BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 22/11/2004
PERSONE & CONOSCENZE, IL FARSI IL UN PROGETTO

di Francesco Varanini

La rivista, che è per molti versi la prosecuzione dello stesso progetto che ha dato luogo a Bloom, prosegue il suo cammino, definendo via meglio il suo approccio, i suoi contenuti, e allargando il giro degli estimatori e dei collaboratori.

Crediamo che possa interessare a tutti coloro che, in tutta libertà, visitano Bloom. Riproporre qui gli editoriali è un modo per ripercorrere i primi mesi di vita, e per sollecitare commenti e proposte. E perché no, abbonamenti (il conto economico di una rivista è enormemente più oneroso di quello di un sito web).

Quasi tutto quello che può interessare, a proposito della rivista, si trova visitando www.personeeconoscenze.it

Editoriale numero 1, maggio 2004

Spero che questa rivista circoli molto anche in azienda; spero che diventi uno strumento utile per chi si occupa di sviluppo delle risorse umane, di formazione, di gestione delle conoscenze. Spero che questa rivista, in senso più lato, interessi gli educatori e gli insegnanti. Ma questa rivista si rivolge innanzitutto alle persone. Agli imprenditori, ai manager, ai professionisti, ai tecnici, agli studenti, ai neolaureati, a chi lavora in proprio – a tutti coloro che sanno che il proprio futuro, nel mondo del lavoro e non solo, è legato al costante aggiornamento del proprio bagaglio di conoscenze. Ed ancor più è legato alla costante disponibilità al cambiamento, all’apprendimento continuo.
E’ stato detto da più parti ed in più modi: più dell’apprendimento di nozioni, più del dominio di strumenti –nozioni e strumenti che rischiano sempre di diventare presto obsoleti– conta il ‘deuteroapprendimento’, l’‘imparare ad imparare’.
Non si tratta quindi né di diffondere conoscenze consolidate, né, in senso stretto, di ‘insegnare’. Si tratta di contribuire all’autostima e alla costruzione di un progetto personale.
La forte motivazione e l’orientamento ad investire su sé sessi riguardano le persone. Ma riguardano anche le organizzazioni: nessuno metterà in dubbio che le persone più motivate sono forse le più difficili da gestire, ma sono anche le risorse che contribuiscono in misura più alta alla costruzione di buoni risultati. Perciò ci piace immaginare che singole persone si abbonino a Persone & Conoscenze. Ma anche che imprese abbonino a Persone & Conoscenze i propri talenti. E che scuole di formazione abbonino alla rivista i partecipanti ai corsi. E che associazioni abbonino alla rivista i propri appartenenti.
Persone & Conoscenze: una moltitudine di persone, ognuna portatrice di un proprio progetto; diverse culture; diverse comunità di pratiche, ognuna portatrice di un proprio sapere. Punti di vista ed approcci differenti non possono essere tenuti insieme da nessun maestro, da nessun docente. Nessuna scuola è migliore di un’altra. E’ vano cercare l’ottimo. Ogni best practice è tale solo nel suo contesto, ed in ogni caso si è dimostrata valida solo altrove e nel passato.
Si è anche abusato, di recente, con i riferimenti alla ‘complessità’ e alla ‘rete’. Ma credo che sia terminata l’era del Broadcasting: l’antenna centrale che sparge il suo segnale su vaste periferie, l’elaboratore centrale che governa e controlla ogni informazione, il seminatore di verità che sparge il seme, il docente che parla ex cathedra, l’intellettuale mediatore necessario. Siamo invece, come recita la copertina di questo primo numero, ‘tutti docenti e tutti discenti’. La conoscenza è dono, scambio, negoziazione, transazione – ma in ogni caso si accresce esponenzialmente dove viene presa consapevolezza dell’esistenza della rete: ciò che conta, più che i nodi, sono le connessioni.
Lettura e scrittura, nella logica della rete, si intrecciano: l’esperienza di ognuno di noi ha valore, siamo –anche– tutti lettori e tutti autori. Tutti contribuiamo a un grande testo complessivo. Sempre in costruzione e in via di cambiamento.
Per questo Persone & Conoscenze, più che offrire quadri d’insieme, si propone di offrire tracce, indizi, spunti, coni di luce. Brani di discorso utili ad ognuno per costruire un proprio quadro, per intraprendere un proprio percorso. Perciò si privilegiano l’autobiografia ed il racconto in prima persona. E si propongono, l’uno a fianco all’altro, linguaggi diversi. E si cerca di restare lontani il più possibile da linguaggi tecnici –troppo spesso inutilmente selettivi, troppo spesso difensivi.
Testimonianze e proposte. Pratiche, teorie e tecnologie. C’è dietro un progetto (che vi invitiamo ad approfondire all’indirizzo www.personeeconoscenze.it). Ma un progetto che vuole crescere e cambiare con le proposte ed il contributo di ogni lettore.
Una rivista, mi piace pensare, da leggere non solo sul posto di lavoro. Ma anzi, soprattutto, da leggere a casa, la sera o il sabato. Del resto, il confine tra ‘tempo libero’ e ‘tempo di lavoro’ è sempre più labile. E allora ogni momento è buono per riflettere su come usiamo le conoscenze come fonte di ricchezza, personale e sociale, individuale e collettiva.

