BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 23/07/2002

Con Bloom! e oltre Bloom!: parole scritte su carta. Una rivista

di Francesco Varanini

Bloom! ha mostrato come si può condividere la conoscenza a partire da un progetto. Lavorando si accumulano esperienze, e pensa e si riflette, si formulano ipotesi interpretative. Questi contenuti possono che possono esser proficuamente portati alla luce e mostrati agli altri.

Bloom! continua per la  sua strada, fondato sulla valorizzazione di frammenti e tracce, materiali sparsi, frutto della vita, in parte sempre segreta, delle comunità professionali.

Bloom! e si autoalimenta -senza nessun esplicito sostegno promozionale-, e di settimana in settimana accresce la diffusione e consolida il suo ruolo.

Pensiamo però che intanto si possa, partendo dallo stesso approccio, fare dell’altro.

Crediamo che ci sia uno spazio da occupare. Ecco qui allora il progetto di una rivista che come Bloom! porti alla luce i contenuti che emergono dalle comunità professionali - ma in modo più organizzato, andando al di là del frammento e dell’accumulazione.

Una rivista aperta ad accogliere contributi di chi ha qualcosa da dire, non solo dei ‘soliti noti’. Un luogo di scambio di conoscenze, ma anche di sedimentazione.

Una rivista pensata a partire dall’esistenza della Rete. Ogni nuovo medium ci insegna a leggere in modo nuovo i ‘vecchi’ media. Il nuovo medium, offrendoci nuove opportunità, ci spinge a ripensare a ritroso a i media che si tenevano già noti, ripensandone e raffinandone l’uso. Se un sito funziona con bassissimi costi, e si caratterizza per rapidità e velocità di alimentazione e pubblicazione, basse barriere di accesso, assottigliamento della differenza tra autori e lettori, diffusione basata sul passaparola, allora, in presenza di questo media, la collocazione ed il ruolo e la costruzione interna di una rivista dovranno essere ripensate: ciò che può essere fatto con un sito, non ha senso fare con una rivista ‘stampata su carta’. La rivista stampata su carta sarà così costretta a precisare la sua vocazione, il suo valore distintivo.

Così del resto il cinema aveva imposto un ripensamento del teatro, e il telefono aveva imposto un ripensamento del telegrafo, e la radio aveva imposto un ripensamento del telefono, e la televisione ha imposto un ripensamento della radio. E’ questo il tema di Remediation [1] , interessante libro di Jay D. Bolter appena uscito in italiano. Un libro che indulge ad un linguaggio inutilmente criptico e dotto, e non buono come il precedente Writing Space [2] , che all’inizio degli anni novanta costituì un vero punto di svolta. Ma comunque un libro interessante. Reso però per noi ancora più interessante da un accidente non voluto dall’autore. Un accidente che conferma in modo ironico e paradossale la tesi del libro, e permette a noi di mettere a fuoco un aspetto chiave dei ripensamenti che i siti impongono alle riviste.

L’editore italiano, Angelo Guerini, è persona appassionata e innamorata del proprio lavoro di editore. Per lui, come per molti ‘produttori di contenuti, il prodotto stampato su carta sembra essere feticcio, simbolo assoluto, momento centrale ed assoluto della produzione testuale. Invece di rileggere il prodotto editoriale stampato su carta alla luce di cosa insegna la parola sulla rete, tende a difendere con pervicacia il libro ed il suo modo di produzione e di diffusione. Eppure dovrebbe apparire evidente che la presenza della parola sulla Rete rapidamente accessibile, interconnessa, mobile, dovrebbe apparire evidente che la disponibilità copiosissima di contenuti facilmente copiabili e replicabili cambia la scena. Non per questo la parola stampata su carta perde valore. Ma si dovrebbe pensare che niente può essere come prima, alla luce della presenza di un medium diverso, a suo modo evidentemente efficace.

Angelo Guerini, come tanti, non riesce ad accettarlo. E così ogni pagina del libro, anche le pagine in cui  si sostiene che il libro deve riscoprire la sua vocazione, porta una minacciosa quanto vana scritta: “Edizioni Angelo Guerini e Associati. La fotocopia non autorizzata è illegale”. Bisogna dire del resto che Guerini è in buona compagnia. Leggiamo insieme le frasi che ci troviamo sotto gli occhi se appena apriamo un libro di Laterza: “E’ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.”

Non percepite la rabbia sorda, ma anche il senso di impotenza? Perché mai dovremmo sentirci in colpa se facciamo una fotocopia o se leggiamo con lo scanner un testo e lo salviamo su file. E perché mai dovremmo credere che gli interessi di una casa editrice pervicacemente legata ad un modello di business siano anche i nostri interessi, e gli interessi della cultura (di quale ‘cultura’, poi). La trasmissione della conoscenza si fonda sulle capacità di usare le opportunità offerte dalla tecnologia. Mica sulla censura. O no? 

Putroppo il fondamentalismo librocentrico e copyrightcentrico di Guerini e di Laterza non è una posizione strana. E’ normale sentirlo sostenere in ogni Convention di ogni casa editrice italiana: ‘prima mission della casa editrice è la difesa del copyright’. [3] E’ normale sentir chiamare a raccolta gli autori dicendo loro: solo attraverso la mediazione di noi editori potrete vedere riconosciuto il vostro ruolo di produttori o diffusori di conoscenze. (All’estero credo che almeno in parte l’atteggiamento sia diverso).

Eppure la Rete disintermedia, rendendo evidente la possibilità di connettere direttamente autore e lettore. Eppure la Rete propone un modello che vede tutti, a seconda dei momenti, produttori e fruitori. Eppure la fotocopiatrice e la digitalizzazione delle informazioni rendono ridicolmente facile la copia, la riproduzione, il riuso.

Ora, pensiamo, in questo nuovo scenario la ‘parola scritta su carta’ non perde certo il suo senso. Ma lo cambia. Questo progetto, che vi invitiamo a considerare ‘una cosa che vi riguarda’, si propone di andare in questa direzione. 


[1] Jay David Bolter e Richard Grusin, Remediation. Uderstanding New Media, The MIT Press, Cambridge, London, 1999; trad. it. Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Prefazione e cura di Alberto Martinelli, Guerini e Associati, 2002.

[2] Jay David Bolter, Writing Space. The computer Hypertext and The History of Writing, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale (N.J.), 1991, trad. it. Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesto e la ri-mediazione della stampa, Vita e Pensiero, 2002 (seconda edizione).

[3] In alternativa al Copyright, si vanno definendo nuove forme di ‘protezione’. Vedi l’idea di ‘Copyleft’: http://dsl.org/copyleft/dsl.txt

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