BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 25/10/1999

VIAGGIO CRITICO NELLE NEBULOSE REGIONI DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY

 di Francesco Varanini

L’Information & Communication Technology sempre più determina la forma dei modelli organizzativi e le modalità di controllo dei comportamenti organizzativi.

L’accrescimento dell’importanza si manifesta in intensità, ma anche in estensione. Il passaggio da Electronic Data Processing a Information Technology è già di per sé significativo: dal trattamento di dati al governo di informazioni. Ancora più significativo il passaggio da IT a I&CT: non solo il governo, ma anche la circolazione e la distribuzione delle informazioni.

Le stesse telecomunicazioni, intese in senso lato –telefonia, televisione, ecc.– sono ormai del tutto basate sulla digitalizzazione delle informazioni. Il core della tecnologia che governa le telecomunicazioni è un sapere totalmente interno al campo dell’I&CT.

Tramite le telecomunicazioni, tramite la miniaturizzazione dei componenti elettronici, l’I&CT esce dal mondo del lavoro e della produzione per allargare il suo dominio ad ogni momento della vita quotidiana.

Le relazioni sociali sono sempre più giocate tramite interfacce la cui progettazione è affare totalmente interno al campo dell’I&CT.

L’I&CT appare come un ‘sapere’ separato, affidato a ‘sacerdoti’. La difesa della ‘separatezza’ è delegata all’uso di sottocodici specialistici. Il sapere, e le modalità della sua diffusione e riproduzione sono di fatto affidati ad una casta chiusa. Il sottomondo è difeso da ‘gatekeepers’.

La produzione di cultura organizzativa, e nei fatti di modelli organizzativi (impliciti o espliciti) è in grande misura campo d’azione esclusivo degli specialisti/sacerdoti dell’I&CT. Non in virtù di una complessiva competenza (knowledge), ma in virtù del fatto che è da essi detenuto ‘in esclusiva’ un know how tecnico di per sé anche banale, ma tale da costituire ‘la chiave dell'arca’.

Contemplando ogni progetto di sviluppo una (sempre più rilevante) componente di I&CT, ogni progetto, a un momento dato, è di fatto espropriato alla sua guida naturale e ‘messo nei mani’ degli specialisti/sacerdoti dell’I&CT. A cui è affidato/concesso il compito di dire ‘cosa si può’ e ‘cosa non si può’ fare.

Svelare e demistificare l’operato degli specialisti/sacerdoti è un compito rilevante dal punto di vista sociale, politico –potremmo anche aggiungere: etico ed estetico–. Svelare e demistificare è inoltre immediatamente utile in ambito imprenditoriale: significa riportare nelle mani del management il governo dello sviluppo organizzativo.

Ciò sarà possibile solo conoscendo i sottocodici ed il know how tecnico dell’I&CT. Ricollocati in un contesto di sapere più vasto, sottocodici e know how appariranno nella loro miseria. Il ruolo degli specialisti/sacerdoti può per questa via essere ricondotto a dimensioni più congrue. Scelte alternative dichiarate inesistenti dagli specialisti/sacerdoti appariranno praticabili.

La produzione ed il controllo del ‘sistema di sapere codificato’ che caratterizza l’I&CT sta nelle mani di pochi produttori di software e di hardware, e di pochi fornitori di servizi: Microsoft, Intel, Ibm, Sap, Sun, Cisco, Eds, ecc. Il sistema è fondato sulla forza degli standard di fatto.

Standard di fatto sono ad esempio: il modello di mainframe di Ibm (hardware, sistemi operativi, modalità di gestione delle informazioni); il sistema operativo Windows di Microsoft; ma anche la modalità precodificata di intendere l’outsourcing imposta da Eds.

Gli specialisti/sacerdoti –anche di più alto livello– sono formati (dai produttori di hardware e di software e dai fornitori di servizi) per essere fedeli esecutori del verbo costituito dagli standard di fatto, quali che essi siano.

Tra gli standard di fatto che governano il mercato esistono notevoli differenze. I modelli organizzativi possibili, anche nell’attuale situazione di produzione e controllo del ‘sistema di sapere codificato’, sono molti. Esiste quindi anche nell’attuale contesto la possibilità di una progettazione organizzativa che vede l’I&CT non come vincolo.

Gli specialisti/sacerdoti non sono interessati a vedere questi spazi di libertà. Il peso del loro ruolo (rinforzato dalla formazione continua loro offerta da produttori di hardware e di software e dai fornitori di servizi) si fonda infatti sull’imposizione di vincoli e sulla negazione di possibilità.

Il software, l’hardware, gli strumenti di connessione e di relazionamento sociale portati sul mercato dall’industria dell’I&CT sono suscettibili di usi diversi. Si tratta, in fondo, di uno zoccolo tecnologico sul quale (tramite il quale) sono edificati sistemi organizzativi e –in senso lato– sociali. Pur con i vincoli imposti dagli standard di fatto, l’ampiezza dell’offerta è tale che è possibile edificare sistemi organizzativi diversissimi tra di loro.

