BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/02/2009

 

CHE COSA E' IL CLIMA. OVVERO LA FALLACIA DI UN PRODOTTO CONSULENZIALE E UNA LEZIONE DI STORIA DELLA CHIESA

di Francesco Varanini

Un amico, Ferdinando Azzariti, mi ha chiesto una prefazione per un libro di prossima uscita. Mi sono trovato perciò a riflettere: la strana storia della parola clima, la sua evoluzione, la pluralità di punti di vista sugli stati del mondo, i limiti ed i rischi prodotto consulenziale che chiamiamo 'analisi del clima'.
Ripercorrendo la storia della parola mi sono imbattuto in Galileo. E così -la scrittura è sempre governata da percorsi e da nessi che si impongono a chi scrive, imprevisti a lui stesso- mi sono trovato ad esemplificare parlando di una organizzazione esemplare: la Chiesa.
Rileggendo, non posso non notare ora la coincidenza con eventi legati all'attualità: con tutta la sua sapienza e la sua millenaria esperienza, il Papa, e in genere la Curia e i vertici vaticani, hanno mostrato una incredibile carenza nella capacità di leggere il clima. Ho in mente l'ultima copertina di Der Speigel, Benedetto XVI, le braccia aperte in magniloquente gesto, e il titolo: Der Entrueckte, 'avulso dalla realtà'. Non si è saputo comprendere il microclima della Fraternità S.Pio X, non si è compreso cosa aveva in mente il vescovo Richard Williamson. con gravi conseguenze per l'immagine della Chiesa.
E in questi ultimissimi giorni, le esternazioni ufficiali a proposito della difesa della vita, in che misura riflettono ciò che si pensa veramente nella Curia Romana? E in che misura le parole ufficiali riflettono il pensiero del popolo dei credenti? Quali diverse opinioni si  confrontano?
Forse Urbano VIII e Benedetto XVI, non sono così lontani come i secoli che li separano potrebbero fare supporre.
Resta in ogni caso la forte analogia: gran parte dei manager di vertice 'avulsi dalla realtà', incapaci di guardare i muri 'di carta e d'incenso'. O disinteressati a farlo.

In origine sta, a parlarci di una idea di 'inclinazione', la radice indeuropea kli-. Da qui in greco il verbo  klínein, 'piegare', 'provocare inclinazione'.
In latino, per esempio, clivus, 'pendio', 'salita'; declinatio,'piegarsi obliquamente'. Dal greco klíma,  'inclinazione', la voce dotta tardo latina, clima, e quindi nel 1100 il francese climat e nel 1200 l'italiano clima.
Dall'idea ampia di 'inclinazione'  si passa, in senso tecnico, all'inclinazione della terra rispetto al sole, e quindi all'inclinazione della terra dall'equatore ai poli: secondo il paradigma tolemaico, si definiscono climi le sette zone, o fasce, in cui si immaginava divisa la superficie terrestre (e in corrispondenza la volta celeste). Così Petrarca, nella rima CXXXV del Canzoniere,parla di “stranio clima” per dire 'lontano paese'.
Dall'idea di 'regione', il senso si sposta verso la situazione ambientale che rende la regione più o meno adatta ad essere abitata dell'uomo. Si specificava: clima fisico - dipendente, oltre che dalla latitudine, dalla posizione rispetto ai mari ed ai fiumi. Perciò Torquato Tasso, nella Gerusalemme Liberata (XV, 31) può dire che “né l' minaccevol fremito del vento,/ né l'inospito mar, né 'l dubbio clima” possono frenare “il volo audace” di Cristoforo Colombo.
La Gersalemme Liberata, conclusa nel 1575, è  pubblicata, senza l'autorizzazione dell'autore, tra  il 1580 e 1581.
Passano cinquant'anni e ritroviamo il clima, in una accezione più vasta,in un'altra opera famosa.
Il Dialogo dei massimi sistemi di Galileo è finito di stampare il 21 febbraio 1632 dal tipografo G. Giovan Battista Landini di Firenze.
A onor del vero non possiamo sostenere che la parola sia uscita dalla  penna dello scienziato. Compare infatti nel Proemio indirizzato al “Discreto lettore”, proemio che fu largamente rimaneggiato da Padre Mostro, cosiddetto per l'obesità e forse anche per la rara abilità nell'argomentare, al secolo padre Niccolò Riccardi, domenicano, maestro del Sacro Palazzo Apostolico.
Nel Proemio, nel tentativo di rendere accettabile alla Chiesa il paradigma copernicano, si sostiene che nell'ambiente della Corte Papale non si vedeva conflitto tra Scritture e scienza. Leggiamo: “escono da questo clima non solo i dogmi per la salute dell'anima, ma ancora gli ingegnosi trovati per delizie degl'ingegni”.
Ecco qui nascosti gli inganni di tante analisi del clima. Padre Mostro e Galileo sapevano bene che
“questo clima”, potremmo dire l'aria che si respirava in quei giorni alla Corte Papale prometteva tempesta. I pronostici foschi erano del resto condivisi da illustri analisti. Già l'11 dicembre 1615, Piero Guicciardini, scrivendo al duca di Toscana, Cosimo II, di cui era ambasciatore a Roma, notava acutamente che “questo non è paese da venire a disputare sulla luna, né da volere, nel secolo che corre, sostenere né portarci dottrine nuove”.
Guicciardini aveva la vista lunga. Si sa infatti che la lettura del clima di Galileo e di Padre Mostro si rivela una pia illusione. il 25 luglio di quello stesso 1632 lo stesso Padre Mostro scrive all'Inquisitore di Firenze per impedire la diffusione del Dialogo. Il 23 settembre il Papa -Urbano VIII, che pure in altri tempi era stato dalla parte di Galileo, e forse lo stimava ancora- ordina che si disponga perché sia a Roma entro ottobre. Il primo ottobre l'Inquisitore trasmette l'ordine a Galileo. Galileo, il 17 dicembre, inoltra a Roma un certificato medico. Ma il 30 il papa ordina che si scriva all'Inquisitore di Firenze di indurre lo scienziato a partire, pena l'invio di “un commissario con medici a pigliarlo”, e a condurlo alle carceri del Sant'Uffizio “legato anco con ferri”.
Non c'è bisogno di ripercorrere le tappe del successivo drammatico processo. Questa breve cronaca basta ad ammonirci. Ci ricorda come il clima cambi rapidamente. E come il clima possa essere letto diversamente da attori diversi, e anche, nel corso di archi di tempo anche brevi, dagli stessi attori.

