BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 29/09/2003

DORMITE SUL LAVORO!

di Francesco Varanini

Ricordo che quando tanti anni fa lavoravo in una radio, credo che fosse il 1979, facevamo un programma di satira, durante il quale mandavamo in onda falsi messaggi pubblicitari.

Uno dei più apprezzati era proposto da un fantomatico Comitato Nazionale per la Diffusione dell’Accidia, che chiamava i lavoratori tutti ad aderire compattamente ad una campagna tesa a diffondere una utile pratica: dormire quotidianamente cinque ore sul lavoro. ‘Dormite sul lavoro, farete sogni d’oro’. ‘I vantaggi sono innumerevoli’, sostenevamo, giocando sul paradosso. Il principale, preteso vantaggio, credo fosse un incremento della creatività, il secondo un incremento della produttività.

In quegli anni, del resto, si erano ormai affermati in ambienti produttivi sistemi di controllo e regolazione e di lavoro assistito dal computer (dai calcolatori di processo alle macchine a controllo numerico), e assistevamo nel lavoro impiegatizio all’avvento dell’office automation. Così potevamo scherzare: ‘tanto le macchine lavorano per voi, le macchine meno le disturbate meglio fanno il loro lavoro’.

E poi conoscevo davvero, nell’impresa in cui lavoravo, impiegati che praticavano rigorosamente –rispettati e stimati per questo dai colleghi– il rito della siesta. Chi con il capo ripiegato sulla scrivania, chi al cesso, chi –più raffinato– sul lettino dell’infermeria.

Eppure la realtà supera sempre la fantasia. Basta un rapido giro sulla Rete. [1]

La pratica, pare, è molto diffusa in Cina, dove il diritto allo 'xiu-xi' è addirittura protetto dalla Costituzione del 1949, e “agli impiegati vene permesso di appoggiare la testa sulla scrivania e dormire per rimettere in sesto un cervello sfruttato da cinque-sei ore di lavoro”.

In Giappone, addirittura, a quanto sembra “la siesta è obbligatoria”.

Direte: chissà se è vero. E poi si tratta di culture lontane dalla nostra. Beccatevi allora la serissima, tedesca, Siesta Consulting. “Siesta-Consulting befasst sich mit der bewussten Auseinandersetzung des Einflusses von Schlaf auf Leistungsfähigkeit und Lebensqualität mit dem Ziel der Einführung der produktivitätssteigernden (Re-)Kreativpause in Unternehmen (Power-Napping, bzw. Energieschlaf) durch Setzen geeigneter Rahmenbedingungen.”

È solo un esempio. Attraverso agevole navigazione verrete facilmente a sapere che “Two-thirds of Britain's workforce are so tired that they regularly sneak a daily siesta, according to a survey”. I posti preferiti: il bagno, il parcheggio e la scrivania.

E che “gli esperti sono concordi nel dimostrare che la siesta dopo pranzo rende più produttivi”. “Una psicologa dell'Università di Harvard ha dimostrato che sonnellini di 30-60 minuti permettono di ricordare meglio quanto si è appena imparato”. “Se si arriva a quaranta minuti di riposo a metà giornata il rendimento del lavoratore aumenta del 34 per cento”. Fonte: la Nasa.

Mark Rosekind, appunto ex ricercatore della Nasa, è andato oltre. Ha fondato la californiana Alertness Solutions, “a scientific consulting firm that translates knowledge of sleep, circadian rhythms, alertness, and performance into practical strategies that improve safety and productivity in our 24-hour society”. "Quale imprenditore – recita il messaggio chiave della Alertness Solutions – rinuncerebbe a un aumento di produttività del proprio impiegato pari al 5-10 per cento?".
Più produttività e meno incidenti. “Gli studi del professore Philippe Cabon, direttore del laboratorio di antropologia applicata della Sorbona, provano che un riposo di 20 minuti riduce considerevolmente il rischio di subire un incidente sul lavoro e aumenta il rendimento”.

