BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 08/05/2006

COMPLESSITA', CAMBIAMENTO AUTOPOIETICO E POLITICHE DELLE RISORSE UMANE

di Francesco Zanotti

La sfida dei sistemi umani

La società industriale ha certamente permesso uno sviluppo senza precedenti nella storia dell’uomo, ma oramai non solo ha esaurito la sua spinta propulsiva (costruire sviluppo sembra sempre più difficile), ma ha anche cominciato a mostrare effetti collaterali devastanti: una strumentalizzazione sempre più profonda, sia ditutti coloro che non fanno parte della classe dirigente, sia dell’ambiente che ospita questo tipo di società.

Allora la sfida, che tutti dovrebbero sentire nella carne, è quella del cambiamento profondo della società industriale. E, quindi, delle imprese, delle organizzazioni e delle istituzioni che la costituiscono.

Tentando un sintesi, la sfida è quella della creazione di nuovi sistemi umani. Esprimendo la sfida diversamente: dalla costruzione di sistemi tecnologici, allo sviluppo dei sistemi umani

Credo che questa sfida complessiva possa essere descritta in questi termini: la costruzione di una nuova società, eticamente giusta ed esteticamente bella.

Affrontata con una conoscenza “primitiva”

Per vincere questa nuova sfida profonda stiamo utilizzando una cultura primitiva: la visione del mondo di Galileo e il suo perfezionamento compiuto attraverso un percorso che da Cartesio giunge fino alla filosofia analitica. Crediamo che questo patrimonio di conoscenza possa essere definito: cultura vetero-scientifica.

E’ questa cultura che informa il modo di pensare e di agire della classe dirigente attuale. Anche quella che non ha specifiche competenze scientifiche. In particolare è questo tipo di cultura che ha ispirato il management tradizionale, un management analitico, direttivo, individualistico e razionale. E le competenze che lo caratterizzano: l’analisi, la decisione, la pianificazione, la comunicazione, la negoziazione e il controllo.

Con la convinzione che sia l’unica

Purtroppo tutti sono convinti che questa cultura sia l’unica esistente.

Questo significa che non utilizziamo, citando in ordine sparso, innanzitutto la nuova conoscenza scientifica, nata nell’ ‘800 e sviluppatasi nel ‘900, che ha proposto una visione del conoscere il mondo molto diversa da quella di Galileo. Ci riferiamo ai risultati della matematica e della fisica, della biologia e delle scienze cognitive.

Poi non utilizziamo tutto quel patrimonio di pensiero e di arte che viene definito post-moderno.

E, da ultimo, in questo elenco che non è certo esaustivo, non consideriamo la conoscenza sviluppata dalle civiltà non industriali. Non ultime le civiltà orientali che hanno dato una forma particolare alla loro conoscenza: la religione.

Aggiustare il televisore con il martello

Il problema fondamentale della cultura vetero-scientifica è che è in grado di comprendere il funzionamento “burocratico” dei sistemi umani. Ma non il loro funzionamento profondo. E tanto meno la loro evoluzione.

Allora una classe dirigente, che voglia guidare processi di sviluppo e non sostenere processi di conservazione, è costretta ad usare “strumenti” inadeguati: il management tradizionale, appunto.

Ma l’utilizzarlo è come cercare di aggiustare il televisore con il martello con la convinzione che sia il teatrino delle marionette. Si trasforma lo schermo in frantumi di vetro. Si trasformano i sistemi umani in frantumi di tristezza.

Agli imprenditori del futuro nuovi “strumenti”

Con il termine “imprenditore” non intendo solo un piccolo genio della tecnologia che inventa prodotti di successo. Intendo tutti coloro che vogliono guidare gruppi umani verso la costruzione di nuove imprese, nuove banche, nuove assicurazioni, nuove istituzioni locali, nazionali o sovra nazionali. Insomma verso la costruzione etica ed estetica di una nuova società. Citando per esteso: imprenditori intesi in senso tradizionale, top managers, politici, amministratori, governanti, alti burocrati. E, soprattutto, giovani: sia di età che di spirito.

Tutti questi imprenditori del futuro non possono vincere la loro sfida usando la cultura vetero-scientifica. Non possono continuare a menare martellate delle quali la buona volontà e la retta coscienza non possono che peggiorare gli effetti.

Tutti questi imprenditori del futuro devono poter disporre delle nuove conoscenze oggi trascurate. Delle nuove metafore e dei nuovi modelli che esse suggeriscono per comprendere il funzionamento e l’evoluzione dei sistemi umani. E, poi, di un nuovo sistema di metodologie per gestire questi processi di funzionamento e di sviluppo.

