BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 30/06/2003

E-LEARNING: CRISI E POSSIBILE RIPARTENZA

di Francesco Varanini

Dubbi e interrogativi

Concretamente, confrontiamoci con la quotidiana esperienza di chi, impegnato nell’area Risorse Umane, si trova di fronte a questa sfuggente novità: l’e-Learning. Telefonate e e-mail di fornitori bombardano, chiedendo appuntamenti, proponendo novità, invitando a seminari e a workshop. Contemporaneamente, la funzione aziendale Sistemi Informativi si fa viva per imporre vincoli e standard, e magari si sbilancia a proporre soluzione dedicate.

Nel frattempo, si è comunque in difficoltà nel tenere insieme i pezzi: formazione tradizionale e sistemi delle competenze, sistemi premianti, percorsi di carriera, sistema gestionale. Le procedure parlano tra di loro con difficoltà. Oppure, all’opposto ci si trova di fronte alla scelta aziendale di introdurre anche nell’area delle Risorse Umane il modulo di un sistema gestionale tipo ERP, mettiamo SAP.

Manca spesso una cultura adeguata in chi, come fornitore o come funzione aziendale deputata, propone od offre alla funzione Risorse Umane le soluzioni tecnologiche, i sistemi informativi: va bene parlare di Human Resource Mangement System, di Data Base fondato su una unica anagrafica, di piattaforme e web services. Ma sanno costoro cosa vuol dire gestire e sostenere lo sviluppo delle persone?

Ma altrettanto spesso manca anche, da parte di chi lavora nell’area delle Risorse Umane, una solida base di conoscenze sulle tecnologie. Non si tratta di essere specialisti, ma di dominare i codici necessari per parlare con gli specialisti. Sarebbe importante essere in grado di autonomamente comprendere, senza dipendere da consigli interessanti, cosa significhi scegliere l’una o un’altra soluzione. Non è così facile.

La situazione è aggravata dal fatto che il mercato, nell’ultimo anno, è andato incattivendo.  Direzioni Risorse Umane che hanno fatto scelte sulla carta, si trovano ora magari in difficoltà a implementarle: la piattaforma di e-Learning prescelta non riesce a scambiare dati con le procedure gestionali, il corso acquistato da un altro fornitore non gira sulla piattaforma, nonostante piattaforma e courseware sbandierino lo stesso standard. 

Altre Direzioni Risorse Umane, al contrario, non hanno ancora compiuto una scelta, e più passa il tempo più i responsabili si sentono in difetto. Essere gli ultimi non fa piacere; eppure non esiste nessuna vera best practice da seguire; non si capisce nemmeno, in realtà, a che cosa l’e-Learning serve davvero. Anzi, più passa il tempo e meno chiaro appare chiaro cosa sia effettivamente l’e-Learning.

Al contempo chi lavora sul lato dell’offerta trova sempre più difficoltà a farsi ascoltare, a formulare una proposta, e in ultima analisi a fare il fatturato. Si vendono ancora le piattaforme? O si vende l’erogazione del servizio in regime di Application Service Provider? O si vende innanzitutto consulenza? Chi governa in realtà l’offerta, il fornitore di soluzioni tecnologiche o il fornitore di contenuti?

Ripartenze

Se questo, come credo, è il quadro, non servono autorevoli teorie e modelli alti. Serve un po’ di chiarezza su alcuni punti base. E poi serve quella sicurezza soggettiva che può permettere a ciascun attore di guardare il mondo, anche lo sfuggente mondo dell’e-Learning, dal proprio punto di vista. Non lasciamoci fuorviare da teorie rassicuranti, da luccicanti o astruse tecnologie. Restiamo con i piedi per terra e ragioniamo intorno ai processi di costruzione, socializzazione e diffusione delle conoscenze a partire dalla nostra cultura, dai nostri valori, a partire dal nostro business.

In fondo, non si deve dimenticare che tecnologia, oggi, per quanto poco la si domini, è comunque orientata a diventare una commodity. Non esiste la tecnologia ottimale, ogni scelta è sub-ottimale, tutti i sistemi sono integrabili. La tecnologia non impone vincoli, offre opportunità. Anche se magari  preferiremmo allontanare da noi questa responsabilità, possiamo scegliere e progettare. La disponibilità di nuove tecnologie impone un ritorno alla strategia.

Dunque, cos’è l’e-Learning? L'e-Learning è lavoro intorno alla conoscenza –costruzione, socializzazione e diffusione– fondato sull'uso di strumenti di Information & Communication Technology'. L'I&CT va intesa in senso ampio: Data Bases, sistemi, architetture, connessioni, Reti. L'I&CT contribuisce in maniera profonda alla ristrutturazione dei processi di trasferimento delle conoscenze: dai supporti didattici usati in aula (Power Point, collegamenti alla Rete) alla formazione a distanza.