Editoriale numero 2, giugno 2004

Ci sono riviste dove ogni articolo è necessariamente corredato da una bibliografia. Come se ogni affermazione che si fa dovesse essere sostenuta da cose già dette da altri. Come se –in particolare oggi, con la perenne bufera creativa di nuovi contenuti che abbiamo sotto gli occhi, con le informazioni mutevoli e sempre nuove perennemente circolanti sul web– si dovesse aspettare la pubblicazione di un libro per considerare serio e ragionevole un pensiero.

Ci sono riviste dove scrivono sempre e solo i soliti noti. Come se solo loro fossero legittimati ad esprimersi. E come se una idea valesse solo e quando da loro è stata ripresa.

Ci sono riviste che considerano indispensabile sbandierare un Comitato Scientifico. Come se l’autorevolezza stesse in quei nomi, e non fosse invece data,e riconfermataarticolo dopo articolo, dalla qualità dei contenuti.

Ci sono riviste scritte da professionisti della scrittura –giornalisti che considerano la loro mediazione necessaria. Come se non esistessero persone che hanno capacità e strumenti per scrivere in prima persona, saltando una mediazione che comunque condiziona l’espressione dei contenuti.

E ci sono, naturalmente, anche riviste che raccattano i contenuti qua e là, senza un progetto, senza passione – giocando sulla convinzione che i lettori sono sempre superficiali e si contentano di poco e possono essere facilmente ingannati, magari ricorrendo a una grafica ammiccante.

Niente da dire su tutto questo. Ogni progetto editoriale ha la sua logica, i suoi obiettivi. E, forse, il suo mercato. Credo però che se si guarda al mondo com’è, e a come circolano, e a come potrebbero circolare le conoscenze, c’è spazio per qualcosa di diverso.

Chi scrive su Persone & Conoscenze non scrive per lavoro, per professione. Non scrive nemmeno per obbligo autopromozionale. Scrive perché considera la scrittura un importante momento di elaborazione e di riflessione. Scrive innanzitutto per sé. Scrive solo di argomenti ai quali è personalmente interessato. Non necessariamente si tratta di interessi professionali: si sa che l’organizzazione per la quale si lavora spesso non è in grado di vedere cosa sappiamo veramente fare. Oppure non siamo capaci di mostrarlo. Allora, comunque, resta la possibilità di coltivare attraverso la scritturail legame con ciò che ci interessa – difendendo così la propria integrità, e mantenendo viva la propria autostima.

Forse ognuno, scrivendo a partire da un bisogno e da uno stimolo personale, ‘scoprirà l’acqua calda’. Ma questo non toglie il valore aggiunto: l’impagabile ricchezza della soggettività, dell’emozione. Anche dove il ‘campo semantico’ è già dato e già arato, il percorso attraverso il quale ognuno costruisce il senso e articola un discorso è diverso.

Questa diversità, questa originalità, è importante. Per un duplice ordine di motivi.

Perché mostra ad ognuno come valorizzare sé stesso. Spero che molti lettori di Persone & Conoscenze pensino così: se è stato pubblicato un articolo come questo, che racconta una vicenda simile a quella che io ho vissuto, e se si tratta di un articolo che anch’io avrei potuto scrivere, allora la mia vicenda e la mia persona e i miei punti di vista meritano attenzione.

E perché il nuovo –la scoperta scientifica così come la nuova e più efficace lettura del reale funzionamento di una organizzazione– non emerge dall’ordinata stesura, dalla ricerca conformata a standard e protocolli e prassi già dati.

Il luogo dove emerge il nuovo è quella zona grigia, zona di transizione, di illusione, spazio potenziale dove possono essere rivissute le forme primitive di relazione e gioco. È questo il luogo sul quale dobbiamo tornare per elaborare le nostre ansie di abbandono, solitudine, e anche le nostre insoddisfazioni professionali.Ed è, allo stesso tempo, questo il luogo dove nasce e si realizza sempre l'attività creativa primaria.

