BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 15/01/2001

L'OZIO DELLE MACCHINE

Ovvero: Del rapporto di mutua implicazione tra lavoro umano e inefficienza delle macchine

di Francesco Varanini

La meta perseguita da Eisengardt nelle sue romantiche veglie
è stata pienamente raggiunta;
dovunque vi sia un Ozioso, la macchina riposa
e l'uomo, rinvigorito, lavora.
Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares

1. Essenza dell'oziosità.

Lo spettro semantico dell'espressione ozio permette due diverse linee di decodifica del contenuto.

1.1. L'oziosità è il tempo libero, il non far niente: otiosi dies, giorni di vacanza (Cicerone); otium moderatum atque honestum, riposo ragionevole e dignitoso (Cicerone); referre se in otio, lasciare il lavoro, ritirarsi a vita privata (Cicerone); Scipio dicere solebat nunquam se minus otiosum esse, quam cum otiosus, Scipione era solito dire che non si sentiva mai meno sfaccendato di quando era libero da ogni impegno (dove sfaccendato rimanda già all'accezione di cui in 1.2, Cicerone).

1.2. L'oziosità è gratuita tendenza all'inazione, gratuito rumore lungo il canale della comunicazione, comportamento infruttuoso, disutile rispetto al fine: propter desidiam in otio vivere, vivere senza far nulla per pigrizia (Cicerone); otiosissimae occupationes, occupazioni futilissime (Plinio il Vecchio); otiosus circa excessus, prolisso nelle digressioni (Cornelio Tacito); otiosae sententiae, vuote frasi (Quintiliano); otiosi et supini, prolissi e noiosi (Quintiliano); pecuniae otiosae, denaro infruttifero (Plinio il Vecchio).

2. Alle radici della categoria ‘lavoro’.

2.1. La prima accezione di ozio (1.1) rimanda all'opposizione tempo libero vs tempo di lavoro (opposizione alla quale possono esser fatte risalire gran parte delle riflessioni scientifiche e filosofiche sul lavoro.)

2.2.1. Da un lato l'enfasi è posta sugli aspetti positivi del tempo libero dal lavoro, che è visto come caratterizzato da libertà di comportamento, spazi per l'oggettivazione dell'istinto ludico e dei desideri di socializzazione. Il lavoro è inteso, negativamente, come alienazione e penosità.

2.1.2. Dall'altro l'enfasi è posta sugli aspetti positivi delle porzioni di vita dedicate al lavoro: è nel lavoro che l'uomo realizza se stesso, orienta le sue azioni a un fine, si oggettiva nella creazione di prodotti e ricchezza sociale.

2.2. Ma la seconda accezione di ozio (1.2) ci obbliga a rendere più articolato il quadro. Le segmentazioni del tempo di vita (2.1.1 e 2.1.2) dovranno a ben vedere essere lette come immagini che rimandano a un unico contenuto, espresso, nei due casi, in modi diversi ma speculari. Le due immagini possono essere abbracciate da un unico enunciato: l'uomo desidera stare in ozio e lavorare; ovvero: l'uomo desidera rendere ozioso (nel senso di ludico, libero, non oppressivo) il lavoro e lavorativo l'ozio: mihi ne otium quidem unquam otiosum fuit, per me nemmeno il tempo libero da incarichi di lavoro fu mai privo di occupazioni (Cicerone).

Scolio. Le riflessioni di Cicerone sul lavoro e sull'ozio sono perfettamente applicabili al lavoro dei nostri giorni. Ma perché far dire qui queste cose a Cicerone? Perché se le parole di Cicerone sono attuali, allora vuol dire che le contraddizioni del 'lavoro' non possono essere fatte risalire né al contesto storico-economico nel quale si muoveva Cicerone, né al rapporto di produzione capitalistico o neocapitalistico, al macchinismo industriale, alla fabbrica, alle dimensioni degli organismi burocratici. Le radici vanno cercate più in profondità.

