BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 30/08/2004

L'ORGANIZZAZIONE DEL MIO SAPERE E DEL MIO TEMPO

di Francesco Varanini

Quando ho cominciato a lavorare, e sono passati appena venticinque anni, non tanti in fondo, gli uffici e i reparti erano collegati tra di loro dai tubi della posta pneumatica. Serviva a snellire e a razionalizzare il carico di lavoro affidato ai fattorini. All'interno dell'azienda, si comunicava attraverso il telefono, oppure attraverso messaggi scritti a macchina: si scriveva un appunto su un apposito modulo, e la segretaria poi copiava la lettera su un altro modulo. Se c'erano più destinatari la segretaria faceva più copie usando la carta carbone.

La lettera veniva poi imbustata, c'erano certe buste blu, ricordo. Poi passavano i fattorini, ad ore fisse. C'era in ogni ufficio un vassoio per la posta in entrata ed uno per la posta in uscita. La segretaria distribuiva, mettendo sul tavolo di ognuno, i messaggi a lui indirizzati.

In certi uffici, i messaggi erano aperti dalla segretaria, e guardati dal capo prima di arrivare sul tavolo del destinatario. In questi casi, la delega andava a farsi friggere – prevaleva l'orientamento al controllo. Ma la privacy era salva: bastava scrivere sulla busta ‘Personale'e andare a mettere personalmente il messaggio nel vassoio della posta in uscita, e la busta allora arrivava chiusa sul tavolo del destinatario. A volte si trattava di messaggi davvero personali, lettere d'amore, mettiamo. In quei casi la busta poteva contenere un qualsiasi pezzo di carta, anche scritto a mano. A volte erano messaggi di lavoro: la scritta ‘Personale' garantiva, secondo l'opinione diffusa, che il messaggio non venisse aperto da altri che dal destinatario segnato sulla busta. Cosa che non era garantita, si diceva, dalla più burocratica scritta ‘Riservata'. A volte, naturalmente, per non sbagliare, si scriveva ‘Riservata personale'.

Per i collegamenti con l'esterno, tutto passava attraverso l'Ufficio Posta, grande centro di smistamento. Uguale importanza logistica aveva il centralino telefonico. Entrambi gli enti facevano parte dei Servizi Generali, uno snodo centrale dell'organizzazione. Governavano anche il telex, e il fondamentale Centro Duplicazione. Solo lì, in base a richieste regolate da rigide procedure, prima con tecniche tipografiche e poi usando le prime fotocopiatrici, si potevano fare copie dei documenti, di qualsiasi foglio di carta.

Qualcuno aveva sul tavolo un terminale 327x, i classici terminali IBM a fosfori verdi; ma naturalmente poteva accedere solo a poche schermate delle poche procedure per le quali era abilitato. E tutti avevano sul tavolo grandi pacchi di tabulati, pile di fogli piegati a fisarmonica – a ognuno interessavano poche righe, poche colonne, una sola cifra. Ma ogni giorno i tabulati veniva stampati e diffusi, sempre uguali a loro stessi. Le trattative con il Centro per avere un nuovo incrocio di dati, o addirittura un nuovo tabulato, erano epiche, proseguivano per mesi e mesi.

Cosa è cambiato? Forse niente, nel senso che tutto questo è ancora parte dell'organizzazione formale e della vita quotidiana di (quasi) ogni organizzazione. O forse tutto, perché quella che ho descritto non è più la forma di organizzazione necessaria, la più efficace delle organizzazioni possibile.

Poi, rapidamente, un grappolo di innovazioni tecnologiche che allora chiamavamo ‘office automation' ha rivoluzionato la vita quotidiana di ogni ufficio. Il telex si è diffuso presso alcuni uffici. Su ogni piano del palazzo degli uffici è comparsa una fotocopiatrice. Poi, nella seconda metà degli anni ottanta, il fax. La battaglia dei Servizi Generali per un servizio centralizzato di fax è stata presto persa. Con la fotocopiatrice e con il fax cambiano molte cose. La segretaria, per una gran parte del suo carico di lavoro era erede del copista –ruolo fondamentale nelle organizzazioni ottocentesche–. Questo lavoro ora scompare. Scompare definitivamente e del tutto quando sul tavolo di ogni impiegato arriva il Personal Computer. Il PC sostituisce la macchina da scrivere e la calcolatrice. Sostituisce la segretaria. Con una scheda di emulazione, sostituisce il vecchio terminale.

