BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 04/03/2002

LA FORMAZIONE: DOVE VIENE E DOVE VA

di Francesco Varanini e Stefano Rosato

Dal greco morphé deriva il latino forma (per metatesi: spostamento dei fonemi all'interno della parola: morph, phorm). Da forma la voce dotta informare. Il passaggio consistente nell'aggiunta del prefisso -in è particolarmente significativo. In- indica mutamento, cambiamento di stato. La forma di per sé ferma e stabile, già data, acquista così un valore dinamico ed evolutivo: informare è 'dare (nuova) forma', 'prendere (nuova) forma'.

Il concetto di informatio, già stabilito in epoca pre-cristiana, assume il suo pieno valore con la filosofia scolastica. Si tratta, alla radice, di un attribuzione divina: 'dotare di vita' un essere particolare, o lo stesso universo ("da creata virtù sono informati"; Dante, Paradiso, VII, 135). Dunque 'animare' 'foggiare', 'portare a compimento'. E in riferimento alle persone: 'plasmare intellettualmente o moralmente'. (In questa luce appare messo a fuoco il limite della formazione fatta in azienda. Ai partecipanti viene spesso semplicemente trasmessa una forma, un contenuto dato. Mentre essi potrebbero essere invece in-formati, stimolati a cambiare e a crescere. Non a caso in inglese la nostra formazione si traduce, più correttamente, education).

L'informazione ispira, dirige, guida. E quindi influenza la condotta, il modo di pensare. Perciò informare (in italiano e in francese già nel 1200) è anche 'mettere al corrente di una notizia'. Il nuovo, più quotidiano significato, si sovrappone presto a quello filosofico: se Dante parlava di una informazione che discende da Dio, l'Ariosto ci racconta di Ruggiero, che è perfettamente al corrente, "del tutto informatissimo" (Orlando furioso, XXII, 61).

Il significato della parola non subisce modifiche fino al 1948. Claude Shannon lavorava presso i Bell Laboratories (il centro di ricerca dell'A.T.& T., la madre di tutte le compagnie telefoniche). Si proponeva di misurare la quantità delle 'notizie' trasmesse lungo le linee, al fine di stabilire una base per calcolare il costo dei messaggi. Per Shannon l'informazione è 'la precisazione di una scelta'. Scelta tra due possibilità. E' la logica binaria, circuito aperto/circuito chiuso, si/no, vero/falso. Sono le basi della computer science e dell'Information & Communication Technology.

Così del resto intendeva già l'Ariosto: "m'informa/ qual sia la falsitade e quale il vero".

Stefano Rosato

Oltre l’azienda: inventio e informatio. La formazione come creazione

Nella sua, al solito dotta, rilevazione etimologica sul concetto di formazione, Francesco Varanini ci invita a riflettere sulla coppia formazione/informazione, all’interno della quale ci precisa due differenti significati dell’idea di “educazione”. Per il primo di essi, quello della formazione in senso tradizionale, abbiamo due soggetti, il formatore e il formato, che si contraddistinguono, rispettivamente, per il possesso di un contenuto ideologico e della forma didattica con la quale esso dev’essere trasmesso (il formatore) e per la passività con la quale tale contenuto viene ricevuto e assimilato (il formato). In questo contesto nessuno sembra propriamente preoccuparsi del fatto che qualsiasi contenuto, in qualsiasi forma venga trasmesso, è in realtà sempre rielaborato più o meno completamente, sempre travisato; in tal senso tradere è anche tradire, trasmettere ha a che fare con travisare, comprendere è necessariamente anche fraintendere. La formazione ci si configura così come il sogno del potere di plasmare l’intelletto e il comportamento dei sudditi, dei sottoposti, ecc… Michel Foucault, in Sorvegliare e punire, ha mostrato come la società disciplinare utilizzi costantemente questa modalità educativa: dalla scuola all’esercito, dalla famiglia vittoriana alla moderna formazione aziendale, il formato viene disciplinato a usare degli spazi-tempi per ognuna delle sue azioni quotidiane, viene forgiato, appunto formato, ad essere ciò che non è. Qualora tale processo di formazione presenti, nonostante tutto, delle lacune, scatta un meccanismo disciplinare di carattere particolare, in base al quale l’atto della formazione originaria viene rafforzato in un momento ulteriore e in un’altra plaga della società disciplinare: è l’opera di ri-formazione, cui è deputata la figura istituzionale del riformatorio. [1] Le sessioni di formazione permanente e i corsi di aggiornamento tenuti nelle aziende e nelle istituzioni statali rappresentano altrettanti momenti di questo costante bisogno di passaggi nello spazio del riformatorio, che il potere impone periodicamente ai propri governati. Tuttavia questo tentativo lascia sempre un resto, un manque, che riemerge al modo del rimosso, del nascosto che interferisce, che disturba, come una scarica radiofonica nel bel mezzo della trasmissione. Non a caso, nel racconto di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde, l’alter ego del tranquillo scienziato porta, nella radice del proprio nome, il concetto di nascosto. Come a dire che la rimozione vittoriana dell’Altro, che è la condizione per la definizione del Sé (Jekyll è precisamente ciò che Hyde non è, e viceversa), si rivela inefficace a dare ragione, una volta per tutte, della complessità del reale, e, in questa operazione di formazione tutta ideologica, lascia per strada una serie di pezzi della soggettività che, anche laddove, come spesso accade, siano incapaci di articolarsi, di darsi a propria volta una forma, non per questo sono meno coinvolti nel processo della sua costruzione dinamica. Il sogno del potere si frantuma all’altezza del disagio della civiltà che rimette sempre in circolo, come un veleno, il rimosso. Il tentativo del potere di disciplinare tutto, di possedere un lungo elenco di sudditi ordinati, si infrange sullo scoglio della conflittualità di ciascuno di questi individui con sé stesso, che rende, almeno in parte, inefficace l’azione formativa. Tale inefficacia deve, ovviamente, essere riguardata in modo positivo, in quanto costituisce una modalità di resistenza al potere dell’istituzione, una forma di non acquiescenza da parte del soggetto e quindi di spontanea, spesso inconscia, ricerca di libertà.

