BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 06/03/2006

INCERTEZZA: IL PONTE TRA SICUREZZA E INTRAPRENDENZA (1)

di Stefano Verza

Il contesto in cui da tempo operano le organizzazioni, caratterizzato dall'accelerazione del cambiamento e dall'incertezza, comporta indubbiamente disorientamento e anche un certo grado di ansia, poiché pone in discussione il nostro abituale modo di percepire e di considerare la realtà, di entrare in comunicazione con gli altri e di sviluppare rapporti sociali.

Considerato che uno stato di insicurezza endemica sarà l'elemento distintivo che in futuro caratterizzerà la vita e le basi di sussistenza della maggioranza degli esseri umani, occorrerà sempre più fare i conti con le insicurezze, le incertezze e l’assenza di confini ben definiti (2). Certamente si può anche evitare di fare i conti, rassegnandosi a subire gli eventi, alimentando la visione apocalittica di un destino crudele e avverso contro il quale nulla si può, oppure assumendo un atteggiamento di ottimismo spensierato e incosciente. Ma c’è anche la possibilità di adottare un'ottica propositiva nella consapevolezza che un “contesto incerto” si rivela una notevole opportunità per effettuare un salto culturale in grado di arricchire il patrimonio di comportamenti individuali e organizzativi disponibili. Del resto:

sono condizioni che offrono, alle organizzazioni e alle persone che le compongono, la possibilità di ricercare e sperimentare modi di agire differenti da quelli abitualmente utilizzati.

Il bisogo di sicurezza è naturale. E' infatti indubbio che più irrompe nelle nostre vite l'incertezza, più aumenta il desiderio di una vita nella quale tutto sia prevedibile, comodo e possibilmente spensierato.Ma se prende il sopravvento un esagerato bisogno di sicurezza “non ci attarderemo a verificare le opportunità offerte da un’innovazione o le cause di un rischio. Attribuiremo a priori una minaccia ad ogni novità fino a quando la sua innocuità non sarà stata definitivamente dimostrata”. (3)

Gran parte delle energie saranno indirizzate alla spasmodica ricerca di prove di tale innocuità con il rischio che, nel frattempo, si diffonda velocemente l'apprensipone. E “in economia l’apprensione porta alla stagnazione, all’attesa e all’andar sul sicuro. I progetti vengono rinviati, lo spirito imprenditoriale si inaridisce. Gli esperimenti sono malvisti” (4).

Senza sperimentare, ricercare e innovare non può che subentrare la crisi, con la conseguenza di spendere tutto il tempo dipingendo la sua infinita fatalità e l'assoluta impossibilità di venirne a capo. Di rinunciare a scoprire delle vie d'uscita e delle risposte, per non parlare dello spronare e dell’incitare con forza a trovarle e sperimentarle. E così, finalmente, si riesce a sostituire l’incertezza con una certezza: la certezza della disgrazia. La società nel suo complesso resta immobile. Paralizzata (5).

La paralisi, poterbbe anche non dispiacerci poi così tanto; del resto ci consente di appaittirci sulla convinzione logica che chi non fa niente vada sul sicuro. Però a volte il non agire è più rischioso delle azioni sbagliate. Un’azione affrettata, che sia stata un minimo ragionata, spesso consente ancora di operare delle correzion; le azioni rimandate, invece, non sortiscono alcun effetto, perché l’occasione è da tempo passata. (6)

Certo l'intraprendenza può essere rischiosa: “regime del rischio in economia significa che fondamentalmente tutto è possibile, e che nulla è prevedibile e controllabile”. (7)

Ma “se nessuno si muove, nessuno si aspetta coraggio e nessuno produce coraggio. E se nessuno mostra intraprendenza, questa cessa di essere una merce richiesta”. (8)

Sta a noi decidere se restare immobili o mostrare intraprendenza.

Io credo sia meglio accogliere il suggerimento di Beck che, dinanzi alle supposte condizioni di un mutamento delle basi della società del lavoro, ci esorta a produrre nuove cornici concettuali, affinché le nuove realtà non siano liquidate come anomalie e spazzate sotto il grande tappeto della normalità.


1 -Ho fatto uno strano sogno: una partita a ping pong tra Beck e Sofsky. Da una parte all’altra del tavolo non si rimandavano una pallina, bensì alcuni pensieri. Io ero l’arbitro. Questo ne è il racconto.

2 - Ulrich Beck; Il lavoro nell'epoca della fine del lavoro; Einaudi, 2000.

3 - Wolfgang Sofsky;Rischio e sicurezza; Einaudi, 2005.

4 - Wolfgang Sofsky.

5 - Ulrich Beck.

6 - Wolfgang Sofsky.

7 - Ulrich Beck.

8 - Wolfgang Sofsky.

 

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