BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 26/11/2001

CUSTOMER RELATIONSHIP MANAGEMENT (CRM) COME SISTEMA ADATTIVO

di Francesco Varanini

Attorno agli anni ottanta le organizzazioni produttive si trovarono di fronte a problemi di governo generati dalla complessità interna. Apparve chiaro che necessitava un nuovo ordine, ordine che venne cercato attraverso una rilettura delle attività in una logica di processi. E' il BPR (Business Process Reengeneering).
Si pensò inizialmente che le logiche in base alle quali ri-pensare il modello organizzativo dovessero essere frutto di una capacità di pensiero strategico. Ma presto le stesse società di consulenza si arresero di fronte alle difficoltà di pensare una riprogettazione che discendesse da una lettura della Business Idea, da una profonda comprensione della cultura della singola organizzazione oggetto di intervento. Si trovò molto più facile fare riferimento ad un modello esterno, già dato; un sistema di vincoli capace di fungere da punto di non ritorno, e da leva per scardinare le resistenze al cambiamento. Questa fu la ragione del successo dei software ERP e SCM: imponevano un cambiamento, e cioè un salutare allontanamento da pratiche organizzative poco efficaci; ma allo stesso tempo ancoravano il cambiamento ad un sistema di regole rassicurante. Rassicurante perché scritto, una volta per tutte, nel software.
La complessità dell'organizzazione non poteva essere rappresentata dal modello -SAP non sa nulla della cultura che distingue una organizzazione da un'altra - ma ciò, lungi dal costituire un limite, era di fatto un vantaggio. I processi chiave necessari al funzionamento interno (di una qualsiasi, o di tutte le organizzazioni), logistica, produzione, finanza e controllo, ecc., possono essere ragionevolmente pensati top-down, a partire da un sistema di regole pensato a priori, da esperti, e codificati sotto forma di software destinato a vincolare e ricondurre a norma i comportamenti di ogni attore. Così l'organizzazione, appunto, non apprende nulla, ma funziona.
I produttori di software -l'esempio più significativo è SAP- vinsero così una storica battaglia con le major della consulenza strategica. I modelli che le grandi della consulenza non erano più frutto dell'emergere di pensiero, erano invece applicazione di modelli scolpiti nel software. Accenture non progetta modelli, ma applica ed implementa SAP. Le società di consulenza strategica vivono così una mutazione genetica: ai consulenti attenti a conoscere si sostituiscono analisti tesi ad adattare le situazioni organizzative al sistema di regole già dato. Fin quando la pratica è efficace, e si traduce nel miglioramento del funzionamento, tutto bene.
Peccato che lo stesso modello di intervento, ormai interiorizzato dalle società di consulenza, sia da queste applicato a contesti e situazioni nei quali il modello si rivela del tutto inefficace, ed anzi particolarmente dannoso.
E' quanto accade troppo spesso oggi in quel campo di intervento che ci siamo abituati a chiamare Customer Relationship Management.
Se, dicevamo, negli anni ottanta il problema cruciale delle organizzazioni poteva essere letto come esigenza di governo della complessità interna, ed ogni organizzazione poteva essere ragionevolmente intesa come sistema chiuso, il problema cruciale sta oggi nella complessità globale. Disintermediazione e convergenza rendono sempre più sottili i confini tra organizzazione ed organizzazione, tra interno ed esterno. La singola organizzazione non può più guardare il mondo da un proprio 'punto di vista'. Ogni organizzazione deve accettare di essere nient'altro che una relativamente periferica serie di nodi in un rete universale totalmente interconnessa. In questo quadro, nessuna organizzazione può illudersi di 'sapere'. Come posso ricondurre a sistemi di regole pensati a priori i pensieri dei miei clienti? Come posso pensare che una esperienza di relazionamento con l'altro, con il diverso da me, fatta da altri nel passato, valga anche per me, per la mia impresa, nel futuro? L'approccio cognitivo, fondato sull'idea di uno schema preesistente comunque valido, vale per l'ERP, ma non può valere per il CRM. Il CRM, all'opposto (così come gli altri due trend emergenti, il Knowledge Management e l'e-Learning) può essere pensato solo a partire da un approccio costruttivista, un approccio cioè fondato sulla capacità di rilevare in ogni istante l'emergenza di nuove situazioni, nuovi comportamenti. E sulla connessa capacità di ristrutturare di conseguenza in continuo il complessivo quadro.
Eppure le società di consulenza, ormai abituate a vendere soluzioni, propongono modelli e strumenti il cui punto di forza sta nel vincolo posto a priori, nella coerenza di un sistema di regole. Come di fronte ad esigenze di BPR si vendeva SAP, di fronte ad esigenze di CRM si vende Siebel. Ora, certamente Thomas Siebel ha avuto molte buone idee, ed il successo di cui gode la sua impresa è meritato. Ma l'ottica costruttivista ci impone di considerare per definizione inadeguata ogni 'soluzione'. Di fronte all'obiettivo di costruire e mantenere viva una comunità che coinvolga i miei clienti le altrui passate best practices ed i modelli esterni valgono ben poco. Lungi dal costituire un efficace punto di riferimento, si pongono come limite: illudono. Portano a pensare che quel software, quel sistema di regole, contengano in sé l'idea del processo efficace, lineare.
Mentre invece la gestione delle relazioni con i clienti è, di per sé, un sistema complesso, non lineare. Certo, può essere gestito, ma solo attraverso pratiche che mettono in gioco competenze diverse, non solo informatiche, non solo organizzative.
La storica vittoria che, con i sistemi ERP, aveva visto lo sviluppo software prevalere sulla consulenza strategica, ci appare ora una cosa del passato. Con il CRM (come del resto con il Knowledge Management e l'e-Learning) si mette un punto e si va a capo. I giochi sono ancora da fare.
Con il CRM (con il Knowledge Management, con l'e-Learning), dobbiamo ripensare le stesse logiche di intervento e di servizio che stanno alla base dell'offerta non solo delle società di consulenza, ma anche delle softwarehoueses, dei System Integrators, degli Application Service Providers. Con il CRM (con il Knowledge Management, con l'e-Learning), la stessa idea di architettura, anche di architettura a strati e distribuita, deve essere ripensata. La stessa idea di base dati, intesa come sistema destinato a conservare conoscenze, si mostra inadeguata se il problema chiave risiede, come è per il CRM, nella gestione 'intelligente' delle relazioni e delle connessioni. Dunque, di fronte a questa nuova esigenza, le procedure, tradizionalmente costruite attorno a strumenti DBMS dovranno essere ripensate alla radice. Non a caso un sistema CRM ci appare come un insieme privo di evidenti confini, dove certo ci sono basi dati, ma il data base non sta più al centro, perché il sistema non ha più un (unico) centro. Non a caso il CRM ci appare come un sistema integrato da tecnologie diversissime, dove le centraline di telefonia fissa stanno insieme alla telefonia mobile, al web, alle reti, alle basi dati, agli strumenti di Business Intelligence.
Il CRM, inteso come rappresentazione di un mondo in evoluzione continua, e come sistema che apprende, porta con sé l'esigenza di fare incontrare, e crescere insieme, professionalità diverse. Consolidati confini di ruolo e di competenze che differenziano chi lavora nel marketing da chi lavora nelle ricerche di mercato, chi si occupa di architettura di basi dati e chi di comunità virtuali, appaiono superati. Appare necessario far crescere una nuova competenza trasversale.

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