BLOOM! frammenti di organizzazione
Pubblicato in data: 21/07/2003
DA RISORSE A PERSONE: QUALCHE RIFLESSIONE PARTENDO DALLA LETTURA DELL'ULTIMO LIBRO DI PETER F. DRUCKER

di Davide Storni

“Era il sistema che rendeva competitiva la forza lavoro tradizionale, sia che fosse la one best way di Taylor, o la catena di montaggio di Ford o il total quality management di Deming. .... Al contrario nell’organizzazione basata sulla conoscenza è la produttività del singolo lavoratore che si trasmette al sistema. Dunque nella forza lavoro tradizionale il lavoratore è al servizio del sistema; in quella basata sulla conoscenza il sistema deve essere al servizio del lavoratore.”

“Non è mai troppa l’importanza che si da al fatto di centrare l’attenzione sulla produttività del knowledge worker, perchè la loro carateristica critica è di essere “capitale”, non “lavoro”.”

“i dipendenti potranno essere anche la nostra più grande passività, ma le persone sono la nostra più grande opportunità”  

Peter F. Drucker, Il management della società prossima ventura, Etas, 2003. [1]

Le idee che aprono strade e orizzonti nuovi spesso vengono col tempo banalizzate, divengono moda o peggio veicolo per vendere software o servizi che poco hanno a che vedere con la genesi e il significato dei concetti stessi. L’abuso di questi termini porta piano piano al loro abbandono, oppure a dare per scontato la loro esistenza così svilendo la loro carica innovativa.

Il CRM per esempio, oggi viene spacciato per CRM qualsiasi cosa abbia una relazione sia pur lontana con il cliente, lo sviluppo di un software, un progetto di system integration, o addirittura un pacchetto pronto. La gestione del cliente diviene standard, CRM in scatola di montaggio.

Se una volta si eccedeva nel sostenere le diversità di una azienda da un’altra, persino su processi assolutamente non a valore, oggi si tende a standardizzare tutto, così facendo si tende ad omogeneizzare culture e visioni delle aziende e spostare la competizione solo sulla dimensione e sulla forza finanziaria.

Anche nella gestione delle persone si vive questo processo di banalizzazione e di standardizzazione che porta a gestire le persone come risorse, quasi fossero uguali e ripetibili le performance generate dai diversi individui.

È vero che si sono sviluppate anche tecniche di valutazione e di sviluppo del potenziale, ma questo approccio ha troppo spesso riguardato una parte minima della popolazione aziendale, per ovvi motivi di budget e di disponibilità di tempo dei professionisti delle RU.

Se facciamo una analisi critica dei sistemi e delle politiche di gestione delle RU ci accorgiamo che, distribuita la popolazione di riferimento su una curva normale che ha per assi qualità della prestazione/potenziale e numero risorse disponibili, la quasi totalità degli interventi si concentra sulle code della normale.

Da un lato si sviluppano politiche per gli alti potenziali (quanti sono in azienda, 2%, 4%?), sistemi retributivi sfidanti e counseling per limitate popolazioni, dall’altro si gestiscono i lavoratori considerati “poco produttivi”, cercando di ridurne il numero nell’organizzazione.

Ma come dice Drucker nel suo articolo “è statisticamente impossibile avere gente migliore”. In più se anche riuscissimo ad ottenere significativi risultati alienando  l’1% della popolazione a scarso rendimento o ottenendo prestazioni superiori dagli alti potenziali, sposteremmo ben poco la produttività media.

Il problema vero è lo spostamento in avanti dell’asse mediano della nostra curva normale e non il lavorare sulle code. La produttività media è infatti influenzata maggiormente dall’operato della maggioranza della popolazione che da chi si trova nelle code. In più è difficile oggettivamente ottenere di più da chi è già di per se stesso motivato, così come è difficile smuovere persone strutturalmente poco portate al lavoro organizzato.

Questa tendenza ad operare sulle code è il risultato di due fattori. Il primo è un fattore economico, in quanto lavorare su popolazioni molto vaste è costoso e le direzioni RU solitamente non possono permettersi un numero elevato di addetti per poterle gestire.