Se c’è qualcosa di nuovo da trovare o da proporre, lo si scopre per questa via. Ripercorrendo la propria vita, mettendo in gioco la propria autobiografia, raccontando storie, narrando. Perciò Persone & Conoscenze è anche –e sotto un certo punto di vista, sopratutto– una raccolta di narrazioni.

Editoriale numero 3, luglio 2004

Infinite persone, infinite conoscenze. Ognuno apporta qualcosa, in virtù del suo personale punto di vista, della storia individuale, della cultura cui appartiene. Il Web è la migliore metafora: un sistema vivente in continuo cambiamento, una rete dove più dei nodi contano le connessioni. Forse già tutto è già stato scritto; ciò che di nuovo pensiamo di dire sarà probabilmente già stato detto. Ma ognuno, leggendo e scrivendo, anche ripercorrendo strade già percorse, vedrà cose nuove. Oppure, anche senza rendersene conto, strada facendo traccerà un nuovo cammino.

Per questo è importante lo straniamento: procedimento teso a comunicare una percezione della realtà diversa dall'usuale, tentativo di guardare il proprio mondo dall’esterno, con occhi nuovi.

Così, il mondo della scuola, solitamente visto dal punto di vista dei professori, e degli alti e nobili fini dell’istituzione, può essere utilmente ri-guardato dal punto di vista dello studente. Così il mondo della formazione manageriale e professionale può apparirci diverso se ci viene raccontato da una formatrice americana. Così un dirigente di banca, anziché soccombere all’angoscia, può guardare con ironia una difficile esperienza professionale; il marketing può essere ri-pensato alla luce dell’analogia con la navigazione a vela; il mobbing può essere visto non come minaccia, ma come occasione per lavorare su di sé;il teatro, i blog e le comunità virtuali appaiono tappe di un unico percorso.

Possiamo illuminare con un cono di luce inatteso contenuti che ci sembrano scontati, o che pensiamo di conoscere già. Per questo serve uncerto atteggiamento dell’autore: l’autocritica, la disponibilità a mettersi in discussione. Ma conta anche la forma dell’espressione: perciò troverete in questo numero di Persone & Conoscenze, ed in numeri successivi, articoli in inglese.

L’inglese, del resto, fa parte degli strumenti che qualunque persona orientata ad ‘investire su sé stessa’ deve possedere. Quanto meno la capacità di leggerlo: se non leggiamo in inglese rinunciamo alla grandissima parte dell’enorme fonte di conoscenze che il Web ci offre. Tanto vale quindi tenersi in allenamento.

Perché credo che il progetto di crescita e di affermazione che ognuno di noi può e deve perseguire si fondi su un incessante lavoro. Per il quale dobbiamo attrezzarci. Conoscere almeno un po’ di inglese, conoscere abbastanza di Information & Communication Technology tanto da muoversi tranquillamente tra i propri files, le innumerevoli pagine del Web ed i gruppi di discussione che la Rete ci offre.

Dopodiché, certo, continuano ad esserci i libri, la scuola, l’università, i corsi di formazione. Ma tutto finisce –le conoscenze acquisite attraverso un percorso personale, fondato sul piacere e su un progetto di vita, così come le conoscenze ‘obbligatorie’, imposte da un programma scolastico o da un datore di lavoro–, tutto finisce in un gran calderone, diverso da persona a persona. Un calderone nel quale ognuno, nel proprio interesse e per la propria soddisfazione, cucinerà il proprio sapere.

Non pensate che il riferimento al ‘calderone’ sia indice di una carenza. Non pensate che il sistema delle conoscenze personali debba essere ordinato e corrispondente a modelli. Il sistema delle conoscenze personali assomiglia molto più alla confusione che c’è sulla nostra scrivania, o sul desktop del nostro Personal Computer, che ad una ben schedata ed ordinata biblioteca. E va bene così. Non è importante che il sapere sia ordinato, è importante che sia ricco.

Di fronte a nuovi stimoli e nuovi bisogni, di volta in volta metteremo ordine, renderemo le nostre conoscenze praticamente utili, non in base al titolo di studio, all’istruzione ricevuta, a un astratto criterio definito a priori da qualche e esperto – ma in base alla nostra esperienza, e ad una consapevolezza della realtà e della situazione che solo noi possediamo.

Il nostro corpo, il nostro essere persona fisica, naturalmente, conta. Ma al tempo stesso conta sempre di più la nostra capacità di muoverci nel mondo immateriale delle conoscenze. Qui nasce, a partire dalla nostra individualità, un nuovo modo di costruire relazioni sociali.

