BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 07/06/2004

FORMATO EUROPEO PER IL CURRICULUM VITAE
di Francesco Varanini

Una segretaria, pressata da norme di certificazione interna –siamo tutti vittime delle certificazione, ormai–, mi ricorda che devo mandarle versione aggiornata del mio curriculum “formato europeo, mi raccomando”.

Chiediamoci, a cosa serve il curriculum, e a cosa serve il ‘formato europeo'.

Il curriculum serve a presentarsi. A dire ci si è. A mostrare le proprie differenze, i propri vantaggi competitivi. Dovremmo incoraggiare i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, e poi in genere tutti color oche desiderano cambiare, o che sono costretti a cercare un lavoro che non hanno, dovremmo incoraggiare chiunque scriva un curriculum a parlare di sé a mostrarsi. Se sono costretto a mostrarmi rischio, ma ho almeno la possibilità di ‘bucare lo schermo'.

Certo, si vedono curriculum orrendi, malamente impaginati, con colori usati a caso, scritti in modo sgrammaticato. Ma va bene – questo permette di emergere a chi è capace di usare almeno un minimo la grafica computerizzata e chi sa scrivere in modo corretto. Se si vuole, si apre uno spazio per chi voglia insegnare a preparare curricula efficaci. Sapendo sempre che l'efficacia è funzionale al destinatario. E anche questa è una bella lezione, interessante per chi vuole presentarsi. Prefigurare le circostanze di decodifica: quale cultura ha l'azienda a cui mi rivolgo? Chi prenderà in mano il mio curriculum? Quanti altri ne avrà contemporaneamente da esaminare? Che immagine di me voglio dare?

Non esiste il curriculum ideale. Né nella forma né nei contenuti. La storia personale e la vita personale non esistono in assoluto, esistono in funzione della chiave di lettura con la quale ripercorriamo il passato. Non esiste il curriculum che comprende tutto ciò che abbiamo fatto. C'è sempre una autocensura, una selezione di ciò che si ritiene presentabile ed interessante.

Anche dove ci sono caselle da riempire, si può eludere, interpretare, rendere in modi eufemistici.

Conosco noti personaggi che presentandosi come autori di articoli enfatizzano il fatto che hanno una modesto insegnamento a contratto in Università e definiscono “una breve parentesi” trenta onesti e ricchi anni di lavoro passati in azienda. Perché non dovrebbe fare altrettanto un giovane che si vergogna a dire di aver lavorato in un call center? Ma al contrario, non verrà magari apprezzato il fatto di aver lavorato nel call center? Non è forse una buona scuola di flessibilità e di attenzione al cliente?

Un altro buon esempio di normale autocensura lo vedo in molti curriculum di giovani. Essi sanno che è praticamente obbligatorio dire qualcosa a proposito degli hobby. Però, si sa, parlando dell'uso del ‘tempo libero', e di ciò che piace veramente fare, si rischia di mettersi troppo in gioco. Si rischia di dire troppo di sé. Come la prenderanno se dico che sono un quasi professionista del parapendio o che suono l'oboe? Perciò per non sbagliare la gran parte dei curricula vede riempite le righe riservate agli hobby con due anodine parole: letture e viaggi. Senza naturalmente sbilanciarsi sulla meta dei viaggi e sulla natura delle letture.

Se dunque i curricula non dicono tutto, ed in ogni caso dicono meno di quello che potrebbero, è importante leggerli tra le righe. Ora, è evidente che tra le righe di un modulo schematico, dove sono rigidamente previsti i campi da riempire ( come accade per i curriculum proposti dalle società di recruitmnet on line), c'è poco da leggere. Servirebbe una narrazione piana. Magari un ritorno al buon vecchio tema scolastico, quel tema che veniva dato ogni tanto, ‘parla liberamente della tua vita e delle tue aspirazioni'. Chi vuole, nel racconto può mettere molto di sé. E chi leggendo e selezionando vuole veramente capire, avrebbe così materiale su cui lavorare.

Ora però questi spazi di libertà stanno rapidamente sparendo – a causa del formato rigido e schematico e riduttivo di questo ‘curriculum europeo'

Non so e non voglio sapere da dove è venuto fuori. Non so che mente fertile l'ha partorito. Capisco una uniformazione, uno standard unico per le informazioni anagrafiche. Magari anche per i titoli di studio. Già molto meno quando si devono raccontare le esperienze di lavoro.

Ma non riesco veramente a sopportare la parte finale, dove ognuno deve parlare di sé segmentando il proprio modo di essere, deve violentare la propria identità per spalmare qualche parola in caselle che separano rigidamente Capacità e Competenze Relazionali, Capacità e Competenze Organizzative, Capacità e Competenze Tecniche, Capacità e Competenze Artistiche.

Non esistono capacità e competenze al di fuori di queste? E se sono competente in Information & Communication Technology lo scrivo nella casella delle competenze organizzative o delle competenze tecniche? E se voglio dire che dedico una parte del mio tempo a scrivere di questioni di critica letteraria, si tratta di una competenza artistica?

Ci sono suggerimenti per la compilazione, ma fanno più danni della grandine: vedi il ricorso frequente dell'indicazione “ ad es. cultura e sport ”. Che mi fa pensare da un invito all'autocensura, come la storia dei viaggi e della lettura come unici hobby esplicitabili. Di attività svolte nei meritevoli campi della cultura e dello sport si può parlare. Altre, meglio astenersi.

E poi: si sa che ogni incasellamento è opinabile, ma che ogni contenuto può –se si accetta la forzatura– trovare posto in una delle caselle previste. Se lo scopo fosse stato quello di rendere possibile la codifica e l'elaborazione delle informazioni non si sarebbero dovute lasciare alternative.

Invece, a conferma della assurdità del progetto, si aggiunge una casella, riservata ad ‘Altre Capacità e Competenze'. Io credo che la mia capacità e competenza di scrittore trovi collocazione la sua migliore collocazione in quest'ultima casella piuttosto che in quella riservata alle Capacità e Competenze Artistiche. Ma io faccio in un modo, un altro si comporterà in modo diverso – e la rigida struttura del curriculum perde senso e motivo.

Poi, naturalmente, per non sbagliare, si aggiunge una ultima casella –ultima contraddizione, ultima conferma dell'inutilità della struttura rigida. “Ulteriori informazioni: Inserire qui ogni altra informazione pertinente, ad esempio persone di riferimento, referenze ecc.”. Mi domando: se uno è raccomandato, deve scriverlo qui?

Insomma, ritengo il ‘formato europeo per il curriculum vitae' una grave manifestazione di restrizione cognitiva. Credo sia uno strumento inefficace e anzi pericoloso.

Ma non si può sempre combattere. Metterò sul mio sito personale anche una immagine di me cognitivamente ristretta, ingabbiata in questo schema. Così almeno quando qualcuno mi chiede un curriculum siffatto non devo prendere in mano di nuovo il formulario, arrabbiandomi ogni volta.

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