3. Comportamenti oziosi.

3.1. Dal punto di vista degli obiettivi di ricerca enunciati in titolo e sottotitolo, più ricca di stimoli euristici risulta la seconda accezione di ozio (1.2). Sia che l'uomo tenda all'ozio, sia che l'uomo cerchi soddisfazione nel lavoro, si può assumere come obiettivo razionale del lavoro umano il tenersi lontano da comportamenti oziosi (futili, gratuiti, infruttuosi, ridondanti). Dunque, in luogo dell'opposizione 'lavoro' vs 'ozio' (di cui in 2), l'opposizione 'lavoro - ozio non ozioso' vs 'lavoro - ozio ozioso'.

3.1.1. Le energie umane possono (a) essere destinate coscientemente a mete socialmente preziose, raggiungibili, compatibili con i dati di realtà, o (b) essere destinate a mete irraggiungibili, ma nonostante ciò inconsciamente cercate. Nel caso (b), la meta essendo irraggiungibile, le pulsioni non trovano sfogo: l'Io deve ritorcerle contro se stesse, cioè bruciarle attraverso modi di comportamento patologici o irrazionali. Nel caso (a) il lavoro umano potrà oggettivarsi in produzione, in mutamento degli stati del mondo. Nel caso (b) il lavoro umano costituirà nient'altro che la modalità attraverso la quale scaricare energie 'ingorgate', e resterà improduttivo.

3.2. Assumiamo che le modalità di comportamento (a) e (b) di cui in 3.1.1 siano compresenti nei comportamenti umani. Chiamiamo comportamenti oziosi i comportamenti di tipo (b) e residui di oziosità la quote di comportamenti del tipo (b) compresenti con quote di comportamenti di tipi (a) nei comportamenti umani.

4. Lavorare con le macchine: oltre il luddismo.

4.1. Il luddismo è atteggiamento iconoclasta e feticista. Il luddismo vede le macchine come idoli da abbattere. Le macchine incarnano il male; sono prive di valenze positive.

4.2. Borges, nella stessa linea di Marx, afferma: "Il regno della macchina è un fenomeno che ormai nessuno mette in discussione." Il luddismo è smascherato come atteggiamento infantile e passatista. La soddisfazione dei bisogni umani è legata all'uso delle macchine. Il macchinismo industriale è un elemento strutturale, irrinunciabile, del sistema socio-economico affermatosi a partire dall'ultimo scorcio del 1700. (E Borges non si nega che la stessa costruzione di macchine oziose è "un passo ulteriore di tale ineluttabile processo").

4.3.Ciò non toglie la drammatica importanza del rapporto tra l'uomo e le (sempre più complesse, autonome, autoregolate) macchine. L'inevitabilità delle macchine non nega l'esigenza di capire se e dove difendersi dalle macchine.

5. Funzionamento e utilità delle macchine.

5.1. Come la fulminante pagina Borges dalla quale prendiamo spunto, la nostra riflessione ha come oggetto le macchine utilizzate in "officine" e "uffici" (anche se la riflessione può essere estesa alle macchine di uso domestico). Osservandone il funzionamento, non sfuggiranno ad uno sguardo critico i loro limiti. Si tratta di limiti intrinseci, previsti a livello di progetto: (a) assenza di standard, quindi difficile apprendimento dell'uso e limitate possibilità di interconnettere macchine diverse; (b) scarso rispetto dell'ergonomia, quindi gratuito affaticamento del lavoratore; (c) scarsa elasticità nelle modalità di funzionamento, quindi presenza –disfunzionale rispetto all'uso– di dettagli esornativi ed accessori inutili; (d) complessità delle prassi manutentive, che dovranno essere svolte da tecnici specializzati.

Scolio. Chi di voi lavorando non si è mai innervosito di fronte alle incongruenze di macchine d'uso comune, penne a china e condizionatori d'aria, macchine da scrivere e stampanti, telefax e mobili da ufficio, programmi per personal computer e procedure su elaboratore centrale, fresatrici e seghe circolari, macchine a controllo numerico e sistemi robotizzati? Chi di voi non ha mai notato che la forma della macchina ne rendeva scomodo l'uso? Chi di voi non si è trovato in difficoltà di fronte a un manuale di istruzioni incomprensibile? Chi di voi non ha pensato che con poche modifiche la macchina potrebbe diventare molto più funzionale e di uso più agevole?

