BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 08/09/2000

L’Outsourcing delle Risorse Umane, ovvero: Perché affidare a terzi ciò che vale di più

di Francesco Varanini

Si sostiene, a ragione, che le risorse umane sono sempre più il fattore chiave del successo di una impresa. Infatti, la tecnologia e le risorse materiali possono essere reperite sul mercato, sulla Rete. Ben più difficile trovare le ‘persone giuste’, e far sì che continuino a lavorare con noi. Di qui politiche di sviluppo e di gestione innovative: pay for competence, coinvolgimento nei risultati, intense attività di formazione, grande attenzione alla fidelizzazione. Di più: con la new economy si stanno addirittura studiando modi per ‘portare a bilancio’ il valore distintivo delle persone.

Sembrerebbe poco ragionevole affidare a terzi la scelta, la cura, la gestione delle nostre persone. Ma a ben guardare, in un mercato sempre più segnato dalla mobilità e dalla flessibilità, ha sempre meno senso parlare di nostre persone. Si può anzi sostenere che –in un del mercato del lavoro aperto e de-regolato – le risorse umane sono per definizione fungibili, non fedeli, sempre reperibili sul mercato. Si può anche sostenere che l’impresa non può tempestivamente ed efficacemente sviluppare al suo interno tutte le professionalità rese necessarie dal perseguimento degli obiettivi di business. E questo è vero non solo per professionalità marginali, o standard. È vero anche, e forse sopratutto, per le figure chiave, quelle strettamente necessarie per lo sviluppo del nostro specifico business. Cambiano infatti troppo in fretta le professionalità di volta in volta necessarie. E le esigenze si evolvono tanto rapidamente che si trovano spiazzate anche la direzione risorse umane più attente al recruitment, alle politiche retributive, alla formazione, al knowledge management.

Dunque la generale la tendenza a concentrarsi sul proprio core business, cedendo in outsourcing tutto ciò che è possibile cedere, vale dunque anche lì dove sembrerebbe di primo acchito conveniente operare in termini opposti. Piuttosto che investire in risorse che saranno pronte in un imprevedibile futuro, anche per quanto riguarda le persone, appare efficace ragionare in termini di just in time: solo quelle giuste, solo quando servono. L’imprenditore, o il direttore delle risorse umane, portando all’estremo tutti i discorsi sulla centralità delle risorse umane, potrà ragionevolmente sostenere: società specializzate che rispondono alle esigenze di centinaia di migliaia di aziende in tutto il mondo, e che dispongono di un parco risorse composto da milioni di persone, avranno pure la risposta giusta alla mia esigenza.

Il ricorso a lavoro interinale diventa quindi una fondamentale leva strategica. Fondamentale, perché ciò che attraverso queste società veramente oggi si cerca non è mano d’opera a basso costo, necessaria per far fronte a punte stagionali o contingenti nel carico di lavoro. Ciò che si cerca è la figura professionale di alto profilo, il tecnico specializzato, il manager.

Di qui un mercato in notevole crescita, che vede operare società già fornitrici di consulenza e di servizi in senso lato, ma che ha come leader Adecco e Manpower, società che di questo specifico servizio fanno il core business. Società operanti da tempo, ma il cui successo arriva, sul mercato globale, con l’evoluzione del mercato del lavoro che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni: contratti ‘leggeri’, flessibilità, mobilità, velocità, presenza della Rete.

Per questa via, a fronte di un buon contratto di outsourcing, la buona vecchia Direzione del Personale sembra destinata a scomparire. Perché a partire dalla mera ‘fornitura’ di persone Manpower, Adecco e gli altri big player del settore hanno allargato l’offerta fino a coprire tutta l’area della gestione e dello sviluppo delle risorse umane: selezione, recruitment, compensation, sistemi retributivi e premianti, valutazione, outplacement, gestione di esuberi, amministrazione, creazione da zero dell’organico a fronte di start up, gestione di sub–fornitori di personale interinale.

Ma perché limitarsi all’area del personale? Se siamo in grado di occuparci per conto dei clienti delle loro risorse più preziose, le persone, significa che godiamo della loro massima fiducia, e significa anche che siamo in potenza i loro migliori consulenti, anche per quanto riguarda strategie, organizzazione, politiche di brand. Così Adecco offre consulenza strategica. E Manpower segue a ruota. Nel luglio 2000 al senior vice president David Arkless è affidata la nuova divisione The Empower Group. "The Empower Group's global network of consulting professionals will be focused on helping large multinational corporations design and implement more effective and productive organizations", dice Arkless.

Si tratta di cogliere un evidente trend del mercato: se si è in grado di valorizzare l’asset ‘risorsa umana’, si sarà in grado di valorizzare ogni altro asset. Sulla spinta della domanda di alcuni fedeli clienti –American Express, Pfizer, Hewlett Packard, IBM, McDonald’s, Nortel, Xerox– Manpower si era trovata quasi suo malgrado a fare consulenza in aree diverse dal personale: sembrava solo un inevitabile servizio, ma appare ora invece una nuova area di business.

Sta forse, per questa via, emergendo una nuova classe di consulenti strategici. Si sa che le grandi società ‘storiche’ di consulenza–Andersen Consulting, Ernst & Young, eccetera– sono nate dalla costola di società di auditing. Non a caso: in epoche in cui ciò che contava erano gli investimenti in beni materiali, gli immobili e gli impianti produttivi, la consulenza era figlia della capacità di misurare il tangibile valore di questi asset. Mentre oggi, si sa, contano sempre di più nella costruzione del valore gli asset intangibili. E coerentemente cresce il peso di una nuova consulenza strategica. Figlia della capacità, vera o presunta, di misurare l’asset più intangibile che c’è: il valore delle persone.

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