BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/07/2003

DEL PLAGIO, DEL COPYLEFT E DI UN RITARDO AEREO: INTERROGATIVI A SEGUITO DI UNA COINCIDENZA

di Antonio Nastri

La vita è fatta spesso di strane coincidenze. Tanto strane da portarti a pensare che non accadano per caso, ma che avvengano apposta per farti riflettere su una determinata situazione o su un particolare momento che stai vivendo.

Mercoledì scorso mi sono recato a Roma con una collega per un lavoro di consulenza. Tra la levataccia del mattino per essere in orario dal cliente e l'intensa attività di colloqui e chiarimenti reciproci fondamentali per il buon esito del progetto al quale sto collaborando, a fine giornata ero letteralmente esausto e desideroso di tornare a casa. Pura illusione! Un guasto tecnico al velivolo che doveva riportarci a Milano ci ha costretto a passare più di due ore in sala di attesa prima di poterci finalmente imbarcare.

Gli stati d'animo delle persone, in simili circostanze, si susseguono rapidamente: al fastidio iniziale subentra la rabbia per non ricevere risposte esaustive su quando sarà riparato il guasto e, quando l'esasperazione raggiunge il culmine, subentra inesorabilmente la rassegnazione guidata dalla stanchezza che ognuno si porta addosso.

È in questo momento che ci si aggrappa a qualsiasi cosa ci possa aiutare ad ammazzare il tempo in modo meno noioso. La mia salvezza, in questa specifica situazione, è stato il giornale preso sul volo di andata che non avevo ancora avuto modo di sfogliare.

Curiosando tra le pagine mi ha meravigliato apprendere delle presunte accuse di plagio rivolte in questi giorni a Bob Dylan. Lo "Shakespeare dei giorni nostri" (come lo ha definito il giornale inglese The Guardian) avrebbe "rubato" parte dei testi delle canzoni del suo ultimo CD dal libro "Confessioni di uno Yakuza" scritto una decina di anni fa da Junichi Saga, un medico giapponese.

A supporto dell'ipotesi di plagio, il giornale riportava anche stralci dei testi di Saga e di Dylan.

Scrive Saga:

«Mia madre era una stupida. Era  figlia di un agricoltore benestante, ma aveva avuto un figlio illegittimo, e questo ero io: poi se n'era andata ed era morto quando io avevo 11 anni. Lei aveva solo 29 anni. Ho sentito che mio padre era un piazzista ambulante che ogni tanto telefonava a casa, ma io non l'ho incontrato».

Canta Dylan:

«Mia madre era figlia di un agricoltore benestante. Mio padre era un piazzista ambulante, non l'ho mai incontrato».

Ancora, scrive Saga:

«Io non sono così tosto né così facile al perdono come posso essere apparso».

E Dylan canta:

«Io non sono così tosto né così facile al perdono come sembro».

Non c'è dubbio che i testi siano molto simili, quasi intercambiabili. Né sono gli unici casi di similitudine tra i testi di Dylan e quelli di Saga (secondo il giornale i casi di somiglianza sono circa una ventina). È vero plagio? Devo ammettere che a una prima lettura dell'articolo ho pensato di sì, ma riflettendo a lungo sull'episodio (e di tempo, grazie al guasto dell'aereo ne ho avuto veramente tanto) sono emersi i primi dubbi.

Infatti, anche se il cantante americano avesse realmente copiato parte dei testi dello scrittore giapponese, non credo sia sufficiente per parlare di plagio o di furto di capitale intellettuale. Per un motivo ben preciso: Dylan non si è limitato a copiare in maniera integrale i testi di Saga, ma li ha rielaborati, impreziositi e, soprattutto, arricchiti con la sua musica. Inoltre, dall'episodio anche Saga trarrà i suoi benefici, poiché il suo libro, che nella versione inglese ha venduto appena 25 mila copie, è divenuto improvvisamente popolare e tornerà ad affollare gli scaffali delle librerie.