5.2. La macchina è complessa al di là di quanto è necessario che sia complessa per svolgere il suo lavoro. La complessità non è irrilevante: funziona come meccanismo che diminuisce le capacità lavorative della macchina, ovvero l'utilità della macchina per l'uomo lavoratore. L'inadeguatezza delle macchine si manifesta sotto forma di loro gratuita complessità.

5.2.1. Sono tendenzialmente inadeguate al loro fine, in quanto gratuitamente complesse, tutte le macchine. L'inadeguatezza (a) non può essere fatta risalire all'impossibilità scientifica e tecnologica di progettare macchine semplici ed efficaci: il fatto è che la ricerca non è orientata in questa direzione. L'inadeguatezza (b) non ha a che fare con la difficoltà di tenere il passo dell'innovazione tecnologica: sono inadeguate, salvo eccezioni, anche le macchine di più recente progettazione e le macchine ad alta tecnologia. L'inadeguatezza (c) non può nemmeno essere motivata con la ragione economica, che subordina le scelte progettuali alla massimizzazione del risultato dal punto di vista del produttore: resta indimostrato che i costi di produzione di macchine complesse siano più bassi dei costi di produzione di macchine semplici. Né (d) la gratuita complessità può essere considerata strategia di marketing vincente: se la complessità rende più difficile l'imitazione, d'altro canto apre spazi di mercato alla concorrenza in grado di produrre macchine semplici.

Scolio. Ci limitiamo a qualche esempio. L'IBM ha visto entrare in crisi le sue politiche di marketing fondate sulla difesa 'monopolistica' di standard obsoleti. La Fiat presentò la Uno come macchina semplice, adeguata alle esigenze di un utente evoluto. Si tratta invece, ancora, di autovettura caratterizzata da gratuita complessità. L'obiettivo perseguito in sede di progettazione essendo quello di contenere i costi di produzione, si tratta forse di macchina semplice da produrre, ma non semplice da usare.

5.3. Potremmo quindi porci una serie di quesiti.

5.3.1. L'asserto "le macchine funzionano" è truistico. Ma come funzionano le macchine?

5.3.2. L'asserto "le macchine aiutano l'uomo" è truistico. Ma come le macchine aiutano l'uomo?

5.3.3. Di fronte all'aporia di cui in 2, quale aiuto chiedere alle macchine? Le macchine dovranno aiutare l'uomo a (a) incrementare il tempo libero e diminuire la penosità del lavoro, o (b) a realizzarsi attraverso il lavoro e rifuggire l'ozio?

5.4. Alla luce della categoria dell'oziosità definita in 3, come interpretare la gratuita complessità della macchina?

6. Il paradosso di Borges.

6.1. Il paradosso risiede:

6.1.1. Nel collocare la riflessione sul lavoro umano in un contesto –quello caratterizzato dalla massima ampiezza semantica dell'espressione 'ozio'– che permette di portare alle estreme conseguenze logiche l'opposizione 'lavoro' vs 'non lavoro', fino a formulare, come visto in 3, l'opposizione 'lavoro - ozio non ozioso' vs 'lavoro - ozio ozioso'.

6.2.1. Nell'attribuire alla macchina comportamenti umani (gioco, sonno, ozio), portando con ciò alle estreme conseguenze logiche l'opposizione uomo vs macchina.

6.2. Il paradosso di Borges ci permette di falsificare il paradigma della scienza normale (semplificatorio, superato da scienza e tecnologie, ma ancora non sufficientemente discusso nelle riflessioni sul lavoro) che vuole:

6.2.1. L'uomo dominatore della natura, in grado di controllare e dominare il sistema ecologico.

6.2.2. L'uomo dominatore della tecnica, in grado di controllare e dominare le macchine (i sistemi artificiali) da lui creati.

6.2.3. L'uomo dominatore di se stesso, in grado di controllare le conseguenze negative delle dinamiche legate ai sistemi sociali complessi.

6.3. Il paradosso di Borges, attraverso la parodia, illumina gli oggetti d'indagine della teoria generale dei sistemi, dell'intelligenza artificiale, della robotica.

