BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 15/03/2010

 

ASSOCIAZIONI

di Francesco Varanini

Associazione: in questo momento di disgregazione sociale e di dubbio e di crisi, e di passaggio verso qualcosa che non sappiamo bene cosa sarà, in questo momento di evidente crisi dei modelli di impresa e di azienda, trovo sia importante ripartire  dall'origine.
L'origine è il sorgere, l'etimologia ci parla del tema or-, da cui il latino oriri, da cui oriente. Qualcosa che non c'è non c'è emerge qui ed ora, in questo istante, sta a noi vedere e coltivarle. 
Qui ed ora, in questo istante, scelgo di fare qualcosa non da solo, ma  con altri. Ognuna delle persone con cui mi metto a fare qualcosa è un socio, socius, dalla radice sekh, sanscrito sakha, 'compagno'.
Qui, chiaramente, siamo nel campo della gratuità. Radice gwere, 'cantare inni di lode'. Fare insieme per vedere cosa succede, costruire ricchezza futura, con pieno investimento, ma, in fondo, senza vincolo di scopo, senza restrizioni. Speranza di un ritorno, di una restituzione dell'investimento, che è inanzitutto affettivo. Ma in assenza di scopo inteso come bersaglio, obiettivo da raggiungere.
Si fanno cose insieme, in associazione, per il piacere di state insieme, e per vedere cosa succede se invece faccio cose con te e con te e con te.
La società è caratterizzata, già in origine, dall'esistenza di strutture e di relazioni gerarchiche, l'associazione nasce senza struttura, senza gerarchie, nasce per rinascere in libertà giorno dopo giorno. Parallelamente, lucro, inizialmente 'guadagno' in senso lato, subisce un peggioramento di significato: finisce per designare il risultato di un affare. Fino a rimandare all'idea di speculazione e di usura.
Dunque -e torno all'inizio- il destino della società, per azioni o a responsabilità limitata, finisce per celebrare il risultato economico, il denaro guadagnato. Nella società si è diseguali fin dall'inizio: ci si accanisce fino al dettaglio nel misurare le rispettive quote, e del resto, si sa, nemmeno le quote sono tutte uguali: nelle società ci sono sempre soci che contano più degli altri. E le società hanno per definizione scopo di lucro.
Così, più degenerano le società, più i loro meccanismi di funzionamento ci appaiono opachi ed ingiusti; più le società ci appaiono luoghi dove, anziché creare ricchezza, anziché valorizzare i talenti di ognuno, si sfrutta e si impone in comando e si asserve il lavoro di tutti ad interessi di parte; più abbiamo bisogno di associazioni.
Luoghi che ospitano persone diverse -perché ognuno è rispettato per quello che è- e uguali -perché ognuno conta allo stesso modo. Luoghi dove alimentarci, luoghi dove attingere esperienze e conoscenze, luoghi dove riversare in piena libertà le nostre esperienze e le nostre conoscenze. Luoghi dove vivere in libertà, da pari a pari. Luoghi fondati sul lavoro volontario, sulla gratuità, sul piacere di stare insieme.
Così vorrei che fossero le associazioni alle quali appartengo.
Vorrei che fossero chiari i processi di associazione, i criteri in base ai quali ci si può associare: essere ammesso in un gruppo di amici non può mai essere dato per scontato. Una associazione dove alla fin fine chiunque può essere ammesso, e per diventare soci basta pagare, versare una prefissata quantità di denaro, forse, si sta già allontanando dall'essere una associazione.
Vorrei che le associazioni vivessero lontane dall'ansia di aumentare il numero dei soci: i veri amici, i compagni di una vita, sono forse molti? Compagni e amici si incontrano per strada, non posso dire quando e come. 
E vorrei anche le associazioni non subordinassero mai il loro funzionamento alla disponibilità di denaro. A cosa serve il denaro se l'associazione si fonda sul lavoro volontario e sulla gratuità? 
E' forse migliore una associazione che dispone di molti fondi? E' sempre indispensabile disporre di molto denaro per organizzare incontri fruttuosi? Forse un incontro vale se costa molto denaro?
Se io vado per stare insieme ad amici e compagni -stare insieme sia parlando che ascoltando-, mi pago il viaggio, mi faccio carico delle spese di vitto e di alloggio. E' così sicuro che l'incontro deve essere subordinato al pagamento di quote di iscrizione? Siamo certi che non si possa fare altrimenti?
Non conviene forse fare un passo indietro, non conviene forse liberare per quel che si può le associazioni da gerarchie e controlli e vincoli economici?
Se associazioni che tendono ad assomigliare a società, o che si danno meccanismi organizzativi simili a quelli delle società, perdono il loro senso. Grave perdita proprio oggi, in tempi in cui abbiamo bisogno di libere e costruttive associazioni.

  

Pagina precedente

Indice dei contributi