BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 12/10/2009

 

INVESTIRE SU SE STESSI, FARE DA SOLI

di Francesco Varanini

Nella situazione che il mercato del lavoro ci impone di vivere, credo che l'investire su se stessi, sia sempre più importante. Anzi, basilare.
La notizia cattiva è che oggi ognuno di noi è molto solo: la relazione di aiuto, di cura, sembra 'passata di moda'. Questo vuol dire che, sia pur con molte meritevoli eccezioni, le Direzioni del Personale fanno meno di quanto potrebbero o dovrebbero.
La notizia buona è che sono cresciute enormemente, rispetto anche a pochi anni fa, e crescono sempre di più, le possibilità di 'fare da soli'.
Anche quando nessun altro investe su di me, anche chi avrebbe la responsabilità di occuparsi del mio sviluppo -la Direzione del Personale dell'azienda in cui lavoro, enti pubblici in momenti di disoccupazione-, anche quando qualsiasi soggetto che dovrebbe fare qualcosa per me non lo fa, non fa nulla, mi resta comunque una possibilità: fare da solo.
Investire su se stessi  vuol dire, usare gli strumenti che oggi il Web offre, strumenti ricchissimi, in grande parte gratuiti, per acquisire conoscenze, formarsi, riqualificarsi, cercare occupazione.
Ognuno ha i suoi tempi e forzarsi nel modo di apprendere, nel modo di acquisire conoscenza è un atteggiamento irrispettoso di se stessi e comunque poco produttivo. Se mi occupo di me, se mi prendo cura di costruirmi un mio bagaglio di conoscenze, almeno un vantaggio ce l'ho: posso muovermi in modo che mi è consono, al di fuori delle rigidità dei programmi, di ciò che mi impone qualcuno che pretende di sapere meglio di me quello che mi serve. Piuttosto sono centrali la curiosità, la capacità di capire in che direzione muoversi, la capacità di connettere tra di loro fonti diverse, argomenti apparentemente lontani.
La scuola e l'università si basano su programmi, sull'adattare la persona a un modello. Scuola e università si fondano sull'idea che sia impossibile, e che comunque sia dannoso 'fare da soli'. Il Web, invece, ci propone strumenti per 'fare da soli', costruire per noi conoscenze, al di là di ogni impedimento. Naturalmente, non ha senso rifiutare per questo di 'andare a scuola', ma dovremmo sempre considerare che i migliori maestri, per noi, siamo noi stessi, o lo sono persone che incontriamo lungo il cammino e che, al di là del ruolo formale che hanno, noi eleggiamo come maestri.
Si tratta di accettare di essere diversi da ogni altra persona. Non di colmare un deficit rispetto a un  modello già dato.
Ognuno di noi guarda il mondo e cerca di costruire il proprio presente ed il proprio futuro. Il punto di vista di ognuno di noi è diverso, ha punti di partenza ed obiettivi differenti. Assumere come propri obiettivi altrui non è costruttivo, E' il contrario dell''investire su se stessi'.
Bisogna conoscere se stessi ed avere rispetto di se stessi. Sentirsi carenti perché non riusciamo ad essere una persona che non riusciremo ad essere, non è costruttivo. Questo non significa in nessun modo rinunciare a 'puntare in alto', rinunciare ad essere ambiziosi. Fare da soli significa seguire un proprio percorso. Evitando di colpevolizzarsi e di sentirsi sminuiti per la distanza che resta tra il progetto che siamo in grado di perseguire ed ogni modello 'esterno', dato a priori. Conta avere un proprio 'percorso', non 'fare carriera'. Il percorso è mio, la carriera è correre verso una meta che non sempre è una 'crescita'. Significa semmai mettersi nell'atteggiamento di accettare l'imprevisto: saper cogliere il momento, vedere 'ciò che capita', cogliere il momento, accettare di 'navigare a vista'.
Perciò, al di là di quel poco che il mercato del lavoro sembra disposto a vedere, abbiamo interesse a mostrarci per quello che siamo. Uno spazio per noi lo troveremo non conformandoci a criteri astratti di eccellenza, ma  a partire dalla nostra diversità.
Se nessuno si occupa di me, me ne occupo io, mi preoccupo della mia formazione, coltivo i miei interessi. Si dovrebbe anche avere fiducia in se sessi, pensare che si aprono 'finestre', opportunità inattese, e che non le sappiamo vedere.
E poi non dovremmo vergognarci di dire che lavorare ci piace comunque, che lavorando realizziamo noi stessi. Il lavoro può essere bello, per noi, anche se nessuno ci dice bravo. Lavorando, in ogni caso, coltiviamo la nostra dignità personale. Se non accetto il lavoro che faccio ora, è difficile che sappia trovarne uno migliore.

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