BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 22/09/2008

 

PER RICORDARE MASSIMO

di Francesco Varanini

Conoscevo Massimo Reggiani da trent'anni. E sì che ci eravamo conosciuti già adulti, sul posto di lavoro. Abbiamo condiviso un percorso di formazione formatori; tentativi ed errori; frustrazioni e cambiamenti; un allucinante, umiliante viaggio a Grosseto; gli stessi capi e gli stessi colleghi. Ci siamo scambiati idee, consigli e opinioni; in determinate situazioni, dicendoci cose che non avremmo potuto dire a nessun altro. Ci siamo trovati a commentare insieme gli incredibili successi e le repentine cadute di certi amici e conoscenti. Ci siamo osservati reciprocamente, curiosi di vedere, ognuno dei due, come l'altro si muoveva in questo strano territorio che è il mondo del lavoro. Ci siamo meravigliati insieme di come, nonostante tutto, eravamo andati avanti. Massimo, in una svolta difficile del mio percorso professionale, mi ha concretamene aiutato.
Dire che Massimo aveva fatto carriera corrisponderebbe al vero. Se non fosse che non ho conosciuto nessuno così poco orientato a 'fare carriera'. Come accade a molti, forse avrebbe voluto occuparsi di altro; lavoro intellettuale, studio, scrittura, lontano dal mondo dell'impresa e del business. Mondo istruttivo perché pragmatico, ma spesso anche arido, sordo alle emozioni, alle passioni, impermeabile all'umorismo e non di rado lontano dall'etica. Eppure il lavoro, sulla cui base costruiamo gran parte della nostra identità, lo si trova per strada. Ed è importante, soprattutto per noi stessi, e poi per gli altri con i quali e per i quali lavoriamo, imparare ad amarlo, il nostro lavoro. Così ha saputo fare in modo esemplare Massimo.
E così, restando sempre se stesso, spendendo bene i propri talenti ed andando oltre i propri limiti, non rinunciando mai a fare presente la propria opinione, ma senza mai alzare la voce, ha conquistato l'autorevolezza del leader. Un leader tacito, latente. L'organizzazione nella quale ha lavorato per vent'anni sarebbe stata molto diversa senza di lui. Eppure Massimo sceglieva di nuovo, ad ogni occasione, di restare un passo indietro. Nel ruolo di chi suggerisce, ammonisce, testimonia. Senza mai rinunciare al sorriso e alla satira.
In un mondo dove dominano furbizia, ipocrisia, e troppo spesso anche arroganza, si teneva nella condizione di chi dà sempre qualcosa di più di quello che riceve: per senso del limite, per salvaguardare al propria indipendenza, per rispetto di sé stesso. Eppure senza mai arrendersi o demordere.
Con questo atteggiamento negli ultimi anni ha affrontato la malattia, senza mai nasconderla, ma anche senza ostentarla. Semplicemente portandola con sé quotidianamente al lavoro.
Non so dire ora perché non c'è nessuno scritto di Massimo su Bloom. Cerco di ovviare ora pubblicandoarticolo di Massimo, uscito su Persone & Conoscenze due anni fa. (Massimo contribuiva a Persone & Conoscenze con saltuari articoli. Ma sopratuttoteneva una rubrica. E' stata, credo, dal primo numero al numero scorso, la rubrica più seguita: puntuale, arguta, sottile, ironica e talvolta malinconica).
Massimo era così, come credo appaia da quello che scrive. L'ho visto diventare via via più saggio. Più presente, ma anche sempre più consapevole testimone dell'esistenza di qualcos'altro. Consapevole testimone di un modo di vivere ben diverso da quel frenetico correre e agitarsi e misurare tutto in denaro che sembra essere diventato inevitabile stile di vita.
Riprendo qui alcune sue parole. “Le situazioni di otium possono dunque diventare, non un’alternativa secca all’organizzazione attuale e tradizionale della vita lavorativa, ma un arricchimento di quella stessa organizzazione, che coinvolge però tutta la persona (e non solo il 'sé lavorativo') e spesso anche i famigliari e gli amici più stretti. Una piccola rivoluzione 'soft', che, per ritornare a Cicerone, permette di in otio de negotiis cogitare et in solitudine secum loqui, di modo che duae res, quae languorem adferunt ceteris, illum  acuebant, otium et solitudo (l’ozio e la solitudine, le due cose che agli altri portano fiacchezza, ritempravano il suo spirito)”.
Massimo ci ha lasciati all'inizio di settembre.
Quelli che se ne vanno, spesso, sono i migliori. Coloro che portano con serenità e onestà i propri pesi, coloro che non scaricano sugli altri la propria insoddisfazione, i dolori e le responsabilità.

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