Editoriale numero 4, settembre 2004 

Una rivista è di per sé un ‘modello organizzativo’. In base ad un proprio progetto, propone un suo modo di mettere insieme i contenuti. E propone un ‘percorso di senso’, un viaggio tra testi e punti di vista diversi, eppure riconducibili ad uno stesso disegno, ad una stessa visione d’insieme.

Persone & Conoscenze si presenta con una struttura tripartita. Tre sezioni: Pratiche, Teorie, Tecnologie. E la stessa struttura è replicata anche nella Nave dei Folli, la parte finale dedicata alle notizie in breve.

La segmentazione dei contenuti è necessaria, mette ordine, permette di orientarsi, agevola le scelte del lettore. Ma allo stesso tempo la segmentazione appare sempre opinabile e relativa.

Leggendo vi accorgerete che un articolo della sezione Pratiche potrebbe trovarsi a suo agio nella sezione Teorie, un articolo della sezione Tecnologie potrebbe stare in Pratiche o in Teorie. È che i confini sono sempre sfumati, legati a sensazioni e punti di vista. È che per fortuna gli autori degli articoli non si lasciano condizionare, e mischiano Pratiche, Teorie e Tecnologie.

Così, dando uno sguardo d’insieme al Sommario, e sfogliando la rivista–segnata, sezione per sezione, da colori diversi– si vedrà, credo, che la tripartizione va intesa non come serie di tre contenitori destinati ognuno ad oggetti diversi, mainvece come compresenza di tre coni di luce, ognuno dei quali da un punto di vista diverso illumina lo stesso nucleo di contenuti.

Il cono di luce delle Pratiche –il codice rosso– ci ricorda che le conoscenze si accumulano e si sedimentano come frutto dell'esperienza. I comportamenti manageriali e gestionali si consolidano attraverso il concreto esercizio.

La pratica, se ha avuto un senso per il soggetto che l'ha vissuta, ha un valore e merita di essere raccontata. Qualsiasi pratica è fonte di crescita per la persona. Il racconto dell'esperienza permette l'elaborazione, e quindi la crescita della persona che racconta. Ma allo stesso tempo serve al lettore, ad ogni lettore, perché gli mostra che le sue pratiche valgono altrettanto. E che è importante mantenerne viva la memoria.

Il cono di luce delle Teorie –il codice blu– ci parla di come la mente crea mondi possibili. La libera elaborazione teorica è fonte di nuova conoscenza. Non esiste innovazione senza pensiero che si articola liberamente, senza vincoli. Il frutto del pensiero dovrà poi essere verificato nella pratica – ma vale comunque, di per sé, perché stimola a costruire mappe mentali e a pensare per modelli.

Il cono di luce delle Tecnologie –il codice verde– ci mostra come organizzare e gestire le informazioni. Ci mostra come conservare le conoscenze, come riutilizzarle e distribuirle.

Le tecnologie sono troppo spesso lasciate in mano a specialisti. E gli specialisti –pensiamo al chiuso mondo degli informatici– hannospesso scarsa cognizione delle strategie d’impresa alle quali stanno offrendo servizio. Eppure, per tutti, il dominio delle tecnologie è fondamentale: senza di esso il ‘saper fare’ –la pratica– e il ‘saper pensare’ –la teoria–, sono vani. La tecnologia chiude il cerchio: garantisce autonomia ad ogni persona che lavora, mette in grado di lavorare con consapevolezza, rende possibile il perseguimento consapevolmente degli obiettivi. .

Insomma, crediamo che tre coni di luce siano ugualmente importanti in vista di ciò che Persone & Conoscenze si propone di fare: mostrare il mondo del lavoro e delle organizzazioni al di là dei luoghi comuni; dare spazio a sfoghi e arrabbiature di chi non si arrende, e pensa che fare il dirigente non significhi solo parlare di budget e di forecast; parlare con semplicità e chiarezza di ciò che per pudore o quieto vivere o interesse si è abituati non dire.

Così speriamo che appaia al lettore anche questo numero: un percorso ‘ipertestuale’, una rete di rimandi all’interno della quale si può navigare in modi differenti. Il testo di una nota consulente americana rimanda a un articolo che usa la metafora del calcio per parlare di leadership; il viaggio inteso come vacanza sta insieme con il viaggio di studio e di lavoro; il pensare per modelli si completa con la narrazione autobiografica.

Un insieme di stimoli utili a mantenerci svegli e reattivi anche quando, magari, il contesto di lavoro è soporifero o deprimente.

