BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 09/11/2009

 

PLAFOND

di Francesco Varanini

Plafond: 'Surface horizontale qui limite intérieurement una salle dans la partie superieure'. Più dell'italiano 'soffitto', o 'tetto' mi pare l'espressione mantenga un trasfondo simbolico. Il plafond esiste e limita, ma in qualche modo non esclude la vista del cielo: “Je navigue à sept cent cinquante mètres d'altitude sous le plafond  de lourds nuages” Antoine de Saint-Exupèry.
Da molto tempo ho in mente questa parola, plafond. Riassume per me un tipo ideale, una figura sociale. Ognuno di noi conosce qualcuno che ha 'raggiunto il suo plafond', e del resto si tratta di un monito per ognuno di noi. Non dovremmo mai dimenticare di farci questa domanda: 'ho ormai toccato il mio plafond?'.
Pensiamo a quante persone abbiamo conosciuto nel corso degli anni, persone che ci sono parse incamminate lungo un percorso di successi. Persone in carriera, persone già affermate. Amici, conoscenti e colleghi che 'ce l'avevano fatta', che godevano di riconoscimenti e di gratificazione, che apparivano solidamente inseriti in circuiti importanti. Credo che ognuno di noi ha provato sorpresa, persone con cui avevamo condiviso tappe della vita, persone con le quali avevamo condiviso esperienze e confidenze e sogni, e che ora improvvisamente avevano svoltato, avevano imboccato il bivio giusto, avevano salito la scala, ed apparivano lontanissime, e sembrava camminassero sempre più velocemente, istante dopo istante più lontani, più avanti.
Oltre la sorpresa, qualcosa di più: ho provato, e credo sia una sensazione non solo mia, una sorta di invidia per questi conoscenti magari anche coetanei, o anche più giovani, persone alle quali eravamo stati vicini, e che ora vedevamo separati da noi da distanze siderali, lanciati in luminose carriere, di casa ai piani dirigenziali, accolti in salotti esclusivi.
Persone prima vicine ora diventate dirigenti nell'azienda in cui entrambi si lavora, persone conosciute che pubblicano libri, vincono premi, persone conosciute ora in Parlamento.
Veniva in quei momenti da chiedersi: cosa hanno più di me? Perché loro sì e io no? Dove ho sbagliato, in cosa lui è diverso da me?
Osservare queste persone che erano state vicine, ed ora così lontane, mi è sempre parso un buon modo per scrutare l'essenza del potere: conoscendo le persone, era possibile osservare con attenzione le differenze. Osservano in queste persone conosciute come era cambiato il tono di voce, lo sguardo, come era cresciuta la sicurezza, come cresceva un certo atteggiamento rispetto alle regole: le regole non sono quelle che appaiono, solo chi ha potere sa quali sono veramente le regole, fin dove ci si può spingere.
Badate, non esprimo qui un giudizio: ricordo solo il cambiamento, e ciò che il cambiamento in queste persone mostrava. Così, c'era da imparare. Non tanto dalle persone, che via via apparivano più lontane. Ma dal loro cambiamento.
Ma non è questo l'aspetto più interessante di ciò che può essere osservato. Torno così al plafond. Perché il tempo passa. E spesso la fama di questi conoscenti si rivela, con il senno di poi, un falò che dura lo spazio di un mattino.
Passa il tempo, e di quelle persone non si è più sentito parlare. Accade spesso che siano fermi al punto nel quale erano tanti anni fa, quando ci parevano lanciati in una carriera irrefrenabile. Fermi allo stesso punto di allora; quando non tornati indietro, con una carriera a rovescio, carriera del gambero.
Certo, c'entra il fatto che io, con il mio passo, sono andato avanti. Ma non è solo questo. Credo si possa dire così: questi conoscenti -come ognuno di noi- hanno raggiunto il loro plafond. Oltre lì, non sono potuti andare.
Il plafond, dunque, può essere intesa come la massima manifestazione delle capacità lavorative di una persona. Come l'apice raggiungibile per ognuno.
Può sembrare in apparenza una categoria vicina al Principio di Peter. Trovo il Principio di Peter una cosa seria: la carriera di ognuno va avanti fino al momento in cui la persona non sarà più in grado di svolgere adeguatamente i compiti assegnatigli. Da quel punto in avanti la crescita si blocca. Ha raggiunto il massimo della sua carriera. Per cui ecco l'assunto: in ogni gerarchia, un dipendente tende a salire fino al proprio livello di incompetenza.