Da questa definizione risulta evidente che il confine tra ciò che si è soliti chiamare ‘e-Learning’ e ciò che si è soliti chiamare Knowledge Management è sfumato, forse impalpabile. Al centro, simbolo e grande metafore, sta una Base Dati delle conoscenze, organizzate in moduli elementari, moduli che potranno essere connessi ed articolati a piacere.

Da questa definizione, inoltre, risulta evidente che è gravemente riduttivo considerare centrale nella riflessione sull’e-Learning l’idea della Formazione a Distanza, o Distance Learning. Al contrario, l’e-Learning è l’occasione per un ripensamento complessivo di ciò che tradizionalmente chiamavamo Formazione. La tecnologia permette di vedere in modo integrato, come aspetti di un unico processo, formazione in aula, formazione individuale, libero accesso a fonti di conoscenza.

Se questo è vero, si dovrà guardare con occhio critico alle piattaforme. Le piattaforme –i Learning Management System, software applicativi  proposti come soluzione in grado di coprire la gestione del complessivo processo formativo– sono condizionate da un vizio originario. Sono nate come strumenti specializzati nell’erogazione di formazione a distanza (Distance Learning). A questa primaria funzione ne sono state poi aggiunte altre –gestione del catalogo della complessiva offerta formativa, ivi compresa la formazione in aula, calendari, sistemi di valutazione, strumenti per il Knwledge Management–. Ma il vizio originario resta: la formazione è pensata a partire dalla centralità della formazione a distanza. E si può dire, in generale, che una piattaforma, più integra funzioni e sottoprocessi diversi, più è pericolosa. L’integrazione si fonda su una strategia, su una idea di processo ideale, che non è detto sia il processo che volgiamo o dobbiamo mettere in atto nella nostra organizzazione.

Accade così che a conti fatti le piattaforme, magari acquistate a caro prezzo, restino largamente sottoutilizzate.

L’e-Learning (e il Knowledge Management) impongono poi un riesame dei ruoli e delle competenze.  Con l’uso di Basi Dati e di strumenti di relazionamento reticolari (dalle reti locali client/server a Internet) emergono nuovi ruoli.

Pensiamo a figure dedicate alla gestioni di Basi Dati di contenuti: sia basi dati di conoscenze (Knowldge), sia più strettamente basi dati di contenuti formativi. Pensiamo al curatore di comunità virtuali, siano esse legati ad attività formative strettamente intese (corsi o percorsi) o legate alla comunicazione interna (Intranet, Portale interno).

Diviene necessaria, tra tutti coloro che lavorano alle Risorse Umane, la diffusione di una cultura informatica. Ciò avverrà sia attraverso formazione rivolta alle figure attualmente attive, sia attraverso l’introduzione di risorse dotate di conoscenze relative all’I&CT. Non servono specialisti, ma persone capaci di comprendere il linguaggio degli specialisti, e di scegliere gli strumenti non in funzione di un astratto ‘ottimo’ tecnologico, ma al contrario in funzione delle strategie aziendali, nello specifico in funzione delle strategie di sviluppo delle Risorse Umane. 

Poi, in particolare, con l’e–Learning è messo in discussione del formatore. Siamo ancora legati a una immagine del formatore fondata su una idea di scarsità: i contenuti erano rari e difficilmente accessibili. Esisteva una grande differenza tra le possibilità di accesso ai contenuti del formatore e del discente. In virtù della diffusione di strumenti I&CT il quadro appare oggi radicalmente cambiato, e caratterizzato dall’'abbondanza. Abbondanza di modalità di apprendimento e di contenuti (in larga misura gratuiti), disponibili anche per i ‘discenti’ (è d’obbligo a questo punto porre la parola tra virgolette), senza che sia necessaria la mediazione del formatore. Il formatore è stimolato/costretto a ripensare il suo ruolo. In prospettiva, essendo ognuno di noi nodi di una stessa rete che tutti interconnette, siamo, a seconda dei momenti e dei contenuti veicolati, tutti docenti e tutti discenti. 

Un possibile cammino

Partire dalle strategie significa subordinare la scelta degli strumenti tecnologici alla cultura ed agli obiettivi. Sembra ovvio, ma non lo è. Pensiamo a volte che la tecnologia sia neutrale. Oscilliamo tra il pensare che la tecnologia è la panacea che ci libera dalla necessità di pensare strategicamente, e il pensare che la tecnologia è un male necessario, una ignota e inconoscibile scatola nera con la quale dobbiamo nostro malgrado convivere. Dovremmo invece pensare che la tecnologia è una leva in grado di potenziare il valore delle nostre autonome scelte.

Si disponga o no di tecnologie avanzate, niente ci esime dal partire dal Piano formativo. Le aspettative delle persone, liberamente manifestate; così come i bisogni espressi dai responsabili di business; così come le esigenze emerse dal gap tra competenze necessarie e competenze possedute, tutto confluisce –perdonate la banalità– in un grande quadro d’insieme, una matrice a due entrate che incrocia le diverse popolazioni (ed al limite le singole persone) con i corsi ed i percorsi  formativi.

