BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 24/10/2005

GIACCHE E CRAVATTE - TAILLEUR E TUBINI NERI

di Amalia Vetromile

Non ho mai amato la quota “protetta” per le donne in politica – anche se forse è quella che fino ad oggi può “limitare” il danno -, né mi è mai piaciuto discutere della situazione sociale e politica delle donne solo tra donne. Credo che sia materia da condividere tra persone cui non difetti l’intelligenza del cuore e la lungimiranza, la consapevolezza che una partecipazione di intelligenze diverse possa rendere più ricche di opportunità, benessere e rispetto le società.

Giovane studentessa, ero l’unica donna del mio corso di laurea e mi prendevo le mie libertà a colpi di discussioni familiari ed autocoscienze condivise in gruppo, come forse molti della mia generazione. Da poco laureata, ero tra quel 20% di donne che partecipavano al vasto programma formativo dell’ allora colosso multinazionale dell’informatica. Mi sono conquistata i miei spazi, le mie libertà, ma non posso non riconoscere che il contesto politico e sociale me lo ha consentito, e questo grazie al lavoro di anni speso da molte donne per affermare i propri diritti.

Non posso dimenticare vaste aree del pianeta dove ancora si martirizzano le donne, ma questo è un fenomeno talmente evidente che non c’è persona civile che non ne inorridisca. Ma se scendiamo suun terreno più subdolo, quello della società occidentale, dove i diritti delle donne sembrano ormai dati per scontati, non si può non rilevare ancora un profondo gap di genere. Cosa porta, nel 2005, a vedere ancora nei telegiornali tavoli decisionali pieni di giacche scure e impeccabili cravatte e solo pochi sparuti tailleur (imitazione femminile della divisa giacca-cravatta)? Cosa cela il famoso “soffitto di cristallo” che ferma le donne ai livelli intermedi manageriali? Cene dirigenziali dove pochi tubini neri e immancabile filo di perle -o al massimosciarpa di seta colorata, unica civetteria– si affiancano a rigidi colletti bianchi con serissime cravatte da Importante Occasione Aziendale che infiocchettano come un piccolo dono da albero di Natale pensieri di carriera “chissà che non mi capiti di sedere al tavolo dell’ A.D., quale meravigliosa opportunità!”.

Le organizzazioni maschili

Le organizzazioni aziendali sono state create da un universo maschile e impostate su un modello sociale antico eormai desueto, che vedeva l’uomo allavoro e la donna alla cura della famiglia, o nei campi.“la permanenza nelle aziende ad avere un modello tutto maschile di carriera” viene citato tra gli handicap per le carriere al femminile nel rapporto del CNEL del 2004“La trasformazione silenziosa – Donne, ICT, Innovazione” .

Negli ultimi trent’anni le donne hanno preso prepotentemente posto nel mondo produttivo, in politica, anche se ancora oggi, ai tavoli importanti, nei consigli di amministrazione, sul palco delle convention aziendali si vedono per la maggior parte giacche scure e cravatte al collo. E quando ci sono, le donne indossano idealmente la cravatta, si sono adattate alle organizzazioni modellate dagli uomini facendo capitomboli per conciliare lavoro e famiglia, adottando linguaggi e comportamenti maschili. E poiché spesso le donne che fanno carriera hanno - necessariamente per il doppio triplo lavoro cui sono chiamate - una marcia in più, questo ha reso ancora più cruenta la competizione aziendale. L’arte della lotta, della sopravvivenza a scapito di altri colleghi, del sapersi “vendere” per fare carriera.Oppure – in qualche occasione -hanno usato l’arte della seduzione, ma anche questo è un modello mutuato da un ruolo subordinato della donna. Quando ci si mettono sono senza dubbio più brave degli uomini, non perché più intelligenti ma perché uniscono alla determinazione la scaltrezza l’intuito il tempismo la seduzione, qualità che gli uomini, abituati a comandare per millenni, difetta per mancanza di esercizio. Anziché dare una svolta creativa ai modelli organizzativi li hanno consacrati, facendoli propri in pieno. Quante volte si sottolinea l’eccezionalità del caso di un ruolo di top manager ricoperto da una donna, o semplicemente la si apostrofa come “sembra un uomo”!