7. Prima approssimazione al lavoro e all'ozio delle macchine.

7.1. Definiamo con Borges macchina oziosa la macchina "che gioca e che dorme".

7.2. Anche per quanto riguarda la macchina, l'ozio può essere inteso in entrambe le accezioni di cui in 1. Infatti: (a) la macchina è oziosa nella misura in cui non fa niente (ozia, è inutilizzata). (b) La macchina è oziosa nella misura in cui i suoi meccanismi sono oziosi (futili) e i suoi comportamenti infruttuosi (inefficaci rispetto al fine).

7.2.1.L'Ozioso borgesiano è macchina che funziona (anzi, in funzionamento perenne, a ciclo continuo); una macchina che lavora: perciò non può essere definita oziosa nell'accezione (a). Il fatto che, pur lavorando, la macchina giochi e dorma, costituisce conferma dell'ipotesi formulata in 2.3: la macchina opera in modo efficace proprio nella misura in cui contamina il lavoro con il gioco.

7.2.2. Per Borges l'Ozioso è macchina oziosa nella accezione (b): il suo operare futile, gratuito, infruttuoso, ridondante -e cioè la sua gratuita complessità (5.2)- rimandano ai comportamenti oziosi (3).

8. Oziosità delle macchine ed etica del lavoro.

8.1 Proposta in 3 una valutazione critica, da un punto di vista etico ed economico, dei comportamenti oziosi dell'uomo, dovremo ora interpretare i comportamenti oziosi delle macchine. Ovvero: chiederci perché l'uomo progetta macchine gratuitamente complesse.

8.1.1. Ci soccorre ancora Borges. Egli, impostato il suo discorso in un contesto nel quale, logicamente e tecnologicamente, le macchine si contrappongono all'uomo, ripristina esplicitamente il primato dell'uomo legando le caratteristiche dell'Ozioso a una precisa volontà progettuale del suo inventore. "Il suo indiscusso progenitore fu l'ingegner Walter Eisengardt". "Due personalità urgevano in questo valente teutonico: il sognatore incorreggibile che diede alle stampe le due monografie ponderose, oggi dimenticate, intorno alle figure di Molinos e del pensatore di razza gialla Lao Tse, e il solido tecnico di realizzazioni tenaci e di cervello pratico che dopo aver architettato un certo numero di macchine nettamente industriali" inventò l'Ozioso. Di seguito, Borges esplicita ulteriormente il retroterra filosofico dell'invenzione: "quell'eleganza che è tipica dell'opera di Eisengardt, ha origine in quel ramo di sangue cartesiano" che viene all'ingegnere di Mulhouse dalla nonna materna, francese.

8.2. Così riaffermato il primato dell'uomo sulla macchina, i comportamenti oziosi delle macchine dovranno essere fatti risalire da un lato ad una precisa volontà progettuale, e dall'altro alla prassi lavorativa dell'uomo. Si potranno formulare i due asserti seguenti. (i) Le macchine sono scientemente progettate in modo tale da imporre loro comportamenti oziosi. (ii) Le macchine sono scientemente usate in modo tale da imporre loro comportamenti oziosi.

8.2.1. Residui. Al di fuori del paradosso borgesiano, nessuna macchina ha esclusivamente comportamenti di tipo gratuito. Ma al contempo nessuna macchina è aliena da comportamenti gratuiti. L'asserto (i) di cui in 8.2 può essere esplicitato come segue: una macchina è una macchina nella misura in cui risulta dotata di un residuo di oziosità.

8.2.2. Derivazioni. I residui di oziosità presenti nei comportamenti degli uomini e delle macchine sono coperti da legittimazioni ideologiche. La casta di specialisti cui appartengono progettisti e manutentori delle macchine, così come psicologi del lavoro e sociologi dell'organizzazione, coprono con giustificazioni esoteriche la presenza dei residui di oziosità. Con ciò (a) difendono il proprio ruolo: il residuo di oziosità rende necessari i loro interventi di riprogettazione, manutenzione e addestramento; e (b) rispondono al bisogno sociale diffuso, che va nel senso di nascondere l'irrazionale ed eticamente negativo orientamento a comportamenti oziosi (9).

