BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 14/07/2003

AUTORI E LETTORI: IL CRM SECONDO ROUSSEAU E GARCÍA MÁRQUEZ

di Francesco Varanini

Questo articolo [1] nasce da una situazione ambigua. In veste di critico letterario [2] mi trovo a riflettere sui rapporti che legano l’opera al suo autore. L’autore produce l’opera a partire da un proprio personale progetto. Il lettore (probabile, possibile, conosciuto o sconosciuto) viene dopo. [3]

Ma per la maggior parte del mio tempo uso le mie competenze in altro modo. Mi occupo di funzionamento organizzativo, di come la creazione sociale di ricchezza si realizza all’interno delle imprese, di come Ricerca & Sviluppo, e poi Produzione e poi Distribuzione portano nelle mani di una persona un qualcosa in grado di soddisfare, probabilmente, un suo bisogno.

Diciamola tutta: ultimamente, in questa seconda vita, anche seguendo certi andamenti ciclici del mercato, mi occupo molto di CRM, Customer Relationship Management.

Così ora mi trovo di fronte ad una contraddizione. Perché in quanto critico letterario sostengo una tesi che –almeno a prima vista– appare in totale contraddizione con la tesi che mi trovo a sostenere quando ragiono di CRM.

Scrivere per sé

Mi spiego. Trovo una misteriosa e tragica bellezza nei libri che non vogliono essere belli, e che abbracciano tutto, contengono di tutto, libri macerati, impuri, mostruosi. Libri distillati dagli umori più sgradevoli, libri segregati dal corpo "come la sudorazione mortale, come quella goccia che inavvertitamente cade dall'occhio e somma la osteina, l'amniotico, l'urea e il salmastro e ci trasforma in un istante in pesce e in uccello, come se l'incessante contemplazione dell'occhio del pesce e dell'uccello, ci portasse a sommergerci nelle acque o a galleggiare nell'aria". [4]

Per gli autori di libri siffatti scrivere è una necessità, non un lavoro; scrivere, su qualsiasi argomento, è cercare sé, cercare di essere come dei: attraverso la scrittura instauro la mia onnipotenza. La creatività è il solo processo psicologico che possa lenire il senso di colpa. [5] La creazione si nutre della sofferenza: scrivendo scavo nella pattumiera della mia sessualità infantile; e non è solo spazzatura irrancidita: trovo tesori, scopro che il filo della mia vita non è solo una matassa contorta, ri-conosco il mio passato, mi rapporto con i desideri sopiti dal tempo, ricostruisco la mia identità, restauro la mia integrità narcisistica. La poesia è recupero della comunione durevole con se stessi in una conoscenza senza limiti, è superamento mitico di tutte le linee di separazione -tempo amore morte destino- in un unico universo ricreato. [6]

La scrittura è un lavoro solitario, privo di compiacimenti, che non necessita interventi esterni -di lettori autorevoli, critici, recensori. Perché dovrei scrivere come si deve, come i maestri, come i padri? Perché anche scrivendo dovrei reprimermi per corrispondere alle aspettative? Perché dovrei farlo? Scrivendo non cerco il successo, [7] cerco me stesso. [8]

L'opera -le Soledades di Góngora [9] come L'uomo senza qualità, [10] come la Cognizione del dolore [11] e come Oppiano Licario- è finita (lasciata libera dall'autore, allontanata dal tavolo di lavoro, abbandonata) non quando è pronta -astrattamente pronta: rifinita, levigata- ma quando ha assolto il suo scopo autoterapeutico. "L'importanza estetica di un'opera dipende strettamente dalla funzione che l'opera ha avuto per l'autore". [12] Così Gadda, chiuso nella villa con la madre (e non importa se in Brianza o in Argentina), fa i conti con la propria aggressività: le funzioni di musa "sono delegate al rancore", come in Musil, come per Mademoiselle Vinteuil [13] - e allora il romanzo procederà sull'onda di insulti inferti attraverso la scrittura all'oggetto del massimo amore. [14] La scrittura libera dall'odio, permette di fare i conti con il proprio passato. Così Ortese scrivendo dell'Iguana [15] trova il modo di convivere con la sua solitudine, e Rhys [16] tornando in ogni pagina alle Indie Occidentali salda il suo debito con la nostalgia. Così Lowry [17] trova in Messico il luogo per mettere in scena tutti i suoi fantasmi di morte, ed esorcizzarli.

