BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 27/01/2001

Parafrasi, con qualche divagazione, de L’ozio delle macchine

di Attilio Pagano

Credo che esista una terza possibilità di rappresentare l’ozio. Ozio anche come sospensione temporanea dell’azione (lavoro) per porsi in ascolto (dell’altro, dell’ambiente, di se stessi). Sospensione non diversa né disgiunta dai fini dell’azione del lavoro, ma anzi condizione essenziale al raggiungimento più completo di quegli stessi fini.

In questa prospettiva vanno coltivate le disposizioni attitudinali e comportamentali dei manager all’attenzione latente e all’ampio ascolto ambientale, così come vanno costruiti ambienti e contesti di lavoro in grado di generare stimoli multisensoriali.

Della realtà, come noto, noi elaboriamo spontaneamente e incessantemente rappresentazioni ("la mappa non è il territorio"). Il nostro pensiero e linguaggio non sono mai ‘puramente’ denotativi. Nella relazione con l’altro, con l’ambiente, con noi stessi non possiamo evitare di esprimere giudizi. Quello che possiamo fare è sospendere temporaneamente se non la rappresentazione, almeno l’uso, o l’effetto, di questa rappresentazione, di questi giudizi. A esempio, nella relazione interpersonale, come in quella con i collaboratori o con i clienti, possiamo non usare l’interpretazione di ciò che ci comunica l’altro, per aprirci a una possibilità di maggiore comprensione.

Il concetto di complessità della macchina richiama il concetto di ridondanza, ma in questo caso è ridondanza di parti o di funzioni?

Ridondanza di parti: ogni componente è progettata per una specifica funzione. Parti speciali vengono aggiunte per il controllo e la riparazione o il rimpiazzo di parti ordinarie che si guastano. Questo è il modello gerarchico e meccanico.

Ridondanza di funzioni: invece di aggiungere parti al sistema, ogni parte è abilitata a una vasta gamma di funzioni (non una singola specializzazione). Questo modello possiede flessibilità e capacità di riorganizzarsi in ogni parte del sistema.

Io non penso che si possa giudicare una macchina dotata di una intrinseca "complessità gratuita", ma che si debba riferirla ad almeno una delle molte condizioni d’uso.

È vero che la mia sega a motore, che uso quando sono in vacanza in montagna, ha una forma che qualche volta ne ha reso scomodo l’uso, ma è anche vero che io l’ho usata in una varietà di modi e che in altre circostanze d’uso la sua forma non generava alcuna scomodità. Direi che non si può considerare una macchina (strumento d’uso) in sé, e che si debba immaginarla in relazione alla pluralità di condizioni d’uso secondo un criterio, per dirla grossa, "sistemico".

Il riferimento all’autoreferenzialità dei sistemi chiusi e tesi al mantenimento del proprio equilibrio (Maturana e Varela) mi sembra applicabile agli organismi, alle manifestazioni sociali (dotati di ridondanza funzionale). Quando riferito alle macchine (dotate di ridondanza di parti), mi sembra un po’ forzato.

Il comportamento della macchina risponde a un progetto. Il suo "ozio" è previsto. (Quando non è previsto, come nel caso del guasto, si ha una sospensione che non è né godimento del non lavoro, né preparazione alla ripresa del lavoro, ma semmai un’attesa passiva di un intervento esterno di riparazione. Comunque il caso mi sembra che non rientri nell’argomentazione).

In questo senso si può dire che la mia sega a motore nella casa in montagna in questo momento stia oziando.

Ma non si potrà mai dire che la mia sega a motore quando non fa scorrere i denti della catena nel legno si possa mettere in una condizione di sospensione dell’azione per osservare le qualità del legno e inferire la sua durezza dallo spessore, dal peso, dal colore; oppure per prevedere percorsi ottimali di taglio in base alla forma, alla disposizione dei nodi e dei rami laterali.

La mia sega a motore può fare (azione) o non fare ("ozio"), ma non può ascoltare (sospensione attiva e intenzionate dell’azione).

Attento si fermò com’uom che ascolta. Dante, Inferno, IX, 4.

Per l’uomo la sospensione dell’azione può anche essere l’occasione per riprendere il lavoro in modo nuovo, inatteso, imprevisto.

Per la macchina la sospensione dell’azione può essere l’occasione per riprendere l’azione in un modo forse diverso, ma comunque sempre previsto nel suo progetto.

(Forse un’eccezione può presentarsi se pensiamo alla possibilità che l’uomo usi una macchina per scopi diversi da quelli per cui è stata progettata. Ma questo mi sembra essere il risultato di una sospensione dell’azione più che della macchina, dell’uomo che esce dai vincoli della "fissità funzionale").

Nel caso dell’uomo la capacità di sospensione dell’azione per aprirsi all’imprevisto è legata alla ridondanza, funzionale non di parti, del nostro sistema mentale (anche a livello neuro fisiologico). Verrebbe da dire che per le organizzazioni sarebbe conveniente favorire lo sviluppo di modelli caratterizzati da ridondanza di funzioni.

Invece nello sviluppo storico delle organizzazioni abbiamo assistito al dispiegarsi dello sforzo opposto: ridurre la ridondanza funzionale e esaltare la ridondanza delle parti.

Non a caso la metafora organizzativa delle organizzazioni più brave ed efficienti nel realizzare questo sforzo è (è stata?) quella della macchina.

Infine, in 7.2.1 si rimanda a una tesi 2.3 che non esiste.

È un refuso o un rinvio borgesiano a uno dei tanti mondi possibili?


Nota:
Queste riflessioni prendono spunto dal testo di Francesco Varanini su L’ozio delle macchine, apparso su Bloom.

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