Scolio. Tecnici, progettisti, psicologi del lavoro e sociologi dell'organizzazione fanno parte del problema, e quindi solo con grandi difficoltà soggettive possono ragionare intorno alla sua soluzione. Qualcuno di loro lette queste pagine ha eccepito che 'non è corretto parlare di lavoro e tempo libero e di macchine citando Cicerone e Borges'. Quale migliore conferma della tesi?

9. Uso delle macchine da parte dell'uomo ozioso.

9.1. In 2.2 abbiamo affermato l'impossibilità di non lavorare; in 3 abbiamo motivato l'indulgere dell'uomo a comportamenti oziosi; in 5 abbiamo descritto le macchine gratuitamente complesse. Affermiamo ora che progettazione ed uso di macchine gratuitamente complesse hanno lo scopo di permettere all’uomo l'elaborazione del proprio rapporto con l'oziosità.

9.2. L'uomo si sente in colpa per il suo indulgere a comportamenti oziosi. Asserendo: 'lavoro male per colpa degli strumenti inadeguati che ho a disposizione', allontana da se la colpa 'investendola' nella macchina. La presenza di residui di oziosità nelle macchine può quindi essere letta come mezzo per riattribuire simbolicamente all'uomo un rapporto positivo (scevro da oziosità) con il lavoro.

9.3. Discendendo i comportamenti oziosi umani da un imperfetto equilibrio caratteriale (3), l'attribuzione dei comportamenti oziosi alle macchine costituisce per l'uomo un illusorio recupero di una immagine ideale di sé, priva di patologie, nevrosi e aspetti irrazionali. Un auto-inganno presiede alla progettazione e all'uso della macchine.

9.4. I conflitti interumani, che motivano i comportamenti gratuiti, sono rivissuti fantasmaticamente come conflitti tra uomo e macchina. Possono essere descritti due circoli viziosi. (i) Comportamenti umani irrazionali - esportazione della conseguente responsabilità a carico delle macchine - comportamenti umani irrazionali (motivati dall'irrazionalità delle macchine). (ii) Comportamenti umani irrazionali - progettazione di macchine dotate di residui di oziosità - comportamenti umani irrazionali (motivati dall'irrazionalità delle macchine).

Scolio. Porre attenzione all'inadeguatezza delle macchine, mostrare fastidio per la carenza di strumenti, sono anche modi per non porre attenzione alla propria inadeguatezza e all'inadeguatezza dei soggetti con i quali si interagisce.

9.5. Può essere enunciato il seguente paradosso. L'uomo che ambisca a comportamenti razionali (3.1.1 (a)) non dovrà difendersi dalla complessità della macchina (atteggiamento ancora luddista), ma dalla gratuita complessità della macchina (5). Essendo la macchina gratuitamente complessa per scelta dell'uomo (8.2), l'uomo che ambisca a comportamenti razionali dovrà apprendere a difendersi, prima che dalla macchina, da se stesso.

Scolio. Macchina complessa è per esempio quella dotata di 'intelligenza artificiale'. L'uomo che non tema i limiti della propria intelligenza non avrà motivo di difendersi da questa macchina. Si dovrebbe invece evitare di rassegnarsi di fronte agli aspetti astrusi, ostili delle macchine con cui abbiamo quotidianamente a che fare. Si dovrebbe anche pensare che se le macchine sono così, la responsabilità è anche nostra. E che se ci rassegniamo ad usare questi strumenti è perché vogliamo lavorare male.

10. Ancora sui comportamenti umani in regime di oziosità.

10.1. I lavoratori, al fino di decolpevolizzarsi di fronte alla propria tendenza all'oziosità, tendono a massimizzare nell'uso le conseguenze negative implicite nei residui di oziosità delle macchine.

10.2. I tecnici –progettisti, manutentori, addestratori, organizzatori– possono essere visti come chierici dell'oziosità. Tutti interni i loro comportamenti a un sistema fondato sull'esistenza e sul mantenimento dell'oziosità, vegliano sulla presenza dei residui di oziosità nelle macchine.

Scolio. Si pensi alle spiegazioni astruse che vengono fornite quando si chiede a un tecnico del perché la macchina funzioni in quel modo. Si pensi a come il tecnico tenda ad attribuire gli scarsi risultati del lavoro realizzato con l'ausilio di macchine all'incapacità del lavoratore di usarle adeguatamente.