Se i modelli proposti sono pochi, e sempre gli stessi, ciò è dovuto al fatto che i modelli discendono da scelte strategiche dei grandi produttori di hardware e di software e dei fornitori di servizi: vengono proposti –e talvolta addirittura dichiarati possibili– solo alcuni modelli, i più vantaggiosi per i produttori di hardware e di software e per i fornitori di servizi.

Se i modelli proposti sono pochi, e sempre gli stessi, ciò è dovuto alla miopia culturale e alla scarsa capacità di visione degli specialisti/sacerdoti. Miopia culturale e scarsa capacità di visione sono conseguenza delle scelte selettive e formative praticate dai grandi produttori di software e di hardware e dai fornitori di servizi.

Gli standard di fatto e le scelte hardware e software praticate dai grandi produttori e fornitori di servizi impongono vincoli. Ma lasciano comunque spazi per scelte innovative. Questi spazi sono occupati molto raramente.

Gli spazi ‘creativi’ comunque lasciati dagli standard di fatto e dalle scelte hardware e software praticate dai grandi produttori permettono (permetterebbero) di progettare modelli meno ‘uguali a se stessi’, ‘diversi’, rispettosi della cultura organizzativa e delle strategie aziendali.

Si sostiene che l’‘innovazione tecnologica’ è possibile solo per i grandi produttori di hardware e di software. Ciò non corrisponde a realtà: è possibile innovare combinando in modo diverso gli elementi dati: standard di fatto, software ed hardware disponibili. Ma gli specialisti/sacerdoti –per formazione, per interesse personale– lungi dal parlare di queste possibilità, le negano.

Di fronte ad un nuovo business, l’idea sarebbe rafforzata se sfruttasse appieno le potenzialità dell’hardware e del software. Vincolato dalla mediazione degli specialisti/sacerdoti, il responsabile del business sfrutta solo le potenzialità tecnologiche che a produttori di hardware e software interessa evidenziare.

La cultura scientifica occultata dietro i sottocodici ed il know how dell’I&CT è povera. Concetti e categorie logiche che gli specialisti/sacerdoti credono essere propri ed esclusivi del loro sottomondo, non sono che volgarizzazioni dello spesso sapere già e meglio coltivato da epistemologi, filosofi della scienza e del linguaggio, psicologi, etologi, ecc.

Tra il ‘sapere forte’ prodotto in Università e Centri di Ricerca ed il ‘sapere specialistico’ dell’I&CT esiste un legame debole. Rispetto all’area di sapere e di prassi che chiamiamo I&CT, l’insegnamento e la ricerca universitari relativi all’elettronica, all’informatica, all’ingegneria dei computer ecc. restano i) diversamente segmentatati e ii) lontani dalle applicazioni pratiche. Gli scambi ed i reciproci accrescimenti di conoscenza tra Università e Centri di Ricerca da un lato e produttori di software e hardware orientati al mercato sono, rispetto alle potenzialità, scarsamente fruttuosi. Ciò è particolarmente vero in campo europeo. Significativo il fatto che in Europa si parli di Informatica, e negli Stati Uniti –con più concretezza, e con maggiori connessioni con ciò che qui chiamiamo I&CT– si parli invece di Computer Science.

La letteratura relativa a informatica, Computer Science, sistemi informativi, singoli prodotti hardware e software, specifici servizi, è vastissima, anzi sterminata. In buona misura sta non solo in libri, ma anche in basi dati, il che dovrebbe favorire la diffusione e la ‘fertilizzazione incrociata’ delle conoscenze. Ma gli approcci conoscitivi delle diverse fonti sono spesso troppo lontani tra di loro, troppo diversamente focalizzati e ‘topicalizzati’. Ingegneria dei sistemi, scienze cognitive, teoria generale dei sistemi, intelligenza artificiale e via dicendo osservano l’oggetto da punti di vista spesso molto lontani tra di loro. E parallelamente cresce la grande massa di ‘sapere applicativo e derivato’: testi di documentazione, manuali relativi al singolo hardware o a singolo software, allo specifico servizio.

Tra il ‘sapere forte’ prodotto in Università e Centri di Ricerca ed il ‘sapere specialistico’ dell’I&CT esiste un legame debole. Gli scienziati difendono la loro libertà di azione dall’intromissione di specialisti/sacerdoti dell’I&CT meglio di quanto accade nel mondo delle organizzazioni produttive. Il ‘sapere forte’ usa per la propria produzione e riproduzione strumenti di I&CT, ma si tratta di strumenti specializzati o adattati.

Il governo degli sviluppo dell’I&CT è statunitense. Un qualche ruolo è stato conservato dal Giappone. L’Europa nel suo complesso –nonostante i tentativi di sostenere l’industria nazionale del settore, vedi in Francia Bull– è rimasta pressoché totalmente esclusa dall’innovazione.

