino tendenzialmente a scomparire, la distanza tra docenti e discenti: a seconda della materia, dell'area della conoscenza, siamo tutti docenti e tutti discenti.
Il modello organizzativo e i sistemi delle competenze si ridisegnano sul portale. Si lavora insieme ‘appoggiandosi’ su una piattaforma che abilitata alla produzione e lo scambio di testi, discorsi, narrazioni, rivolti a una singola persona, a chi abita un'area organizzativa, a specifiche famiglie professionali, all’insieme della popolazione aziendale.
Qui trova nuovi spazi la basilare competenza 'metodologica' del formatore: competenza relativa ai processi di apprendimento, alle tecniche narrative, retoriche, alla costruzione storie, di percorsi, al sostegno delle persone impegnate nel cammino di crescita personale.

Direzione Risorse Umane si trasforma in Direzione Risorse, perché si tratta di curare non solo le conoscenze delle persone che in questo momento lavorano in azienda ma anche di curare le conoscenze di coloro non ci sono più, perché sono andate in pensione, così come le conoscenze delle persone che transitano come consulenti e formatori. La tecnologia permette di far sì che le tracce del passaggio, tracce digitali, permangano e siano riutilizzabili
Il ruolo del formatore sconfina nel ruolo di Knowledge Manager. Ma la definizione è impropria: in prospettiva più che il 'management' della conoscenza sembra essere importante lo 'sharing'. To share: participate in, use, enjoy, or experience jointly.
Non un 'archivista', ma un 'facilitatore'.

Chi si occupa di formazione si trova a muoversi in un ambito molto stretto.
Da un lato i budget scarsi, informazioni non sempre precise sulle aspettative del vertice aziendale e sulle esigenze dettate dal business, informazioni spesso insufficienti sulle aspettative e i bisogni delle persone. E inoltre carenza di risorse e di tempo (poco tempo anche per rispondere a una intervista), compressione dello scenario causata dalle chiusure trimestrali, difficoltà a dar vita a politiche di vasto respiro, destinate a dare risultati nel medio e lungo periodo.
Dall'altro un'offerta troppo uguale a se stessa, e allo stesso tempo condizionata da mode e forse troppo spesso orientata allo spettacolo, all'innovazione formale non sempre motivata da questioni  di sostanza.
Speriamo che la ricerca aiuti gli addetti ai lavori a riflettere; e quindi aiuti a portare alla luce indicazioni e percorsi utili ad andare oltre queste angustie. E' possibile offrire una formazione in grado di rispondere al contempo agli indirizzi aziendali, alle esigenze del business e alle aspettative delle persone.


1 - Chi fosse interessato al Rapporto completo, può rivolgersi a E.S.T.E., via A. Vassallo, 31, 20125 Milano, 02914344 0, info@este.it .
Si ringrazia GKI (www.gki.it), in particolare nella persona del Presidente Renzo Silvestri, per aver reso possibile la realizzazione della ricerca.
La ricerca riguarda la Grande Impresa italiana. E' stata realizzata con un approccio quali/quantitativo.
Ricerca qualitativa: interviste a 16 Opinion Leader, rappresentativi degli operatori del settore:  Direttori del Personale, Responsabili Formazioni, Direttori di Business School e scuole di formazione, rappresentanti di associazioni di categoria, Docenti universitari.
La fase quantitativa, che ha coinvolto complessivamente 250 Grandi Imprese (definite tali secondo la definizione europea sopra riportata), si è svolta con l’utilizzo di due differenti tecniche di raccolta d’informazioni.
Una prima fase quantitativa, condotta con metodologia CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing) su un questionario strutturato ed ha coinvolto 200 imprese.
Una seconda fase quantitativa, condotta con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interviewing, con autocompilazione del modello informatizzato tramite collegamento telematico), ha coinvolto 50 imprese, invitate con mailing personalizzato a fornire approfondimenti ed una visione di maggior dettaglio.
La Ricerca è stata  presentata in occasione dell'Incontro/Confronto della serie Risorse Umane e non Umane, organizzato dalla rivista Persone & Conoscenze, che ha avuto luogo lo scorso 12 giugno 2008 (vedi www.este.it)

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