Così Lezama: la fanciullezza è ricordata come momento di grande felicità: un'armonia paradisiaca regnava fra i genitori. La morte del padre assume il significato della cacciata dall'Eden ed esprime la solitudine, l'essere sradicati, divisi. Ma poi Lezama-Cemí scopre la poesia come modo per tornare a quei luoghi. L'amicizia di Fronesis e Foción è il primo gradino dell'educazione letteraria, ricerca della felicità perduta; poi avrà in dono l'iniziazione del maestro Oppiano Licario, finché lui, l'apprendista scrittore, scoprirà che il codice per decifrare il mondo e creare nello stesso tempo un nuovo universo è nelle sue mani, e potrà allora riconciliarsi con se stesso, dominare, ricreandola attraverso la scrittura, la sua vita. [18]

Così Onetti insegue "nella notte e nella più assoluta solitudine" i suoi trionfi e i suoi fallimenti, totalmente abbandonato "al proprio caos interiore", ma anche mosso da un "assoluto rispetto per la vita, e per gli esseri che la popolano". E aggiunge: "esistono due tipi di scrittori: il marito e l'amante. Il primo si dedica quotidianamente e meticolosamente alla pagina bianca. Il secondo quando gli gira, quando è colto da un indomabile desiderio. Beh, io faccio parte decisamente della seconda schiera. Scrivo per me, per il mio piacere, un mio vizio, una dolce condanna". [19]

La centralità del lettore e il libro come servizio

Insomma, come critico letterario sto dalla parte di un certo tipo di scrittori, Ortese, Gadda, Rhys, Lezama, Onetti, Céline, Lawrence, a Henry Miller, ad esempio, scrittori che se ne fregano del mercato, che non pensano a cosa piace e non piace ai lettori. Scrittori che ragionano come Rousseau, grande precursore del viaggio alla ricerca di sé, che ancora nella parte iniziale della sua autobiografia abbandona con uno scarto inopinato il discorso che sta facendo, perché non può fare a meno di notare: "So bene che il lettore non ha un gran bisogno di sapere tutto questo, ma io ho bisogno di dirglielo". [20]

Mi chiederete a questo punto cosa c’entra tutto questo con il CRM.

C’entra, perché se è vero, come ho detto fin ora, che il libro è un contenitore, in un modo o nell’altro i libri, anche i libri che l’autore ha scritto per sé, sigillati nel cellophan, abbelliti magari dalla fascetta del premio appena vinto, finiscono in bella vista negli scaffali delle librerie. Il libro è un prodotto sui generis, ma è comunque un prodotto. Un qualcosa destinato a soddisfare il bisogno di un cliente. Di più. Andando oltre il ‘prodotto’ se vogliamo, possiamo anche collocare il libro in una logica di ‘servizio al cliente’. Non conta l’oggetto in sé, il libro è un modo di offrire servizio, un servizio di informazione ed intrattenimento.