È questa, penso, l'essenza dell'ideale del copyleft alla base del movimento per il software open-source: la possibilità di accedere alle idee altrui e di arricchirle con i propri contributi, consentendo al contempo agli altri di fare lo stesso nei confronti dei propri lavori. Tanti fenomeni legati al mondo della Rete funzionano con questa logica: si può accedere ad  articoli, ricerche e risorse varie elaborate da altri e utilizzarli per il nostro lavoro, rielaborandoli a modo nostro, citando le fonti e gli autori ai quali si è attinto e mettendo a nostra volta queste rielaborazioni a disposizione degli altri.

Fin qui le mie opinioni sul copyleft e sulla tutela della proprietà intellettuale. Cosa c'entrano dunque le coincidenze?

C'entrano eccome. È accaduto, infatti, che il mattino successivo curiosando online in cerca di risorse interessanti sul Crm mi sia imbattuto in un articolo che aveva un titolo a me familiare: "Loyalty vs. Satisfaction: filosofie di Crm a confronto". Si tratta di un articolo mio, scritto nel 2000 e pubblicato su Poolweb , Crm Village e su Bloom, che ho trovato pubblicato e indicato come dispensa del seminario "e-Opportunity" realizzato lo scorso anno da Stoà . Grande meraviglia, sorpresa e un pizzico di orgoglio nell'osservare che un mio articolo fosse stato considerato degno di essere utilizzato come materiale didattico anche da parte di una scuola di formazione diversa da quella per la quale lavoro. Nell'aprire il file, tuttavia, la sorpresa è molto meno piacevole. Scopro infatti che dell'articolo, pubblicato integralmente, sono stati cancellati il mio nome e tutti i riferimenti alla fonte da cui è stato preso. In più, tutte le pagine sono state farcite col logo della Stoà e col titolo del seminario, quasi a volerne rivendicare la proprietà dei contenuti.

Neanche lo sforzo di cambiare i colori dei grafici che avevo elaborato, né l'intelligenza di aggiornare i dati di mercato che avevo inserito nell'articolo (e che risalgono ormai a tre anni fa). Si arriva, infine, al paradosso estremo. L'articolo, infatti è pubblicato in formato PDF e al lettore è preclusa l'opzione "copia testo", come a dire che è vietato riprodurre il testo, anche se parzialmente.

A questo punto occorre dire che l'articolo in questione è tutelato da copyright (quello vero) in quanto fu realizzato nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea e quindi fu regolarmente registrato tra i documenti di rendicontazione del progetto. Quindi, chi ha compiuto il "misfatto" (la Stoà o il docente/consulente di Allaxia che ha utilizzato l'articolo come dispensa, magari spacciandolo come suo e chiedendo il compenso economico per la sua realizzazione, ma su questo non vado oltre non sapendo come stanno realmente le cose) è anche facilmente attaccabile sul piano legale.

Non è questa la questione. Non ho nulla in contrario al fatto che qualcun altro utilizzi materiali miei (articoli, lucidi, grafici, ricerche …), e anche io faccio spesso lo stesso quando trovo lavori di altri che giudico interessanti e che decido di utilizzare in aula. La questione vera è il rispetto per l'autore. Così come cito sempre gli autori dei materiali non miei, chiedo che si faccia lo stesso se qualcuno utilizza materiali da me prodotti.

Certo, si potrebbe dire che neanche Dylan ha mai citato Saga nel suo CD, ma è altrettanto vero che i presunti testi copiati sono solo una parte di un lavoro molto più ampio frutto genuino della mente del cantautore americano. Non credo si possa dire lo stesso nel caso del mio articolo. La domanda è: basta modificare i loghi in copertina per arricchire il valore del lavoro intellettuale di un'altra persona in modo da farlo apparire come qualcosa di nuovo e di originale? Non credo proprio. Nel dubbio, però, lascio al lettore l'ardua sentenza …

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