Più si scende nel dettaglio, più si va verso la singola persona e verso il contenuto formativo elementare (Learning Object), più il lavoro esige un supporto informatico. Ma sarebbe del tutto errato considerare il supporto informatico prerequisito necessario. I piani formativi si sono sempre fatti, anche quando i supporti software neanche ce li sognavamo. Quello che conta è la visione sistemica fondata sull’idea di cercare, per approssimazioni successive, in continuo, il migliore punto di incontro tra persone e contenuti.

Solo dopo aver pensato, e sempre avendo bene in testa, il proprio Piano formativo, si potrà pensare alle tecnologie. Pensiamo a software destinati a sostenere il processo: Basi Dati dei contenuti; calendarizzazione e planning delle attività; valutazione, tracciamento e consuntivazione delle attività formative svolte.

Ma pensiamo anche e soprattutto al cuore della formazione. Come si trasmettono e diffondono le conoscenze? Ora, abbiamo visto, esistono due mondi, purtroppo di frequente ancora oggi vissuti come del tutto separati: l’aula e la formazione a distanza. Si dovrebbe invece cogliere un fatto: sia l’aula che il Distance Learning sono canali, modalità di erogazione di contenuti. E ancora, si dovrebbe tener presente anche l’esistenza degli altri canali, o media: il libro, la dispensa, altri materiali scritti su carta, la formazione individuale in presenza, il coaching, la tutorship.

Ci si dovrebbe insomma domandare come si può ‘gestire insieme’ i canali, in soprapposzione, in blending, usando ognuno dove è più adeguato. In una parola: multicanalità.

La multicanalità è una grande opportunità.  Ma è una opportunità che bisogna saper cogliere. I canali, i media, a seconda di come sono usati, si rafforzano o si danneggiano l’un l’altro. Per meglio dire: finché si usa un canale solo – o si usano due soli canali, due sole metafore, l’aula ed il libro – tutto sembra semplice, magari solo perché si tratta di mezzi usati da millenni. Ma a ben guardare, la questione è complessa. L’adozione di ogni medium impone, a ritroso, un ripensamento dei media già precedentemente usati. Il cinema impone un ripensamento del teatro, una maggiore attenzione alle specificità del teatro, una più attenta riflessione sulla grammatica e sulla sintassi del teatro. A fronte di quali contenuti, di quale pubblico conviene usare il cinema, o il teatro? Altrettanto è accaduto poi, la televisione ci ha costretto a ripensare il cinema. E così via. Più mezzi e canali usiamo, più deve incrementarsi la nostra competenza. Usare un canale scarsamente adeguato, ove non siano disponibili alternative, non può essere considerato un difetto. Ma dove la multicanalità è disponibile, usare canali inadatti, o scegliere in modo inappropriato il mix di canali –rispetto ad un dato contenuto e rispetto ad un dato pubblico– costituisce un errore che vanifica investimenti e impedisce un reale trasferimento di conoscenze.

Eccoci quindi giunti ad un’ultima metafora. Il Piano formativo, matrice a due entrate, ma piatta, è necessario ma non sufficiente. L’immagine dell’e-Learning è un metacubo, un oggetto nel quale confluiscono e sono comprese tutte le informazioni e le conoscenze e le aspettative coinvolte nel processo di trasferimento, diffusione e socializzazione delle conoscenze.

Così come i metacubi usati per sostenere le strategie di marketing coinvolgono in un unico sistema le informazioni relative ai prodotti/servizi, le informazioni relative al territorio ed alla geografie, le informazioni relative a come i fenomeni si evolvono nel tempo, qui un unico ideale sistema informativo è chiamato a tenere insieme contenuti, descrizione delle popolazioni interessate, mezzi e canali disponibili.

Non sto sostenendo qui che per fare veramente e-Learning si deve implementare e rendere funzionante un sistema informativo siffatto. Dico che un sistema informativo siffatto è realizzabile usando le piattaforme attualmente sul mercato, aggiungo che forse è più realistico pensare che un sistema siffatto è più realisticamente implementabile con strumenti di Data Mining, integrando tra di loro informazioni allocate in Data Bases e procedure diversi. (Così accade del resto anche per i metacubi – cruscotti, strumenti d Business Intelligence e simili– adottati nel summenzionato caso di marketing).

E dico soprattutto che il software ed i sistemi informativi vengono dopo. Prima viene la strategia. Il metacubo è innanzitutto un modello mentale. Una metafora che si sovrappone a quella di ‘Corporate University’: in entrambi casi si guarda al sistema formativo aziendale come un unicum irripetibile. Nel caso della Corporate University si definisce il sistema nobilitandolo con l’analogia: la ‘nostra’ scuola non teme paragoni. Con il metacubo, in modo complementare, sottolineiamo le interazioni interne, e al contempo la necessità di una visione d’insieme.

E’ una buona maniera, mi pare, per guardare alla formazione accettando la sua natura di sistema complesso.

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