Perché quando si ragiona di CRM si costruisce ogni discorso attorno alla figura del cliente. Il cliente domina la scena. Sta al centro. Obiettivo di una strategia CRM è ripensare l’impresa come sistema cliente-centrico. Perché, per definizione, il cliente sa ciò che vuole – cosicché il dell’impresa si riassume nel comprendere l’aspettativa, e nell’adeguare all’aspettativa l’offerta. Il

il cliente non solo ha sempre ragione, non è solo re. Il cliente è dio, nel senso che determina la scena ed è, al limite, l’unico soggetto creatore. L’impresa ripensata in una logica CRM è, infatti, nella visione ideale, un luogo al quale può accedere facilmente, un luogo nel quale trova, semilavorati, configurabili in diversissime maniere, gli elementi per autocostruirsi la risposta al bisogno. Così, si dice, il cliente potrà scegliere tra migliaia di alternative possibili la sua polizza di assicurazione, attingendo a una ‘distinta base’ di garanzie, o analogamente potrà scegliere all’interno di una vasta gamma di alternative l’allestimento della sua automobile, che risulterà unica e inconfondibile, ‘fatta su misura’. (Notate che l’idea di ‘centralità del cliente’ può essere applicata a tutte le figure di clienti ipotizzabili. Può essere ri-collocato al centro il ‘cliente finale’ di prodotti di largo consumo. Ma può anche esserlo anche il dealer, mettiamo il concessionario della casa automobilistica -si parla in questo caso di PRM, Partnership Relationship Management-. E può ripensare ogni organizzazione nella logica del servizio al ‘cliente interno’, si parla allora di Employee Relationship Management).

Ora, non c’è da meravigliarsi, questo può accadere anche per la produzione libraria. Il lettore chiede una certo libro, l’autore si adegua. Se il lettore è un cliente-re, o anzi cliente-dio, compito dell’autore è comprendere cosa il lettore si aspetta, e scrivere di conseguenza.

Eccoci quindi al punto: se si guarda alla luce del CRM il ruolo dell’autore, la mia idea dell’autore che scrive quello che gli pare, e che impone al lettore quello che lui ha bisogno di dire, questa idea, è evidente, va a farsi benedire.

Ben lungi da scrivere quello che gli pare, l’autore dovrà sottostare a uno stretto mandato. Mettersi al servizio dell’autore. Fornirgli il libro che il lettore si aspetta.

Gabriel García Márquez, eroe del CRM

Allora, l’autore ideale è Gabriel García Márquez. Forse nessuno come lui scrive proprio i libri che il pubblico si aspetta.

E’ interessante notare che García Márquez aveva esordito scrivendo libri che parlavano di un suo mondo, libri che prescindevano da quello che stavascritto negli altri libri e da quello che si aspettavano i lettori. Cent’anni di solitudine [21] aveva un contenuto originale. Parlava dell’unico mondo che García Márquez conosce veramente; Macondo è una recapitolazione dei piccoli centri che stanno in Colombia tra il rio Magdalena e la costa caraibica.

A Cent’anni di solitudine arrise un inatteso successo. Da allora, imparata la lezione, compreso che questo era quello che il pubblico voleva, García Márquez è diventato un imitatore di se stesso. E da allora è il cocco del mercato editoriale globale.

Perché nessuno come lui offre la merce letteraria più facile da vendere: letteratura d’evasione. Tratta di temi esotici, di un mondo lontano (non importa se inesistente) nel quale è bello immaginare di poter fuggire. Un mondo che sostiene e rinforza il mercato del viaggio organizzato: villaggi vacanza, facile turismo. Ma García Márquez offre anche, ed in questo non ha concorrenti, anche l’evasione politica. Solo lui porta con sé l’immaginario di una stagione politica di facili utopie rivoluzionarie, rimanda all’icona del Che Guevara, solo lui propone oggi una lettura decente della figura di Fidel Castro.

E ancora. García Márquez è l’autore ideale perché dietro ogni libro è sempre ben presente il personaggio. Un personaggio particolarmente facile da vendere. Ostenta le sue idee di sinistra, e un machismo tutto latinoamericano, ma si sa che non c’è motivo di temerlo. Le sue contraddizioni fanno di lui una pedina manovrabile. Se ne era venuto in Europa negli anni cinquanta solo perché alcune cronache giornalistiche l’avevano reso inviso alla dittatura di Rojas Pinilla. Negli anni sessanta lascia New York, dove era per conto dell’agenzia castrista Prensa Latina, quando ancora sembra che lo sbarco alla Baia dei Porci sia un successo. Annuncia solennemente che non scriverà più un romanzo fino alla caduta di Pinochet, ma poi cambia idea e pubblica La cronaca di una morte annunciata. [22] Negli anni ottanta lascia precipitosamente la Colombia perché teme di essere interrogato dalla polizia che indaga sul gruppo guerrigliero M-19. E quando ormai è un mostro sacro minaccia ancora a più riprese di lasciare il proprio paese a causa di attacchi alla libertà di pensiero, che sono invece al massimo attacchi all’entità dei suoi diritti d’autore.