Presto i PC sono collegati in rete locale. Ma intanto, in Dos, o con le cartelle del primo rudimentali Windows ognuno si abitua ad organizzare le proprie informazioni. Prima con i floppy, poi con i dischetti in piccolo formato, poi con il disco fisso.

E poi, nella seconda metà degli anni novanta arriva la posta elettronica. E l'accesso al web.

Ora ci lamentiamo delle troppe informazioni da gestire. Delle troppe mail che ci arrivano, magari senza motivo in copia conoscenza.

Ma dovremmo invece pensare un po' al passato. Come facevamo prima a lavorare, senza fax, senza fotocopiatrice, senza PC, senza posta elettronica?

Solo se torniamo con la mente a questo passato possiamo guardare a come si è incrementato il margine di autonomia di ognuno. Siamo tutti knowledge worker. Nessuno può in realtà controllarci veramente. Il tempo e il rapporto con le conoscenze sono cambiati radicalmente. Prima ognuno dipendeva dall'organizzazione in maniera pesante. Solo ricorrendo all'organizzazione disponeva di informazioni utilizzabili. Oggi ogni lavoratore è nelle condizioni non solo di disporre di informazioni, ma di conoscenza organizzata: posso conservarmi sul mio disco fisso porzioni organizzate di sapere; posso elaborare le conoscenze –facendomi qualche macro in Excel– in modo da guadagnare vantaggio competitivo nei confronti dei mie colleghi. Posso anche fare questo a insaputa dei miei capi. Posso in questo modo garantirmi ed autogestirmi ampi spazi di recupero di tempo. Di fatto, al di fuori di ogni possibilità di controllo.

Quale sarà il prossimo passo? Probabilmente questo. Sembra banale, ma è un punto chiave. Oggi la scrivania che conta non è quella fisica, ma il desktop di Windows. Il desktop permette ad ogni lavoratore di essere fattorino e posta pneumatica, di fare fotocopie, fax, di essere segretario di se stesso.

Ora, però, su questa scrivania si sono accumulate troppe cose. Troppi documenti. Troppa conoscenze. Le modalità proposte dal software per muoversi in questa complessità sono inadeguate. Ognuno di noi fatica a muoversi nel suo stesso disco, perché il contento è ordinato in modo rigido da una gerarchia di cartelle. Con che logica abbiamo segmentato il sapere in cartelle? In quale cartella abbiamo messo quel documento? Conviene forse mettere lo stesso documento in più cartelle?

Naturalmente un criterio può essere imposto dall'alto, dall'organizzazione. Ma sarà poi impossibile in realtà controllare quello che facciamo in realtà sul nostro disco fisso. Così accade che sempre più ricorriamo al comando ‘trova': cerchiamo per tentativi ed errori, sapendo che un documento, o una frase o una stringa di numeri potrebbero essere in un luogo qualsiasi di quel rigido e limitante albero gerarchico. Sappiamo che così facendo ‘perdiamo tempo', ma non c'è alternativa. Per questa via, si arriva a pensare che tanto vale non dedicare troppa attenzione ad archiviare bene. Perché, per tutta l'attenzione che mettiamo nel collocare il documento ‘al posto giusto, il posto non sarà mai abbastanza giusto. E in ogni caso dovremo dedicare tempo ed attenzione a cercare il documento o una sua porzione quando, in una situazione ed in un momento imprevedibili a priori, quella porzione di conoscenza ci servirà. Proprio così, del resto, per tentativi ed errori, ci muoviamo nell'immenso mare del web. E nonostante il grande disordine che regna nella rete, con un po' di pazienza e di acume troviamo quello che vogliamo. Il paradosso è che non possiamo fare la stessa cosa con la conoscenza che noi stessi abbiamo conservato sul nostro disco fisso. Perché la funzione ‘trova' di Windows è troppo povera e lenta.

Ciò che serve oggi –se ne è accorta anche Microsoft– è “ less dependence on the concept of hierarchies of directories”. È quello che promette la prossima versione di Windows, nome in codice Longhorn.

Ci si potrà muovere all'interno delle nostre informazioni così come ci si muove con Google attraverso le informazioni del Web. Almeno questo è quello che Microsoft spera che succeda. Non è detto, perché può darsi che arrivi prima Google, offrendo un motore di ricerca capace di muoversi tra le informazioni del nostro computer come ora si muove sul web.

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