Ma nel principio di Peter si guarda essenzialmente alle radici dell'inefficienza organizzativa. Il principio vuole trovare ragione del perché posizioni chiave sono occupate da incompetenti, persone in grado di creare più problemi di quanti sappiano risolverne. Qui invece non è in gioco l'inadeguatezza, l'incompetenza. L'organizzazione, con i suoi paradossi, non c'entra. E' in gioco, nuda e sola, la persona, intesa dal punto di vista del proprio potenziale. La persona, quale che sia il contesto organizzativo in cui si trova, ha carte da giocare, ha cuore e mente per arrivare fin lì, non oltre.
Il plafond, ancora, può sembrare categoria vicina al burn out. Burn out: l'esito dello stress psicologico legato a professioni che impongono atteggiamenti di servizio, o comunque impegno, dedizione, allontanamento da se stessi. Di qui depressione, cinismo, inefficienza. La persona è bruciata, costretta a uscire dal gioco.
Ma nel burn out è in gioco una precisa sindrome, un quadro clinico sia pur vasto e sfumato: vi rientra anche, credo, quello che si chiamava imprecisamente, ma efficacemente 'esaurimento nervoso'. E comunque nel burn out uno non ce la fa più, è costretto a chiamarsi fuori da una incapacità soggettiva a far fronte, incapacità che si manifesta di solito in modo traumatico.
Qui, nel plafond, invece, nessun trauma, e neanche nessun conflitto personale. Solo un avvicinarsi asintotico ad un limite che si rivela, giorno dopo giorno, soggettivamente insuperabile. Non è nelle corde della persona andare oltre.
A pensarci ora, la rappresentazione geometrica della curva che si avvicina alla retta senza mai raggiungerla mi pare renda bene l'idea. La retta sovrastante è il plafond.
Da ogni asintoto, certo, si potrà imprevedibilmente uscire con un flesso. Lo auguro a me stesso e a chiunque altro. Anche lì dove sembra che ormai non ci sia speranza, un guizzo repentino, una botta di vita può portare aldilà. Ma non possiamo nascondere l'evidenza: ognuno di noi ha sotto gli occhi casi evidenti di conoscenti e di personaggi famosi fermi lì: hanno raggiunto il loro plafond.
Il plafond appare manifesto guardando all'evolversi della carriera. Ma a ben guardare la carriera non è che una conseguenza, riguardando il plafond la complessiva crescita personale, l'affermazione del sé. Il prendere ognuno, per sé, il proprio spazio nel mondo.
Il plafond di ognuno, va notato, ha una sua specifica dimensione temporale. Chi lo raggiunge in giovane età, ben prima dei trent'anni. Chi in stagioni successive. Ma ognuno ha fatalmente il suo.
Così, credo che sia esperienza comune aver osservato le 'magnifiche sorti e progressive' di amici e conoscenti fermarsi a quel punto. Il plafond non è un soffitto di duro cemento, ma non è neanche un soffitto di vetro, non è un confine esterno alla persona. Si tratta semmai, per tornare alle parole di Antoine de Saint-Exupèry, di lourds nuages che incombono su quella persona, solo su quella persona, impedendogli di andare oltre.
Così ci è dato da osservare -e ritengo questo un conforto che ognuno di noi si merita- persone 'in carriera', persone che magari avevamo invidiate, ormai irrimediabilmente ferme. Persone che vedevamo correre avanti, ora sono ferme alle nostre spalle.
Considero la categoria del plafond un buon argomento per affermare l'importanza del lavoro su di sé. Da un lato ci è dato da osservare il manifestarsi plafond degli altri. Dall'altro lato c'è la riflessione su noi stessi. Perché solo io so se ho raggiunto il plafond, oppure se, nella crescita personale, sono solo temporaneamente fermo.
Così il plafond riguarda, per ognuno, sia il lavoro su di sé che la lettura del mondo.
Ma al contempo, credo, il tema del plafond che contraddistingue ogni persona costituisce un serio ambito di riflessione per coloro che professionalmente si occupano di Direzione del Personale.
Di ognuno, me stesso compreso, qualcuno potrà dire: 'ha raggiunto il suo plafond'. Sta ad ognuno di noi dimostrare che non è vero.

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