10.2.1. Portando fino in fondo il paradosso borgesiano (8.1.1), potremo sostenere che solo scenziati-filosofi, "sognatori incorreggibili", studiosi di teologia (Molinos, ovvero l'ascesi e la preghiera contemplativa nella tradizione cristiana) e di filosofie orientali (Lao Tse, ovvero il Wu-wei, il non-agire, l'ozio nella tradizione cinese), potranno progettare macchine con residuo di oziosità tendente allo zero (e garantirne la manutenzione, e insegnarne l'uso).

Scolio. Quanti dei progettisti di macchine e dei manutentori di sistemi da voi conosciuti sono capaci di queste aperture di pensiero? E voi riuscite ad essere ancora, nei vostri rapporti con le macchine (e più in generale con il lavoro), 'sognatori incorreggibili'?

11. Oltre l'oziosità.

11.1. La diffusione di macchine con residuo di oziosità vicino allo zero sarà legata al prevalere dell'ozio nella prima accezione (1.1): lavoro inteso anche come gioco e come creazione.

Scolio. La tesi proposta in queste pagine, pur consapevolmente utopica, non è priva di riscontri nella storia recente: senza il retroterra ideologico della controcultura anni sessanta nella sua versione californiana (che contemplava l'otium –prima accezione– come valore) gli sviluppi 'user friendly' dell'informatica non avrebbero avuto luogo. Com'è noto la ridefinizione del computer come macchina 'a dimensioni umane', usabile nel tempo libero e usabile per rendere il tempo di lavoro il più simile possibile al tempo libero è emersa nei laboratori Xerox di Palo Alto e si è affermata con il successo della Apple (Macintosh, 1985). L'altero dominatore del mercato mondiale, l'IBM –portatore dei valori ideologici opposti: modello centralizzato, macchine enormi e complesse, conosciute e regolate da una casta di sacerdoti– ha dovuto modificare le proprie strategie in funzione di questa rivoluzione.

Negli anni novanta Internet si propone come nuovo scenario dove gli strumenti dell’Information & Communication Technology appaiono il substrato di una nuova organizzazione sociale che, in prospettiva, annulla i vecchi confini tra tempo libero e tempo di lavoro.

11.2. Se il rumore è tipico fenomeno ozioso, in un (utopico) mondo a basso residuo di oziosità c'è otium et silentium, calma e silenzio (Terenzio). Perché otium est auscultandi (Terenzio): in un mondo non colmato da comportamenti rumorosi, futili e infruttosi c'è tempo di ascoltare. Ascoltare, anche nell'ambito del tempo dedicato al lavoro, le parole degli altri uomini e, nella metafora borgesiana, la 'voce' dell'Ozioso: l’uomo vi sentirà dentro "come un lieve battito e, se avvicina l'orecchio, individuerà un lontano sussurro". Non disturbato dalle macchine (ovvero non disturbato dall proprie nevrosi, dalla propria ‘malattia’) l'uomo potrà lavorare, anche con gioia.

Scolio. Ascoltare la voce dell'Ozioso significa anche entrare in rapporto interattivo con la macchina, con una macchina in grado di colloquiare con l'uomo. Siamo alle soglie della rivoluzione legata all'utilizzo nel lavoro di strumenti dotati di una qualche ‘intelligenza’.


Nota bibliografica

Il testo di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares (due pagine, un finto articolo giornalistico) è compreso nelle Crónicas de H. Bustos Domecq, Buenos Aires, Emecé, 1967 (Cronache di Bustos Domecq, Torino, Einaudi, 1975). Non deve essere inteso come sottovalutazione del ruolo di Bioy Casares il fatto che il testo venga sopra citato tout court come 'borgesiano'. E' borgesiano infatti, nel senso ormai comune del termine, il contenuto. Si ricordi inoltre il peculiare modo di Borges di intendere l'autore (sempre fittizio ed ipotetico). Il testo in questione, del resto, è compreso nella edizione delle opere autorizzata dall'autore: Jorge Luis Borges, Obras completas en colaboración, Buenos Aires, Emecé, 1979.