Le organizzazioni flessibili

Nonostante il gran parlare delle organizzazioni che devono essere flessibili per adattarsi velocemente al mutare del mercato, dell’azienda corta che “coglie” velocemente i nuovi input dei clienti, ancora oggi troppo spesso leaziende somigliano a caserme, dove non c’è posto per il cuore, non c’è spazio né tempo per capire che il capoprogetto poco efficiente forse è semplicemente inadatto a quel compito - che talvolta esige una modalità lavorativa seriale - mentre sarebbe uno straordinario “solution architect” perché tecnicamente competente e “graziato” dalla creatività e da pensieri paralleli.In una organizzazione che funziona secondo i principi dell’interdisciplinarietà, ogni persona può e deve avere il suo ruolo, mai dimenticando - anzi riconoscendo - che tutti i ruoli hanno una loro dignità, e sono necessari e funzionali alla realizzazione del progetto comune, che l’ambizione personale non può e non deve intralciare.

Allora, forse, un approccio “femminile”al lavoro può favorire il costituirsi di organizzazioni meno gerarchiche, dove maggiore flessibilità e adattamento al mercato lasciano più spazio all’integrazione di competenze e creatività. Un modo di lavorare dove uomini e donne possano offrire contributi e critiche costruttive, dove la diversità di genere, che si esplica in stili cognitivi diversi,diventi ricchezza per le aziende, come indubbiamente lo è l’integrazione di competenze diverse e la multidisciplinarietà nel mercato di servizi ad alto valore aggiunto.

Modalità lavorative che consentano l’integrazione del maschile e del femminile, per consentire l’espressione piena della personalità. Organizzazioni che si evolvono, come fanno le persone nel loro individuale percorso di crescita personale e professionale. In fondo ogni cammino di crescita personale, qualunque sia la strada individualmente scelta, porta ad una integrazione sempre maggiore della componente cognitiva con quella emozionale, della parte destra e sinistra del cervello. Il maschile e il femminile, yin e yang, che sono in ciascuno di noi, lasciati palpitare insieme, rafforzandosi l’uno con l’altro. La corteccia cerebrale che convive con la parte occipitale- il cervello delrettile -, quella più ancestrale. Organizzazioni, dunque, che lasciano spazio al maschile e al femminile, come componenti che si potenziano a vicenda, alla creatività insieme alla produttività. Stili manageriali che siano improntati alla leadership, alla condivisione e al coinvolgimento dei collaboratori nelle decisioni, piuttosto che al comando, talvolta – purtroppo -rassicurante anche per i collaboratori. Dove sia possibile diventare manager e non dimenticare il cuore.

Un po’ di coraggio

Sì, ci vuole un po’ di coraggio. La formula è la stessa della vita privata, quando talvolta si rinuncia a vivere pienamente, perché faticoso, anziché mettersi in discussione, aprirsi a nuovi orizzonti, a continuare nel proprio percorso di crescita personale. E in fondo dove finisce la vita lavorativa e dove inizia quella privata?. Anzi perché mai, c’è da chiedersi, una così netta separazione. Forse anche questo è un retaggio di una vecchia organizzazione sociale maschile. C’era il mondo del lavoro, o della guerra, o degli affari di stato, o delle case chiuse, che erano frequentate dall’universo maschile e poi, con una netta separazione, il mondo della famiglia, degli affetti, dove intervenivano le donne. Come non ricordare le parole di Simone de Beauvoir “Mi abituai a considerare la mia vita intellettuale – incarnata da mio padre – e la mia vita spirituale – diretta da mia madre – come due campi radicalmente eterogenei, trai i quali non poteva esservi alcuna interferenza”. Forse anche questo ha contribuito a creare una frattura tra i due universi, separando la produttività dai sentimenti, quando, solo pochi decenni fa le donne lavoratrici venivano dipinte come “signorine desiderose solo di calze di seta e di rossetto”.In fondo in Italia le donne hanno diritto di voto solo da sessant’anni, e da soli 59 posso essere elette!

Un po’ di coraggio, e rimettere insieme le cose, integrare il maschile e il femminile, la produttività e la creatività. Aprire il cuore e regalare un sorriso anche durante un account planning; riconoscere gli occhi di un amico nell’interlocutore – un competitor, un cliente, o forse un collega -, mentre lo si sta fronteggiando coraggiosamente nella difficile partita di poker di una trattativa; poetare in conference call senza perdere di vista l’oggetto della discussione.

Un po’ di coraggio, ad andare verso modelli organizzativi non ingessati, dove donne e uomini, siano persone che apportano competenze e creatività, scoprendo – insieme – che un modo sorridente di fare carriera è possibile.


Autrici Varie, Il novecento delle italiane, Editori Riuniti

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