In sostanza devono disporre di un nuovo management“opposto” a quello tradizionale. Proponiamo di definirlo: poietico, olistico ed olografico.

Questo nuovo management può essere lo strumento fondamentale per una nuova classe dirigente (che definirei imprenditoriale perché fatta di nuovi imprenditori) che senta nella carne la mission di creare una nuova società..

La nostra proposta per un nuovo management

Negli anni scorsi abbiamo intrapreso un percorso di ricerca che ci ha condotti a ripercorrere le nuove conoscenze nate nel secolo appena concluso. A sviluppare modelli e metafore per comprendere i processi di funzionamento e di sviluppo dei sistemi umani. A concretizzarli in metodologie e strumenti per gestire questi processi.

Abbiamo intrapreso un percorso di ricerca che ci ha condotti a sviluppare una prima Ipotesi per un nuovo management poietico, olistico ed olografico.

Cambiamento e politiche delle RU

In questo contributo voglio proporre nel dettaglio una specifica declinazione del management poietico, olistico ed olografico alla sfida del cambiamento e della gestione delle risorse umane.

Politiche delle risorse umane e Cambiamenti “ingegneristici”

Le politiche delle risorse umane stanno subendo una deriva strumentalizzante: le risorse umane sono “strumenti”, sia pure essenziali, decisivi, che vanno trasformati per adeguarli alle esigenze dell’organizzazione La causa dichiarata di questa deriva è la sempre più feroce competizione. Essa costringe a sviluppare organizzazioni sempre più efficienti. E, conseguentemente, spinge verso politiche delle risorse umane ingegneristiche perché sembrano le più funzionali a collocare le risorse giuste, al posto giusto, il più in fretta possibile.

Per strutturare le organizzazioni come “macchine” sempre più efficienti, occorre attivare processi di cambiamento che, sempre a causa della pressione della competizione, devono essere, a loro volta, i più efficienti possibili. Per essere efficienti devono essere ingegneristici. Vi deve essere la predominanza di una “intelligenza” che disegna dal di fuori (gerarchicamente) l’organizzazione ideale e di una “massa” di risorse che devono realizzare il cambiamento individuato come necessario.

Il problema grave è,però, che, alla prova dei fatti, il cambiamento ingegneristico proprio non funziona! Sembra affetto da sindrome di autodistruzione perché dissemina di vere e proprie “trappole” ognuna delle quattro fasi nelle quali si struttura: la progettazione, la comunicazione, la formazione e l’implementazione.

Brevemente, la progettazione, poiché non può spingersi a definire i comportamenti, definisce solo il contesto del cambiamento. Un contesto dove le singole persone dovranno scegliere, in libertà e responsabilità, i comportamenti da adottare.

Ma questa limitazione non viene rilevata e si attiva un processo di comunicazione di tipo direttivo il quale, però,genera un meta messaggio contraddittorio perché una comunicazione direttiva deve veicolare un contenuto prescrittivo. Ma il contenuto prescrittivo non c’è!

Allora la comunicazione, invece di indicare una direzione da percorrere genera incertezza perché le persone si accorgono che il messaggio è parziale e difficilmente applicabile.

La formazione èsostanzialmente retorica perché, da un lato, propone competenze manageriali che sono nate per gestire la sfida del funzionamento delle imprese e non possono essere adatte a gestire la sfida del cambiamento. E, dall’altro, guida allo sviluppo di competenze in situazioni virtuali. Ma le competenze hanno significato solo nelle situazioni in cui sono state create. Questo significa che un processo formativo tradizionale crea competenze inutilizzabili nelle situazioni reali proprio perché sono state generate in situazioni virtuali.

Ma i guai più grossi si nascondono nel processo di implementazione. Infatti, le persone si formano una visione personale del cambiamento che viene loro proposto e scelgono i comportamenti che ritengono più adatti sia a realizzare la propria identità che a raggiungere gli obiettivi che l’organizzazione ha loro assegnato.

Ora è molto difficile che le diverse visioni delle diverse persone siano spontaneamente compatibili.Come è difficile che i loro comportamenti si coordinino spontaneamente in processi di lavoro complessivi efficaci ed efficienti.

Accade, allora, che le persone attivino processi di negoziazione. Ma, poiché partono dall’ipotesi che la loro visione è corretta e quella delle altre persone errata, questi processi negoziali non potranno che essere conflittuali.