Per quanto riguarda l'intendere 'uomo' (2 ecc.) e 'macchina' (5 ecc.) come sistemi autoreferenziali, organizzativamente chiusi, contrapposti l'uno all'altro, ognuno teso al mantenimento del proprio equilibrio e alla ricerca della propria sopravvivenza, si rimanda a Humberto Maturana & Francisco Varela, Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living Dordrecht, Holland: D. Reidel Publishing Company, 1980 (Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente Venezia, Marsilio, 1985).

Il modello 'idraulico' dell'economia pulsionale, qui (3.1.1) proposto in termini schematizzati e semplificati, è di Wilhelm Reich (Character Analysis, Farrar, Straus & Giroux, 1949; Analisi del carattere, Milano: Sugar, 1973, capitoli III, IV, VII e VIII).

A proposito del luddismo (4) -la rivolta contro le macchine a cavallo tra 1700 e 1800- vedi: Laura Salvadori e Claudio Villi, Il luddismo. L'enigma di una rivolta, Roma, Editori Riuniti, 1987.

Per quanto riguarda un modello di macchine semplici, solide e durevoli oppositivo rispetto al modello delle macchine oziose (5.1), si rimanda a Ivan Illich . Ancora in Illich troviamo una critica dei grandi sistemi organizzativi -controproduttivi, incapaci di perseguire i fini istituzionali e orientati a uno scopo esclusivo, garantire la propria sopravvivenza (9.4)- e acute riflessioni sull'opposizione lavoro remunerato vs lavoro non remunerato (1 e 2). (La convivialità, Milano: Mondadori, 1974; Toward a History of Needs, New York, Pantheon Books, 1978; tr. it Per una teoria dei bisogni, Milano, Mondadori, 1981; Shadow Work, London e New York, Marion Boyars, 1981; ed. it. -condotta sull'ed. tedesca, Wom Recht auf Gemeinheit, Reinbek bei Hamburg, Rowohlt, 1982- Lavoro-ombra, Milano, Mondadori, 1985; Vernacular Values, New York, Pantheon, 1983).

Per lo studio di un caso dove risulta evidente la tendenza dell'uomo lavoratore ad autolimitare i comportamenti oziosi (3.1), e dove i comportamenti oziosi sono imposti all'uomo lavoratore dagli apparati tecnici e burocratici (8.2.2, 10.2), si veda Hernando De Soto, El otro sendero, Lima, Instituto Democracia y Libertad, 1986 (disponibile anche in altre edizioni, p. es. Bogotà: Oveja Negra, 1987). Particolarmente rilevante il fatto che il caso riguarda un contesto culturale (gli indios) e geopolitico (le periferie di Lima, Perù) secondo i luoghi comuni caratterizzato da assenza di etica del lavoro 'capitalistico' e da orientamento diffuso all'oziosità (in prima e in seconda accezione).

Isaac Asimov (I, Robot, 1950) divulgatore scientifico e scrittore di science fiction, propone un'etica della robotica: autolimitazione dell'autonomia della macchina finalizzata al mantenimento del primato dell'uomo sulla macchina (5-8).

Gregory Bateson, Steps to an Ecology of Mind, Chandler Publishing Press, New York: Chandler, 1972, ed. it. Verso una ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1976 p. 509 e segg.) troviamo una convincente modellizzazione delle ragioni della crisi ecologica (6.2).

Le categorie di 'residuo' (3.2 e 8.2.1) e 'derivazione' (8.2.2) corrispondono solo parzialmente a quelle proposte da Vilfredo Pareto nel Trattato di sociologia generale (Firenze, Barbèra, 1916, ora a cura di Norberto Bobbio, Milano, Comunità, 1964, paragrafi 868 e segg. Vedi anche Compendio di sociologia generale, Firenze, Barbèra, 1920, ora Torino, Einaudi, 1978, paragrafi 356 e segg.).

Seymour Papert, ponendo al centro della sua riflessione il comportamento dei bambini ed il loro rapporto con le macchine (la costruzione e l'uso delle macchine) scrive di lavorare/giocare (11.1) e di come progettare 'navigando a vista'. (Mindstorms: bambini, computers e creatività, Milano, Emme edizioni, 1984; The Children's Machine. Rethinking School in teh Age of the Computer, New York: Basic Books, 1993; tr. it. I bambini e il computer, Milano, Rizzoli, 1994).