Nessuno è come lui. Solo García Márquez si scaglia contro il Premio Nobel, bollandolo come

“alloro senile”, e però l’anno dopo, avendolo vinto lui, senza pudore va a ritirarlo.

Fa comodo a tutti questo autore che produce merce così facile, merce più piacevole da leggere di quella prodotta da una Allende o di un Baricco. E’ il Maradona della letteratura; come Maradona virtuoso, dotato di una maestria ingenua, di una innata abilità di giocoliere del linguaggio – ma uomo debole, ricattabile. Fa comodo a tutti questa voce standard del Terzo Mondo latinoamericano. Fa comodo il personaggio non all’altezza del nostro stile e della nostra raffinatezza. Mentre lo incensiamo, in fondo ridiamo di lui. E facendolo ricco lo sfruttiamo, costringendolo in un ruolo, arricchendoci alle sue spalle.

Dall’entropia alla sfacciata soggettività

Sto cercando di dirvi che non è tutto oro quello che luccica. A parte Cent’anni di solitudine e L’autunno del patriarca [23] García Márquez è un autore disprezzabile. Del resto, ero partito dicendovi che gli autori migliori sono quelli che scrivono per sé; ed è del tutto evidente che García Márquez non scrive per sé, ma solo per il mercato.

Però come la mettiamo con il CRM? García Márquez è disprezzabile, ma i suoi clienti sono soddisfatti. Se potessero descrivere il libro che desiderano, descriverebbero esattamente il libro, sempre uguale a se stesso, che García Márquez continua a dare loro.

Quale conclusione dobbiamo trarre? Se García Márquez incarna perfettamente l’idea del CRM, allora con García Márquez dobbiamo anche buttare l’idea del CRM?

Non mi importa dare risposte, mi importa sollevare questioni. La figura dell’autore centrato su di sé, chiuso nel suo mondo, totalmente disinteressato di cosa si aspetta il lettore, è un antidoto salutare alla figura dell’autore che si adegua, che produce pura merce letteraria.

Per analogia, un produttore di beni o servizi legato a propri valori, a una cultura distintiva, pervicace nel sostenere una propria offerta, è un antidoto salutare a produttori di beni o servizi che si nascondono dietro il dito del ‘cliente che sceglie’. Affermando che il cliente sta al centro, delegando a lui ogni scelta ed ogni responsabilità, ci creiamo un bell’alibi: è lui che sceglie, è lui che decide. E’ lui che è sempre responsabile di tutto. Del successo di un cattivo prodotto, del livellamento in basso dei gusti, di un mercato entropico fatto di prodotti e servizi sempre più uguali l’uno all’altro.

Di fronte a questo scenario ‘normalizzato’ è utile pensare a Rousseau quando scriveva "So bene che il lettore non ha un gran bisogno di sapere tutto questo, ma io ho bisogno di dirglielo". Potremmo tradurre: "So bene che il cliente non ha ancora pensato che questo prodotto possa interessarlo, ma io penso sia giusto offrirglielo".

Ecco dunque quello che forse è il vero spazio per il CRM. Il CRM -inteso come insieme di tecnologie, dal telefono a Internet, che facilitano l’incontro tra domanda e offerta è benvenuto se facilita l’incontro tra soggetti, nella nostra metafora tra l’autore e il suo lettore ideale, e viceversa. La tecnologia, in questo caso, è neutrale: può favorire l’incontro one-to-one, o può essere all’opposto usata per rendere più vasto ed assoluto il successo di tutti i García Márquez.