A “calmierare” il negoziare conflittuale interviene il “Capo”. Ma anche egli si forma una sua visione della nuova organizzazione che occorre concretizzare, del ruolo delle diverse persone e di quali dovrebbero essere i comportamenti ottimali. Poiché neanche lui sfugge alla tentazione della ideologia, tende a voler imporre questa sua visione che considera essere quella corretta. Il risultato è che, invece di “calmierare”, aggiunge un nuovo livello di conflitto.

A problema si aggiunge problema: questo processo negoziale conflittuale avviene sempre e soltanto attraverso dialoghi tra persona e persona e non trova mai un momento di rappresentazione sociale. Non esistono momenti di incontro collettivo dove si esplicitino e si confrontino socialmente le proprie visioni e si discuta dei propri comportamenti. Questo significa che il processo di negoziazione rimane a livello interpersonale, non trova mai una sua sintesi sociale e tende a non esaurirsi mai.

In conclusione, il risultato finale di un processo di implementazione di questo tipo (inevitabilmente lungo e costoso) è costituito da una organizzazione a basse prestazioni ed a bassa soddisfazione per le persone che vi lavorano.

Organizzazioni ad alte prestazione ed ad alta soddisfazione

Per aumentare l’efficacia e l’efficienza dei processi di cambiamento in nuovo management propone la metodologia del cambiamento autopoietico.

Il cambiamento auto poietico

Il modello del cambiamento auto-poietico funziona a questo modo.

Innanzitutto occorre riconoscere che un progetto di cambiamento può solo essere un contesto all’interno del qualesi scatena il processo di autodeterminazione dei comportamenti.

Basandosi su questo riconoscimento, occorre, allora, immaginare come gestire lo strutturarsi oggi spontaneo, disordinato ed inefficiente dell’organizzazione. Lo si può fare attraverso un processo di auto progettazione che viene guidato dai managers responsabili del cambiamento. Detto diversamente, lo si può fare attraverso un processo di creazione sociale di conoscenza guidato, invece che selvaggio, come accade oggi.

Per supportare processi di auto progettazione guidati, abbiamo sviluppato una metodologia che si struttura in trefasi fondamentali.

La prima fase è costituita dal “defreezing cognitivo”. Esso ha l’obiettivo di sbloccare le visioni ideologiche delle persone, di guidarle a leggere il progetto di cambiamento come una opportunità e, quindi, di far emergere l’esigenza di un impegno progettuale che deve essere inevitabilmente sociale.

La seconda è una fase di “progettualità sociale”. In essa le persone sono guidate attraverso quelli che sono i passi fondamentali del processo di progettualità sociale: la formulazione e la comunicazione di proposte e il dialogo progettuale. Ai managers il compito di dare, poi, senso complessivo a questo dialogo sociale producendo una sintesi delle proposte. Questa sintesi rappresenterà la concretizzazione, la declinazione nel contingente e nel locale del progetto di cambiamento organizzativo. Nella fase di progettualità sociale si innesta “naturalmente” una auto formazione comunitaria supportata dalle”Web Tecnologies” dove le diverse comunità che si vanno formando sono comunità di vita e di progetto. Cioè molto di più di comunità di pratiche.

Il processo si conclude con la “celebrazione sociale” della sintesi delle proposte. Essa potrà essere presentata durante una convention che, anche se potrà avere i tempi ed i ritmi di una convention classica, se ne differenzierà perché il messaggio che verrà veicolato sarà stato prodotto da tutti.

Il cambiamento autopoietico è un processo estremamente efficace ed efficiente che produce i seguenti risultati.

Il primo risultato è quello di eliminare ogni resistenza perché il cambiamento è visto comemomento di auto realizzazione delle persone.

Il secondo risultato è quello di generare organizzazioni ad alte prestazioni e ad alta soddisfazione per chi vi lavora.

Il terzo risultato è quello di far considerare il cambiamento non come una dimensione straordinaria che disturba l’attività corrente, ma come un nuovo modo di vivere dell’organizzazione.

Politiche di partecipazione progettuale

La metodologia del cambiamento auto poietico porta ad un vero e proprio nuovo paradigma della gestione delle risorse umane che abbiamo definito di “partecipazione progettuale”. Questo nuovo paradigma porta ad una rivoluzione nelle diverse attività che costituiscono il ciclo delle risorse umane.

Reclutamento

L’organizzazione che attiva processi di cambiamento autopoietici acquisisce naturalmenteun grande potere di attrazione dei talenti perché comunica di essere un ambiente di reale e non solo dichiarata auto realizzazione. Questo significa che la qualità del servizio di reclutamento aumenta in modo rilevante.

