BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 10/01/2000

Il Millenium Bug e la piccola Piccola Impresa

di Francesco Varanini

Non avevo intenzione di parlare ora di questo argomento – troppe parole si sono sprecate sul tema – ma partecipo ad un gruppo di discussione animato da piccoli imprenditori lombardi, e non posso non aggiungere il mio a una serie di messaggi circolati nei primissimi giorni nell’anno.

“Mi auguro che abbiate iniziato il nuovo anno nel migliore dei modi e senza alcun problema derivante dal malefico Millennium Bug, del quale comincio a pensare si tratti di una sorta di leggenda metropolitana”. “Anche la mia azienda in questi giorni si sta chiedendo che cosa sarebbe successo se non avessimo fatto niente!”. “Vorrei sollevare un po’ di polverone sulla questione Millenium Bug, anche a costo di sembrare ridondante rispetto alla pubblicità che ne stanno già facendo i Media. Non so se si debba parlare di più di un flop giornalistico o di un successo delle società di consulenza o forse di tutti e due questi aspetti, ma ciò che più mi sembra interessante da valutare è cosa sia effettivamente successo nelle nostre aziende e come si presenteranno i prossimi mesi”.

Non ci soffermiamo qui troppo su una valutazione generale – anche se di cose da dire che ne sarebbero.

§          Chi ha causato la situazione di rischio (i grandi produttori di software, a partire da IBM), sono gli stessi che hanno tratto maggiore profitto dalla situazione di rischio. Non diciamo che l’‘abbiano fatto apposta’, ma si può sostenere che si sono rinviati nel tempo interventi che potevano essere fatti con decine di anni di anticipo, e in ultimo si è speculato sull’urgenza e sulla paura.

§          Il timore di una catastrofe non era probabilmente infondato. Ma si può sostenere che a far rischiare la catastrofe non era solo l’inadeguatezza del software; fonte di gravi disfunzioni avrebbe potuto essere anche la massa di interventi, spesso disordinati ed incoerenti, messi in opera per fronteggiare il rischio.

§          È possibile dare una lettura socio–antropologica del fenomeno. Gli esperti di I&CT sono i sacerdoti di una religione scarsamente conosciuta dal ‘popolo’, una religione necessaria ma temuta. Senza la mediazione dei sacerdoti è impossibile governare le informazioni (anche le informazioni nostre, proprietarie). I sacerdoti proteggono il loro potere attraverso pratiche incompressibili ed astrusi riti. Il loro comportamento, in chiusura del millennio, è per molti versi simile a quello dei monaci che in chiusura del millennio precedente predicavano l’imminenza di immani catastrofi.

Prescindiamo pure, dopo questi accenni, da un discorso sui massimi sistemi. E guardiamo la questione dal punto di vista della piccola impresa.

La grande impresa aveva al suo interno le risorse e le competenze per anticipare ed affrontare il rischio. Di più: si può dire che le grande imprese, con la loro inazione protratta per anni, sono stata causa della situazione di rischio. Invece la piccola impresa –di fronte a questa situazione, ed in genere di fronte a tutto ciò che riguarda l’Information & Communication Technology– è, salvo eccezioni, ‘nuda’ e impotente. Costretta a subire consigli, imposizioni, scelte –con tutto quello che ne consegue in termini di tempo e di costi dedicati– senza la possibilità di comprenderle e di rapportarle alle reali esigenze dell’impresa, alla propria strategia.

Il caso del malefico bachetto è quindi interessante perché porta alla luce una situazione nota, di fronte alla quale poco si è fatto – perché ci si sente in difficoltà, non si sa da che parte partire per trovare una risposta adeguata.

Credo si possa porre la questione in questi termini.

*      Portando all’estremo il discorso, l’investimento complessivo in I&CT rischia di essere, per la Piccola Impresa, una ‘tassa’ subita passivamente: qualcosa che ci si deve fare, ma che non si bene perché si fa, e che ha un costo incontrollabile.

*      Eppure per la Piccola Impresa l’I&CT è una risorsa chiave. Perché è potenzialmente in grado di azzerare lo svantaggio competitivo legato alle piccole dimensioni.

*      Ma l’I&CT può essere risorsa chiave solo se hardware, software, architettura generale sono pensati in modo coerente con la cultura e le strategie dell’impresa.

*      Questa coerente ‘rilettura’ della strategia aziendale ‘dal punto di vista’ dell’I&CT avviene di rado, ed in misura spesso solo parziale. Perché l’imprenditore –e non si può fargliene una colpa– salvo eccezione conosce scarsamente il mondo dell’I&CT. È costretto quindi a ‘prendere per buoni’ suggerimenti ed indicazioni. Muovendosi tra due estremi ugualmente pericolosi. Da un lato l’esperto di fiducia, buon conoscitore delle caratteristiche e della strategia dell’impresa, ma non di rado frenato dalla propria esperienza, poco capace di vedere nuove opportunità e di stimolare l’innovazione. Dall’altro la pioggia di offerte provenienti dal mercato dei fornitori. Che ora, finita la pacchia del baco e dell’euro, sempre più volteggeranno minacciosi sulla testa dei Piccoli Imprenditori. Proponendo offerte diversissime tra di loro da un punto di vista tecnologico e dal punto di vista dell’investimento richiesto (spesso spropositato). Offerte che tendono a convincere che sia necessario qualcosa che non lo è. Offerte che prescindono quasi sempre da una attenzione alle strategie e alla cultura dell’impresa.

Emerge da questo quadro una esigenza, intorno alla quale sarebbe interessante approfondire il ragionamento. Si può pensare a qualche forma di scambio di esperienze tra imprenditori, o, perché no, a una consulenza capace di assistere l’imprenditore, leggendo dal suo punto di vista gli astrusi codici dell’I&CT.

Pagina precedente

Indice dei contributi