Editoriale 5 numero, ottobre 2004

Non possono bastare procedure informatiche e disposizioni operative, descrizioni di processi, organigrammi. Per comprendere e spiegare come persone al lavoro condividono quello ‘spazio intercreativo’ che è il proprio ufficio, la propria azienda, non sono sufficienti strumenti ‘freddi’. Ci sono atteggiamenti, comportamenti, valori –e anche sofferenze, recriminazioni, incazzature– che vengono alla luce solo attraverso narrazioni.

Perciò le organizzazioni sono anche –o sopratutto– reti di storie. Storie perse alla macchinetta del caffè, nascoste nei cassetti, sintetizzate in barzellette e soprannomi. Storie orali e scritte, storie intrecciate, slabbrate, dai confini sfumati, fitte di rimandi. Storie non sempre facili da scoprire e da comprendere.

Perciò –visto che si tratta leggere e interpretare narrazioni– si dice che il consulente, o a chi in azienda si occupa di Risorse Umane, dovrebbe oggi avere competenze vicine e quelle del critico letterario, o del semiologo.

È quanto sostiene, per esempio, Barbara Czarniawska, autrice del libro più noto di questo filone, Narrating the Organization. Per lei Umberto Eco è un punto di riferimento. Seguiamo dunque l’evoluzione del pensiero di questo celebrato intellettuale. In anni lontani ci aveva parlato di ‘opera aperta’. L’opera non è dell’autore, che in fondo non esiste: l’autore scrive sempre rimaneggiando testi altrui. L’opera non può essere sigillata e chiusa: è sempre soggetta ad interventi, aggiunte, elaborazioni, interpretazioni. Così, appunto, sono le storie aziendali: di tutti e di nessuno, opera mai terminata, aperta a contributi e aggiunte e rielaborazioni.

Aggiungiamo che questo, se era già vero aquando Eco scriveva, negli anni sessanta, è ancora più vero oggi: la tecnologia rende più facile ed evidente la possibilità di aggiungere, condividere. Pensiamo a come può essere rimaneggiato ogni testo (a cominciare da quello che ora sto scrivendo) quando si disponga non solo di un testo stampato, ma della sua versione in Word. O ancora, pensiamo a come facilitano la diffusione e la condivisione di storie l’e-mail e il Web.

Ma Eco negli anni settanta era anche andato oltre: aveva sottolineato l’importanza delle ‘interpretazioni aberranti’. Ciò che rispetto a una norma data priori può apparire ‘aberrazione’, errore, è in realtà nuova ricchezza emergente: leggendo in modo differente, scoprendo nuovi percorsi, contribuisco all’innovazione.

Dove sta il problema? Sta nel fatto che se la mia interpretazione non vale più della tua, cade la base materiale sulla quale si fondano l’identità personale, il potere, il guadagno di chi fa l’interprete di professione. Di Umberto Eco, come di ogni consulente autorevole interprete di ‘narrazioni aziendali’.

Ecco così che Eco, trent’anni dopo anni dopo aver scritto di opere aperte e di interpretazioni aberranti, a partire dagli anni novanta viene a parlarci di ‘limiti dell’interpretazione’.

Sì, perché, ci fa sapere, c’è una interpretazione semantica, che risponde alla semplice domanda: ‘cosa vuol dire questo testo?’. Bontà sua, Eco concede che questa interpretazione è accessibile a chiunque, anche a noi tapini. Ma poi, aggiunge saccente, c’è una interpretazione semiotica: ‘capire e spiegare come è possibile che il testo dica quello che dice’. Naturalmente questo secondo, più alto livello di interpretazione, è accessibile solo agli specialisti. Che dunque sarebbero ancora e sempre di più necessari.

Ma a noi, cosa ci importa di qualcuno che ci spieghi con parole complicate perché quel testo ci convince e ci commuove?

Lasciamo perdere i dotti e arzigogolati ragionamenti degli interpreti, lasciamo perdere libri di management che ci vengono a dire con parole difficili cose che sappiamo benissimo.

E cerchiamo invece di imparare da chi ha veramente qualcosa dainsegnarci. I romanzieri. Loro sì sanno narrare storie. Loro sì che hanno qualcosa da raccontarci.


Barbara Czarniawska, Narrating the Organization. Dramas of Institutional Identity, trad. it. Narrare l’organizzazione. La costruzione dell'identità istituzionale, 2000.

Umberto Eco, Opera aperta, 1962. Trattato di semiotica generale, 1975; I limiti dell’interpretazione, 1990

Pagina precedente

Indice dei contributi