Per dirla altrimenti, il CRM sarà utile se funzionerà nel senso della disintermediazione. Attraverso la tecnologia, autore e lettore possono entrare in relazione rendendo meno necessaria la mediazione dell’editore. E’ l’editore, ricordiamolo, che -nel proprio comprensibilissimo interesse-  lavora per trasformare ogni autore-che-scrive-per-sé in un povero García Márquez.

Si torna così daccapo, domanda e offerta devono incontrarsi. Al di là delle leve del marketing, al di là delle nuove tecnologie, è sempre una relazione tra soggetti e tra mondi, che ha sempre, in qualche modo, a che fare con l’etica. Così come ci sarà sempre un autore che nel chiuso di una segreta stanza, lontano dalle chimere del best seller, scrive un’opera inattesa che ci illuminerà, così, allo stesso modo, possiamo pensare che ci sarà sempre un imprenditore che leggendo i segni dei tempi trova tempestivamente la risposta a un bisogno emergente.

Relazione tra soggetti e tra mondi, fondata sul valore di quello che si offre. Sul valore che reciprocamente si è disposti a riconoscersi.

Isaac Babeľ, tormentato dal dubbio sulla sua vocazione letteraria, sta tutto in quel racconto, non compreso (per considerazioni morali) nella Scelta pubblicata in Unione Sovietica nel 1957, dopo la parziale riabilitazione. Il mio primo onorario: Babeľ adolescente va per la prima volta in vita sua da una prostituta e le inventa nel calore della conversazione una autobiografia triste, di miseria e di abbandono. La prostituta, commossa, non solo non si fa pagare i suoi servizi, ma regala al ragazzo una moneta: il suo primo onorario di narratore. [24]



[1] Già apparso sulla rivista Hamlet, marzo 2003.

[2] Francesco Varanini, Viaggio letterario in America Latina, Venezia, Marsilio, 1998; trad. spagnola Viaje literario por America Latina, Barcelona, El Acantilado, 2000.

1 Si veda per esempio: Umberto Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1979, Georges Steiner, Vere presenze, Milano, Garzanti, 1992 (ed origin. 1988).

[4] José Lezama Lima, Oppiano Licario, 1977; trad. it Roma, Editori Riuniti, 1981, cap. VI.

[5] Aldo Carotenuto, Trattato di psicologia della personalità e delle differenze individuali, Milano, Angeli 1991. In particolare il capitolo dedicato a Donald Winnicott e la Seconda parte.

[6] Janine Chasseguet-Smirgel, Pour una psychanalyse de l'art et de la créativité, 1971; trad. it Per una psicoanalisi dell'arte e della creatività, Milano, Angeli, 1989 in particolare cap. 3. "L'atto creativo trae il suo impulso profondo dal desiderio di mitigare con mezzi propri le mancanze provocate dagli altri. La scrittura è espressione del desiderio di interiorizzare la sorgente della vita e di identificarsi con essa -di ritornare all'Eden-, impadronendosi così per sempre del modo di spegnere la propria sete e quella degli altri." "Indipendentemente dalla natura dell'oggetto e addirittura della direzione, la pulsione sublimata si scarica in maniera adeguata".

[7] "La parola successo mi fa arrossire; non appartiene al vocabolario della letteratura ma a quello degli affari e dello sport". Octavio Paz, Corriente alterna, (saggi), México, Siglo XXI, 1967, p. 41.

[8] "La creazione assume nell'inconscio il senso di una riparazione del sé a spese dell'oggetto." Chasseguet-Smirgel Pour una psychanalyse de l'art et de la créativité, cit.

[9] Luis de Góngora y Argote, Obras en verso del Homero español, a cura di Juan López de Vicuña, Madrid, 1627. (Postumo, comprende tra l'altro Las Soledades); trad. it. Le solitudini e altre poesie, Milano, Rizzoli 1984.