Il sistema operativo Unix è l’esempio tipico di software nato, negli Stati Uniti, da Università e Centri di Ricerca. Modello logico e architettura di Unix sono certo superiori a modelli logici e architettura dei sistemi operativi che –sostenuti dal marketing e dalle politiche commerciali dei produttori di software e di hardware– si sono invece affermati come standard di mercato. Ma nei fatti le scelte dei produttori di hardware e di software hanno fatto sì che la penetrazione sul mercato di Unix resti bassa. Sul mercato non esiste Unix, esistono una serie di dialetti di Unix tra di loro alternativi.

Internet è l’esempio di come, negli Stati Uniti, da ricerche legate all’apparato militare industriale, da investimenti infrastrutturali governativi, possano emergere protocolli in grado di imporre la loro forza cogente, a spese degli standard di fatti promossi da produttori di hardware e di software e da fornitori di servizi.

Internet è l’esempio di come, negli Stati Uniti, da ricerche legate all’apparato militare industriale e da investimenti infrastrutturali governativi possa nascere un nuovo mercato di enormi dimensioni – ed al di là del mero mercato una Rete, un mondo virtuale che comporta nuovi stili di vita, nuove relazioni sociali.

Linux –sistema operativo basato sulle logiche di fondo di Unix– è l’esempio di come le nuove relazioni sociali e produttive rese possibili dalla Rete rendono possibili nuove forme di sviluppo, progettazione, produzione. Ed inoltre: nuovi modi di vedere la proprietà intellettuale, nuove forme di divisione del lavoro. Linux è free software, codice trasparente disponibile sulla Rete, implementato con il contributo volontario di sviluppatori riuniti in ‘comunità virtuale’.

Nel complesso, la sociologia, la storia, la filosofia dell’I&CT sono scarsamente studiate. Ciò è dovuto alla presunta ‘separatezza’ del sapere, ed alla difficoltà di leggere i sottocodici difensivamente diffusi da produttori di software ed hardware e difensivamente usati da specialisti/sacerdoti.

Le rivoluzioni tecnologiche succedutesi nell’I&CT sono frutto/conseguenza di rivoluzioni nei modelli organizzativi. In questo secolo, ad esempio: macchine a controllo numerico spingono in alto la professionalità dell’operaio di fabbrica; calcolatori di processo rendono possibile la gestione integrata di cicli di produzione complessi; l’automazione ridefinisce il lavoro d’ufficio; il mainframe impone l’idea di un governo centrale del sistema; il personal computer restituisce spazi di autonomia individuale; la rete locale impone nuove modalità di leadership e di guida degli uomini; Internet edifica un mondo virtuale parallelo, caratterizzato da sue proprie relazioni sociali e produttive; ecc.

Il gap europeo nel campo dell’I&CT –relativo all’innovazione, allo sviluppo, alla produzione– sembra irrecuperabile. Recuperabile sembra invece il gap europeo per quanto riguarda gli usi dell’I&CT. In questa direzione sembrano muoversi le politiche di sostegno della Comunità Europea. Le politiche si manifestano tramite progetti ai quali è possibile partecipare.

L’attività di progettazione e consulenza organizzativa è grandemente influenzata dall’I&CT. Le grandi società ‘globali’ di consulenza hanno faticosamente lavorato (o: stanno faticosamente lavorando) per recuperare il ritardo. Rileggere la propria vocazione utilizzando le logiche e gli strumenti dell’I&CT è operazione difficile e rischiosa. A partire da una forte presenza sul mercato, le quote possono essere difese ed anche incrementate, ma spesso a prezzo di un riposizionamento che vede le società di consulenza rinunciare al proprio ruolo strategico ed adattarsi ad un ruolo di implementatori ed applicatori di logiche definite dal software.

Il software Sap è l’esempio di come i modelli organizzativi sono ‘scritti nel codice’. Di fronte al Sap, anche una grande società ‘globale’ di consulenza, interessata alle quote di mercato prima che alla produzione di pensiero si ritaglierà un ruolo ancillare. Ciò non significa che non esista lo spazio per la produzione di pensiero, e quindi per una reale consulenza strategica.

Il Data Mining –la ricerca delle ‘informazioni latenti’, e delle ‘informazioni significative’ nell’universo ridondante e rumoroso dei dati disponibili– è l’esempio di un area di ‘intervento sul campo’ troppo importante per essere lasciata nelle mani degli specialisti/sacerdoti dell’I&CT. A ben guardare, l’efficacia di un lavoro di Data Mining è legata a subordinata a forti basi epistemologiche, e a approcci tipici della sociologia della conoscenza e della ricerca antropologica.

Il Knowledge Management è l’esempio di un campo di studio e di intervento –ovvero: di un modo di guardare le organizzazioni– che può/deve essere avvicinato attraverso un doppio percorso. Da un lato è ricerca fondata su approccio sociologico (sociologia della conoscenza, sociologia delle organizzazioni). Dall’altro è progetto teso alla sistematizzazione delle informazioni tutto interno al mondo dell’I&CT. Solo un avvicinamento fondato sul dominio di entrambi i percorsi di senso potrà produrre sapere adeguatamente fondato ed innovativo.

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