Immaginiamo un consulente, con il suo bell'armamentario metodologico, intento a rilevare il clima della Corte Papale e della Curia Romana.
Chi intervisterà? Solo alti prelati? Anche il basso clero? Anche la nobiltà romana? Anche il popolino? Si terrà conto del parere di Guicciardini, o lo scarterà, perché ormai sono passati oltre quindici anni? Quindici anni sono molti, eppure in questo caso l'opinione è ancora attuale. Ma come si determina l'attualità dell'opinione. E come si segue la rapida evoluzione nel tempo delle opinioni di una singola persona, di un gruppo di attori, e come si ricostruisce la mappa dei gruppi contrapposti. E come si individuano i gruppi: si sceglieranno come tali le aggregazioni formali della burocrazia vaticana –le congregazioni– o si preferirà invece cogliere da una parte l'opinione dei romani e dall'altra dei prelati forestieri? Si potranno usare in sovrapposizione queste due diverse segmentazioni dell'universo? E come e chi definirà il campione rappresentativo dell'universo?
Che approccio si adotterà caso per caso: metodi qualitativi o quantitativi? Interviste personali, focus group, e –al giorno d'oggi– e-mail e questionari web based? E come definire gli standard in base ai quali raggiungere quel tipico scopo dell'analisi del clima, che è la misurazioni degli scostamenti nel tempo?