Selezione, inserimento

La selezione diventa molto più efficace ed efficiente a causa della qualità del materiale umano che è stato reclutato. Il processo di inserimento diventa molto più semplice perché avviene attraverso l’inserimento dei nuovi assunti in uno dei processi di cambiamento auto poietico che caratterizzano la vita dell’impresa. Questo tipo di inserimento, proprio per la struttura del processo di cambiamento auto poietico che prevede sia momenti di auto formazione che di progettualità, racchiude in sé i vantaggi dell’affiancamento, della formazione e dello stage. lI processo di inserimento può essere gestito dai managers di linea senza che questi distolgano in nessun modo l’attenzione dal raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Formazione, sviluppo

La formazione si trasforma radicalmente con una impressionante riduzione dei costi, unita ad una altrettanto impressionante “escalation” dei risultati. Infatti, il “sapere” può venire delegato completamente all’auto formazione comunitaria. Questo significa che le Web Technologies diventano non soltanto strumenti di efficienza (come fino ad oggi sono state considerate), ma tecnologie abilitanti per attivare efficaci ed efficienti processi di sviluppo.

Il “saper fare” viene concretizzato in nuove competenze adatte a guidare i processi di cambiamento auto poietici e diventa immediatamente incarnato nella realtà. Non rimane in alcun modo una virtualità che ha senso solo nella realtà, virtuale appunto, dove è stato sviluppata.

La formazione può proficuamente concentrarsi sul “saper essere” che può diventare formazione filosofica, cognitiva. Una formazione, ad esempio, capace di far superare la visione del mondo propria della società industriale che porta al formarsi di un pensare ideologico. E capace di far immergere le persone nella nuova visione del mondo proposta dalla metafora della complessità. Questa nuova visione del mondo costituisce la risorsa fondamentale per sfruttare le potenzialità del cambiamento auto poietico.

Knowledge management

Il knowledge management cessa di essere una attività “aggiuntiva” che, appunto, aggiunge costi, impiega risorse che è necessario sottrarre ad altre attività, richiede investimenti specifici. Il knowledge management diventa un “sottoprodotto” dei processi di cambiamento auto poietici. Infatti, da un lato, tutto il sapere ed il saper fare viene formalizzato in “knowledge object”. Dall’altro, anche i dialoghi comunitari vengono formalizzati per essere disponibili socialmente. Da un terzo lato, anche i risultati dei processi di progettualità sociale vengono formalizzati e resi disponibili socialmente. In sintesi, la conoscenza diventa esplicitamente e visibilmente la risorsa strategica fondamentale per l’impresa.

Anche tutte le tecnologie e le metodologie di knowledge management cessano di essere strumenti di “seconda battuta” (certamente utili, ma quasi un lusso per chi deve affrontare la dura competizione) o strumenti da relegare alla conoscenza tecnologica per diventare, anch’esse, tecnologie abilitanti per la continuità dei processi di sviluppo.

Mobilità e carriera

La mobilità e la carriera possono essere gestite con un rilevante consenso sociale. Le informazioni sulle persone, sulle loro competenze (riconosciute socialmente) sulla loro capacità di acquisire leadership imprenditoriale, sono automaticamente disponibili. Senza la necessità di analisi ad hoc che risultano sempre troppo costose, troppo astratte, non socialmente condivise e mai sufficientemente tempestive.

Rewarding

Diventa sostanziale e non artificiale, legare parte dei compensi ai risultati aziendali. Infatti le persone, vivendo processi di cambiamento autopoietici, percepiscono di disporre di tutte le armi che servono loro per raggiungere gli obiettivi che concordano. E che sono, proprio per il modo in cui sono generati, non negoziati, ma pienamente e spontaneamente condivisi.

Comunicazione interna

La comunicazione non è più una attività “ulteriore”, esterna al processo gestionale perché le informazioni sono il necessario nutrimento dei processi di cambiamento auto poietici. Sono desiderate e richieste dalle persone non come strumento di potere personale, ma come risorsa sociale per costruire sviluppo.

Relazioni industriali

Le relazioni industriali perdono alla radice la loro carica conflittuale perché i processi di cambiamento auto poietici sono fondati su di una partecipazione piena (progettuale) e non sulla negoziazione conflittuale che, come abbiamo illustrato, è inevitabile in processi di cambiamento di tipo direttivo.

Tentando una sintesi, tutte le attività che costituiscono il ciclo delle risorse umane si semplificano ed aumentano la loro capacità di servizio. Il trasformarsi di queste attività libera energie. Esse possono essere utilizzate proficuamente, per formare e supportare i manager di linea a gestire i processi di cambiamento autopoietici.

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