“Per gli imprenditori americani un impiegato che riposa con comodo dopo pranzo al suo risveglio sarà più efficiente del suo collega, che magari ha tenuto duro rimanendo con gli occhi aperti. Così molte aziende negli Stati Uniti hanno allestito uno spazio apposito con poltrone e sofà”. “In Germania sono state acquistate migliaia di poltrone per il riposo dei manager”.

Poltrone, o un adeguamento del posto di lavoro. “A German engineer has designed a desk that converts into a giant pillow at the push of a button for flagging office workers in need of a quick snooze”. "The airbag table is designed for everyone who works hard at their desk and needs to take a quick nap," he told Reuteurs.

Dalla Francia ci giunge L’arte della siesta, un libro che, secondo un battagliero recensore, intende la siesta come “atto di resistenza all'organizzazione stressante che minaccia i nostri bioritmi”. (Thierry Paquot, L'Arte de la sieste, Zulma, 1998; trad. it. L'arte della siesta, il melangolo, 2000). 

Mentre gli States, più pragmaticamente orientati a una difesa collettiva degli interessi, ci propongono la World Nap Organization: “The World Nap Organization (WNO) is the  nap lobby –an unabashed special interest group devoted to battling negative images of the blissful practice of nap taking”.

Ancora negli Usa, il primo lunedì dopo il cambio dell'ora legale è il National Napping Day, dedicato a “recuperare il sonno dell'ora persa”. “April 8, 2002 is National Napping in the Workplace Day. Why celebrate Nap Day? Most people experience a "sleep attack" during the course of their work day, which can diminish job performance. A "siesta" period restores energy and vitality, contributing to a higher level of productivity”.

Di qui al Duvet Day il passo è breve. Eccone una esaustiva definizione.

“Duvet Day

noun. A company-approved day off that employees can take if they feel too tired to work.

Example Citation:

Duvet days were introduced because we realise that everyone has those days when they just cannot face work,' explains Katherine Nicholls, HR manager at August.One. 'In the past, these may have been days when people would have called in sick or they may have had to be pre-planned as holiday. The beauty of duvet days is that they are not pre-planned and people do not have to pretend or feel guilty about calling in.’ (Roisin Woolnough, "Don't Let Stress Make You Sick of Working," Computer Weekly, February 1, 2001).”

Non meraviglia troppo l’interesse del sindacato per queste ore di sonno, autogestite sì, ma non del tutto. “Davvero curioso, no? Provate a pensare di inserire nelle vostre piattaforme aziendali il ‘duvet-day’, il giorno del piumone: la possibilità cioè di non andare a lavoro quando uno non si sente e non ha voglia di lavorare. Il sistema di concordare questi giorni di riposo, è nato negli Stati Uniti (da cui non importiamo solo fast food e Coca Cola) ed è stato applicato in Inghilterra, con ottimi risultati pare contro l'assenteismo selvaggio e con grandi benefici per le aziende che vogliono instaurare buoni rapporti con i propri dipendenti.

Questi giorni ‘del piumone’ - 4 gg. negli USA da scalare dalle ferie, 2 gg. nel Regno Unito, aggiuntivi alle ferie e alle vacanze - consentono ‘di rendere di più, perché quando non si è concentrati non si lavora bene e permette di essere più onesti’, secondo le parole di Donald Johnson, vice-presidente della Text 100, l'azienda inglese che ha applicato questo accordo aziendale.”

La citazione è tratta dal sito della CGIL milanese, dove infine ci si chiede: “Importeremo questa interessante iniziativa?”

(Mi scuso per essere finito fuori tema – qui sempre di sonno si tratta – ma a casa propria, non sul lavoro).



[1] Cito volutamente senza esplicitare le fonti. Rinunciando magari ad una breve siesta, fatevi da soli il vostro viaggio. Di passaggio noto che i benemeriti amici di Mangerzen registravano già anni fa simili notizie (www.managerzen.it/news/2001-08-25.htm).

 

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