L'analogia non è peregrina. Possiamo assumere che solo se l'approccio è adeguato a sondare il clima  della Curia Romana, solo allora è adeguato anche per sondare il clima di una qualsiasi impresa o organizzazione. Difficile in entrambi i casi definire il campo d'indagine e interpretare i fenomeni.
Difficile decidere, insomma, cosa, dove, quando, andare a guardare.
Prendiamo l'esempio di una tipica situazione organizzativa che ha attraversato tutta la storia del Papato: il nepotismo. “La tendenza a dar favore ai congiunti, senza aver molto riguardo ai loro meriti, naturale e assai comune in chi ne abbia, in qualsiasi campo, il potere”. “Fu detta nepotismo, perché il favore dei papi si rivolse di preferenza ai nipoti”, precisa un noto storico della Chiesa, Giovanni Battista Picotti.
Lo storico ci aiuta a comprendere come il nepotismo non sia di per sé un comportamento riprovevole. In origine, anzi, è una scelta fondata su ragioni comprensibilissime. I Papi –così come oggi molti Amministratori Delegati e Presidenti– isolati, privi di fiducia “nei baroni e signori dello stato papale”, e “fin negli ecclesiastici di curia e nei cardinali”, “nell’ufficio loro nuovo e di solito breve, innanzi a mille insidie e pericoli”, sono portati a cercare appoggio in uomini legati a loro da vincoli preesistenti e inerenti la sfera personale.(1)
Il rischio è presto evidente. Non sempre alla fiducia si accompagnano le capacità. Picotti ci ricorda di quando Pio IV pose a capo della segreteria un giovanissimo nipote: fu solo per grande ventura che questo si rivelò all’altezza, e fu il santo cardinale Carlo Borromeo.
Ma l’aspetto più nefasto del nepotismo è la nascita di una dinastia: l’incarico temporaneo affidato, per individuale merito, a una persona, genera una famiglia destinata a vivere di rendita. Di qui, nota lo storico, “sperpero di denaro” e “gravezza dei pesi che venivano a ricadere sui sudditi”. “Vergogna e danno” con i quali siamo costretti a convivere anche ai giorni nostri.
Il nepotismo ci appare come caso esemplare di comportamento organizzativo non codificato, eppure specialmente ricco di conseguenze; tipica situazione che sarà letta in modo differente dai diversi attori. Perciò, tipico tema che un'analisi del clima dovrebbe saper osservare. Cosa se ne pensa? Come il nepotismo influisce sul vissuto quotidiano dell'organizzazione?
Torniamo, di fronte a questo esempio, alle delicate questioni di metodo. L'analisi del clima dovrà tener conto, o no, delle voci di corridoio che spettegolano a questo proposito? Se è difficile per lo storico la scelta: tener conto o no delle notitiae, -'cose già note', 'voci di corridoio', oggi diremmo gossip, 'idle talk', chiacchiere in apparenza vuote-, se questa scelta è difficile per lo storico, è difficilissima per chi intende 'analizzare il clima'. Le notitiae, credo, non potranno essere trascurate. Ma come inquadrarle in un contesto, come interpretarle? Come seguire il loro evolversi nel tempo?

A ben guardare, il nepotismo ci appare vicino all'analisi del clima anche per altri motivi. In entrambi i casi, si tratta di scelte manageriali fondate sulla consapevolezza del manager di non conoscere veramente la propria organizzazione.
Chi guarda le organizzazioni da lontano, dall'esterno, è portato a pensare che chi governa conosca veramente quel mondo che è chiamato a guidare. Immaginiamo che le decisioni siano prese a ragion veduta, sulla base di una profonda conoscenza delle cose e degli uomini. Ma più conosciamo le organizzazioni da vicino, più sappiamo che non è così. Don Milani parlava dei vescovi chiusi tra muri “di carta e d'incenso”, e quindi incapaci di comprendere come va il mondo. A maggior motivo il Papa. E così la grande maggioranza del Presidenti, degli Amministratori Delegati e dei dirigenti di vertice.
Se questa è la situazione, si finirà per fidarsi di poche persone, legati a noi da vincoli che niente hanno a che fare con i ruoli aziendali. E si finirà per ritenere necessarie analisi del clima realizzate da esperti.
Così, come il nepotismo surroga il proprio agire del dirigente con l'agire di un collaboratore che si spera fedele, così l'analisi del clima surroga la lettura del mondo del manager con la lettura che emerge da un metodo di ricerca – un metodo che si spera adeguato all'oggetto di indagine.

Facile da dire a parole, ma difficile da mettere in pratica, il comportamento alternativo. Niente impedirebbe al Papa, al Vescovo, al manager, niente impedirebbe loro di scommettere sulla propria capacità di conoscere gli uomini e di leggere le situazioni – il muro di carta e d'incenso può essere abbattuto prendendo l'abitudine a osservare, conversare, girare per il mondo e per i corridoi e fermandosi per strada e alla macchinetta del caffè, uomo tra gli uomini.

Se invece guardiamo le cose dal punto di vista del consulente che accetta la committenza, e assume quindi su di sé l'onere di far vedere al manager ciò che il manager non è stato in grado di vedere, o ciò che il manager non ha voluto vedere, se guardiamo le cose dal punto di vista del consulente, dobbiamo dire che -quale che sia il metodo adottato- ciò che è veramente in gioco è l'atteggiamento etico.
E' d'uopo ricordare che non tutti i consulenti sono dotati dell'acume e della libertà di pensiero di Piero Guicciardini. Frequente è il caso di consulenti che, nel restituire l'immagine del clima, si preoccupa innanzitutto, o esclusivamente, di offrire al committente l'immagine che il committente  vorrebbe vedere.


1- Giovanni Battista Picotti, Enciclopedia Treccani, 1929-1936, voce: Nepotismo.

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