[10] Robert Musil, Der Mensch ohne Eigenschaften, 1930-1933; trad. it. L'uomo senza qualità, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1992.

[11] Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Torno, Einaudi, 1963.

[12] Chasseguet-Smirgel, Pour una psychanalyse de l'art et de la créativité, cit.,  cap. 3.

[13] Marcel Proust, A la recherche du temps perdu, 1913-1927; trad. it. Milano, Mondadori (I Meridiani), 1983-1993.

[14] Gianfranco Contini, Introduzione alla Cognizione del dolore, 1963 .

Robert Musil, L'uomo senza qualità. Si veda per esempio la scena dell'addio da parte di fratello e sorella al padre morto ( Parte Terza ‘Verso il Regno Millenario’, cap. 5; e cap. 6).

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto. Mademoiselle Vinteuil e l'amica, prima di abbandonarsi al piacere, sentono il bisogno di profanare la memoria di Vinteuil padre, da poco morto; l'amica si dichiara disposta sputare sul ritratto del vecchio (Du côtè de chez Swann, 1913; Parte prima: Combray).

[15] Anna Maria Ortese, L'iguana, 1965.

[16] Jean Rhys, Wide Sargasso Sea, 1966; trad. it. di Il grande mare dei Sargassi, Milano, 1971.

[17] Malcom Lowry, Under the Volcano, 1947; trad. it. Sotto il vulcano, Milano, Feltrinelli, 1961.

[18] José Cemí, proiezione autobiografica di Lezama Lima, è il personaggio attorno al quale ruotano Paradiso, 1966; trad. it. Torno, Einaudi, 1995)  e Oppiano Licario (1977, postumo).

"Accogliendo al suo interno una metamorfosi delle passioni che lo originano, l'atto creativo ristabilisce l'armonia nell'individuo Accogliendo al suo interno una metamorfosi delle passioni che lo originano, l'atto creativo ristabilisce l'armonia nell'individuo ". "Dando senso al dolore e al desiderio, l'atto creativo recupera la conoscenza dello spazio della caduta". "Cemí per la sua capacità di controllare la quantità segreta (la poesia, il mondo dell'infanzia), di controllare il dolore (la tragedia del suo passato), soffre rapidamente una trasfigurazione che lo mette nelle condizioni di fronteggiare le prove più difficili." Pedro Barreda, "Hesicástica de Lezama Lima y tradición clásica: la ética de la creación en Paradiso", 1987: 285).

[19] In questo modo Onetti si esprime, rispondendo ad un intervistatore, a proposito di Faulkner. Ma è evidente che parla di sé. Juan Carlo Onetti, La vida breve, 1950; trad. it. La vita breve, 1970. El astillero, 1961; trad. it. Il cantiere, Milano, Feltrinelli, 1972. Juntacadáveres, 1964; trad. it. Raccattacadaveri, 1969.

E Macedonio Fernández, ricorda Borges, scriveva "per sé, era per lui un aiuto a pensare". E Cortázar diceva di sé: "Fino alla mia morte mi considererò un dilettante, un tipo che scrive perché gli va, perché gli piace scrivere, non ho la nozione di quel professionismo letterario, così marcato in Francia, per esempio."

[20] Jean Jacques Rousseau, Les Confessions, 1781-1788 (Parte Prima, Libro primo).

[21] Gabriel García Márquez, Cien años de soledad, 1967; trad .it. Cent’anni di solitudine, Milano, Feltrinelli, 1968.

[22] Gabriel García Márquez, Crónica de una muerte anunciada, 1981; trad. it. Cronaca di una morte annunciata, Milano, Mondadori, 1982.

[23] Gabriel García Márquez, El otoño del Patriarca, 1975; trad. it. L’autunno del Patriarca, Milano, Feltrinelli, 1975.

[24] Isaac Babeľ, Racconti proibiti e lettere intime, Milano, Feltrinelli, 1961

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