BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 01/11/2004

L'AZIENDA A SCACCHI

di Stefano Verza

Mi è ricapitato tra le mani un libro che avevo letto qualche anno fa sulla psicologa degli scacchi . Sfogliando nuovamente le sue pagine mi è caduto l’occhio sulle annotazioni, che avevo scritto a piè di alcune pagine, riferite al possibile rapporto tra il gioco degli scacchi e la vita aziendale. Le condivido con tutti voi nella loro forma originaria. (Tra virgolette, e in carattere differente, riporto i brani del testo a cui sono riferite le note).

Vissuti emotivi e controllo

“Gli scacchi prefigurano un mondo coerente, rigidamente razionale e controllabile. Quindi il gioco si presta a essere investito della fantasia onnipotente di controllare la realtà, le emozioni, le relazioni. Paradossalmente, giocando avviene il contrario: non si controlla l’esito delle partite perché si può perdere, non si controllano le emozioni perché alcune sconfitte sono psicologiche, non si controllano le relazioni perché le caratteristiche e i comportamenti dell’avversario influenzano il gioco”.

Vedi teoria dei giochi: la matematica insegna che spesso il modo più razionale per prendere una decisione è tirare una moneta.

“La complessità metaforica degli scacchi è racchiusa nelle connotazioni simboliche dei giocatori, dalle quali ne scaturisce un’immagine simile ad un universo plastico, cangiante, ambiguo, sul quale è facile proiettare emozioni, immagini, idee, le più disparate. Pertanto a livello magari inconsapevole un mondo di affetti e di irrazionalità che non è facile indagare condiziona il gioco assai più di quanto di possa pensare”.

Aspetto fondamentale! Sensibilizzare ancor più le aziende sul ruolo giocato da affetti e irrazionalità. Il vissuto e il percepito delle persone entra in tutto dalla costruzione della realtà, all’influenza sulle prestazioni attese, sulla presa di decisione. L’azienda è un luogo o uno stato d’animo???

Importanza dei pezzi

“Tutti i pezzi hanno un ruolo importante e la vittoria non è legata all’azione singola, ma dipende dall’azione del gruppo; il Re senza gli altri pezzi non vale nulla”.

Cosa dire dell’enfasi sulla forza del team sbandierata ai quattro venti. Nella realtà un’organizzazione di quanti contributi non è consapevole !

Il Re d’azienda può senz’altro valere anche da solo, ma se questo lo porta a fantasie di onnipotenza o a non voler riconoscere il fondamentale apporto di chi lo circonda, beh alla fin fine il suo apporto organizzativo è nullo. Nel Re degli scacchi come nel Re aziendale convivono potere e grande fragilità.

Il buon giocatore

“Una delle capacità fondamentali di un buon giocatore risiede nella potenza pianificatoria, intesa come capacità di analisi del maggior numero di sviluppi vincenti possibili in un limite temporale stabilito. Diventa quindi fondamentale possedere una buona capacità di previsione per permettere l’analisi prospettica del gioco”.

Buon giocatore = buon management.

L’avversario

“Nel gioco degli scacchi è fortemente presente il desiderio di annientare l’avversario, distruggerlo e farlo a pezzi è un’emozione altamente radicata nel gioco e nelle menti degli scacchisti … gustarsi appieno lo sguardo dello sconfitto, l’abbattimento del perdente”.

Sembra l’atteggiamento che si può avere nei confronti dei propri competitors. Ma almeno in qualche caso sarebbe forse meglio/vincente trovarsi un altro mercato piuttosto che lottare strenuamente per mantenere le proprie quote di mercato e magari ritrovarsi alla fine a perderle o peggio ancora a soccombere.


Razionalità – Irrazionalità

“Nel gioco degli scacchi la razionalità può essere considerata una qualità negativa, mentre l’irrazionalità è positiva, dal momento che più un pezzo è razionale più è prevedibile e quindi debole. Nel gioco risultano quindi più utili l’irrazionalità e l’imprevedibilità”.

In azienda l’utilità di pianificaz. strategica è sempre meglio di un pensiero non conformista in grado di stravolgere le regole? O perlomeno di indicare una nuova prospettiva o di inseguire un sogno aziendale? Almeno in qualche occasione sono certo di no. Perché competere nell’imitare, piuttosto di non imitare e tentare di essere unici?


Il Re e la Donna

“ … come avrebbero visto un’inversione dei ruoli di Re e Donna; il 74% ha ritenuto che il cambiamento non avrebbe modificato la sostanza del gioco, mentre il 26% ha ritenuto o che il gioco sarebbe diventato meno razionale perché è più logico che sia il Re a difendere la Donna oppure che il gioco sarebbe stato snaturato e perverso affidando maggior importanza alla Donna”.

Stessa domanda agli uomini d’azienda: quale risposta? Forse percentuali identiche, ma… a posizioni invertite!?!

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