Il secondo significato di formazione presentato da Francesco Varanini, quello di in-formazione, possiede, di contro, sfumature assai diverse.

Anzitutto, nella sua accezione scolastica, esso prevede un atto che non è di irrigidimento della vita, come la formazione di cui si fa portatore il potere, ma che, al contrario, è creativo. L’in-formazione crea continuamente la vita, dona circolarmente una nuova vita, porta alla luce qualcosa che non c’era, rende coscienti di qualcosa, e, così facendo, stimola ulteriori sviluppi e riflessioni che, a loro volta, alimentano il circuito dell’in-formazione. L’in-formazione creativa è, dunque, per definizione, online, nel senso che costruisce una rete di connessioni e di collegamenti fra soggetti, saperi, esperienze, sentimenti, emozioni. Essa crea uno spazio multiforme e indisciplinato, o multidisciplinare, nel quale il valore aggiunto non è dato, come nel primo caso di formazione, dal sapere contenutistico, messo in scacco già dai tempi di Cervantes come corpo di conoscenze della società pre-moderna (nella quale l’aver saputo e l’aver saputo fare erano le precondizioni logiche del sapere e del saper fare), ma dal saper sapere, da una forma di sapere quadratico dove ciò che è centrale è la relazione fra i saperi e i soggetti e la capacità dei singoli di ipotizzare sentieri e percorsi del conoscere che non c’erano prima di essere scoperti. Qui la scoperta è creazione, inventio, nel senso letterale del termine, non tanto o non solo da parte di un singolo soggetto, ma piuttosto di tutti coloro che sono interconnessi al processo creativo [2] .

In secondo luogo, l’in-formazione si presenta come un atto dotato di una contemporaneità assoluta: come la creazione divina che avviene fuori del tempo, e quindi in tutti i tempi [3] , essa mette al corrente, ritempifica continuamente il sapere come presenza. In questa seconda accezione, l’in-formazione è presentificante, nel senso che supera tutte le barriere temporali, devasta l’ordine del mondo irrompendovi di continuo e ridisponendolo. E’ creazione come ri-creazione, svago, gioco e gioco di un dio, come quello del fanciullo eracliteo nello Zarathustra nietzscheano. Non solo tutti i soggetti e i saperi sono fra loro connessi in un unico spazio che include tutti gli spazi, ma, di più, lo sono in tutti i tempi, in unico tempo che unifica tutti i tempi, che li rende tutti compresenti.

Infine, in-formazione ha a che fare con in-formatica, con la creazione di quella logica binaria, di tipo on-off, che dalla diairesis platonica [4] era già stata indicata come essenza della logica, senza tuttavia che fosse possibile clonarla, trasferendola all’interno di una macchina che potesse anche essere, all’occorrenza, una protesi umana capace di costituire relazioni fra i soggetti, gli oggetti e gli eventi. E’ l’in-formatica, infatti, che consente l’auto-creazione dell’in-formazione nel circuito della rete e il superamento dei paradigmi dello spazio e del tempo amministrati imposti alla modernità, configurando così il passaggio epocale verso la post-modernità. Qualunque tentativo dello Stato o dell’azienda di normalizzare l’in-formatica riducendone la portata rivoluzionaria nell’ambito di un sapere saputo, ingabbiato in una logica di trasmissibilità di natura formativa, incontra la sconfitta proprio all’altezza della sua dinamicità intrinseca (in quanto infinito prodotto di un’infinita collettività di singoli soggetti), che ne sposta continuamente in là lo sviluppo, rendendo del tutto inutile e obsoleto il sapere saputo della configurazione tecnologica immediatamente precedente. In questo senso, diventa del tutto evidente come lo schema della formazione classica sia in realtà un antidoto che il potere costruisce contro il possibile sviluppo rivoluzionario della tecnologia dell’in-formazione: non, dunque, una modalità di trasmissione del sapere a soggetti che sono rimasti indietro nella conoscenza, ma, piuttosto e di più, un tentativo di mantenere per sé una posizione di potere del tutto superata dallo sviluppo del sapere come saper sapere. Poiché ogni sapere ha il proprio potere e viceversa, la formazione e il potere pre-informatico danno luogo a una pericolosa costellazione della quale dovrebbe essere chiara a tutti l’essenza regressiva, ma sono anche costantemente messi in crisi dall’emergere creativo dell’in-formazione collettiva che disgrega lo spazio e il tempo, ridefinendo il sapere come il proprium della libertà.



[1] “Tra il crimine ed il ritorno al diritto e alla virtù, la prigione costituirà uno «spazio fra due mondi», un luogo per le trasformazioni individuali che restituiranno alla Stato i sudditi che aveva perduto. Apparato per modificare gli individui, che Hanway chiama «riformatorio».” Michel Foucault, Sorvegliare e punire. La nascita della prigione, tr. Einaudi, Torino 1994, p. 134.

[2] Sul concetto di intelletto divino come intelletto collettivo, cfr. Pierre Lévy , L’intelligenza collettiva: per un’antropologia del cyberspazio, tr. Feltrinelli, Milano 1996.

[3] Continuerà ad accadere per tutta l’eternità, finché Satana, liberamente, sceglierà il Bene, come sosteneva Franz Rosenzweig.

[4] Cfr. Platone, Sofista.

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