Il più lucido visionario ('sognatore incorreggibile' nel senso di 10.2.1.), capace di immaginare le possibilità liberatorie delle nuove tecnologie digitali ("Immaginate una nuova cultura libertaria, dove spiegazioni alternative permettano a chiunque di scegliere l'approccio o il tracciato a lui più confacente; dove le idee siano accessibili e interessanti per chiunque, così che l'esperienza umana possa godere di una nuova libertà e di una nuova ricchezza") è probabilmente Ted H. Nelson. Vedi: Literary Machines, Swarthmore (Pa), 1981 (pubblicato in proprio). Tr. it. dell'ed. 1990, Literary Machines 90.1, Padova, Muzzio, 1992.

Una stimolante riflessione sull'ascolto umano è proposta da A.A. Tomatis (Vers l'écoute humaine, Paris, E.S.F., 1974). La difficoltà di ascolto è analizzata con gli strumenti della psicologia del profondo, ma anche vista come conseguenza empirica e sistemica dell'assuefazione all'ambiente di lavoro rumoroso. E' possibile lavorare nel senso di una educazione all'ascolto, ovvero di una educazione al contenimento dei comportamenti oziosi (11.2).

Appendice

Brani scelti da: Gli oziosi, di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares.

Senza aspirare al titolo di profeti, osiamo, tuttavia, insinuare che l'importazione di Oziosi nel nostro paese, e in prospettiva la loro fabbricazione nello stesso, contribuirà non poco a diminuire, a mo' di sedativo, il nervosismo oggi così diffuso. Il regno della macchina è un fenomeno che ormai nessuno mette in discussione; l'Ozioso un passo ulteriore di tale ineluttabile processo.

Quale fu il primo telegrafo, quale il primo trattore, quale la prima Singer, sono domande che mettono con le spalle al muro l'intellettuale; il problema non si pone rispetto agli Oziosi. Non c'è al mondo iconoclasta che neghi che il primo di tutti operò in Mulhouse e che il suo indiscusso progenitore fu l'ingegner Walter Eisengardt (1914-41). Due personalità urgevano in questo valente teutonico: il sognatore incorreggibile che diede alle stampe le due monografie ponderose, oggi dimenticate, intorno alle figure di Molinos e del pensatore di razza gialla Lao Tse, e il solido tecnico di realizzazioni tenaci e di cervello pratico che dopo aver architettato un certo numero di macchine nettamente industriali, diede alla luce, il 3 giugno 1939, il primo Ozioso di cui si abbia notizia. Parliamo del modello che si conserva nel Museo di Mulhouse: appena, un metro e venticinque di lunghezza, settanta centimetri di altezza e quaranta di larghezza, ma già sviluppato in quasi tutti i dettagli, dai recipienti in metallo alle condotte.

Eisengardt morì in un incidente su un automobile di marca Bugatti; non gli fu dato di vedere gli Oziosi che oggi trionfano in stabilimenti e uffici. Possa contemplarli dal cielo, ridotti dalla distanza e, perciò, più vicini al prototipo da lui realizzato!

Descriviamo ora sommariamente l'Ozioso, per quei lettori che ancora non hanno avuto lo scrupolo di andare a osservarlo a San Justo, nella fabbrica di pistoni Ubalde. Il monumentale artefatto (...) grosso modo, ci ricorda una smisurata linotype. E' due volta più alto del caporeparto; il suo peso corrisponde a varie tonnellate di sabbia; il colore è quello del ferro pitturato di nero; il materiale, ferro.

Una passerella ed una scala permettono al visitatore di scrutare e toccare. Sentirà dentro come un lieve battito e, se avvicina l'orecchio, individuerà un lontano sussurro. (...) Nelle sue viscere palpita qualcosa di silenzioso e segreto, qualcosa che gioca e che dorme.

La meta perseguita da Eisengardt nelle sue romantiche veglie è stata pienamente raggiunta; dovunque vi sia un Ozioso, la macchina riposa e l'uomo, rinvigorito, lavora.

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