Il secondo è figlio del considerare più importante il sistema delle persone, dove queste sono ritenute sostanzialmente intercambiabili, e dal ritenere che i vantaggi competitivi vengano dalla triade processi/prodotti/sistemi, cosa vera solo in parte.

Drucker riapre una discussione su questo punto, affermando che oggi nelle aziende cresce il numero dei knowledge workers, dei lavoratori in grado di portare specifico know-how e che per questo motivo rappresentano un capitale per l’azienda, non una risorsa standard e interscambiabile. Questo capitale è costituito da particolari aree di conoscenza che possono essere rappresentate sia da conoscenze tecniche che da conoscenze relazionali, ed è un fattore differenziante, che incide sulla qualità del servizio e dei prodotti della azienda, sulla sua capacità competitiva e di servire i clienti.

Il vero CRM è questo, è nelle persone e nella cultura, ed è molto di più di un software.

Ed è per gestire questo capitale che dobbiamo cercare nuovi strumenti, far evolvere quelli sviluppati per gestire le RU, costruire metodi e approcci adatti a valorizzare il capitale intellettuale e che ci consentano di gestire le persone, come entità uniche e specifiche, e non più delle risorse.

Drucker stima che mediamente i knowledge workers siano circa il 40% della popolazione aziendale. Se a questi aggiungiamo i managers e i giovani di potenziale possiamo pensare che la popolazione target di politiche mirate e personalizzate sia ben superiore al 50% della popolazione aziendale complessiva. Io penso che in realtà dovremmo estendere questa nuova modalità di gestione al 100% delle persone, anzi di più in quanto in un ambiente sempre più simile ad un sistema rete, sarà cruciale gestire anche le competenze di persone non legate all’azienda da contratti di lavoro dipendente.

Drucker arriva a fare una importante distinzione fra dipendenti e persone, affermando che la gestione dei primi può essere standardizzate e esternalizzata, mentre le gestione delle persone diverrà elemento critico e fattore competitivo nella società della conoscenza nella quale siamo ormai inseriti.

Non solamente condivido questa sua affermazione, ma mi spingo oltre affermando che le aziende devono cominciare a pensare alle persone (non alle risorse umane) e, dato che ognuna possiede uno specifico know-how, uno specifico potenziale di apprendimento e di attuazione, specifiche esigenze ed aspettative, dobbiamo iniziare a gestire le persone “una per una”.

Come primo passo verso questa distinzione fra persone e dipendenti basterebbe dividere chi cura la valorizzazione del capitale intellettuale e chi contabilizza i costi del personale, ricreando la sana e naturale dialettica che esiste negli altri settori aziendali fra chi si occupa di business e chi di contabilizzazione/controllo. La gestione del contratto e la contabilità del personale devono essere  separate dallo sviluppo del capitale umano e dell’organizzazione del lavoro. Questo avrebbe il significativo vantaggio di togliere dalle mani di chi si occupa solo di costi (nella accezione di Drucker, i dipendenti) la valorizzazione del capitale rappresentato dalle persone, che come giustamente suggerisce Drucker deve essere misurato in base alla produttività e non al costo.

Un altro significativo aiuto può venire dalle nuove tecnologie che possono consentire significativi risparmi di costo nella gestione delle persone, aprendo nuove prospettive e possibilità a quelli che non chiameremo più gestori di RU, ma gestori di persone.

Utilizzando le potenzialità delle nuove tecnologie possiamo raccogliere e condividere la conoscenza, raggiungere con una comunicazione personalizzata ogni singola persona, attivare con lei un processo dialettico e mettere a disposizione strumenti utili per aumentare la soddisfazione professionale delle persone e migliorare la produttività del capitale intellettuale.

Un esempio di queste potenzialità potete ritrovarlo nel mio precedente articolo La gestione delle persone una per una nel quale riportavo un esempio di costruzione di un portale rivolto al personale. Un simile strumento apre possibilità di comunicazione prima non pensabili, permettendo di raggiungere un numero di persone elevato con costi contenuti.

Non sono le tecniche che oggi mancano, né gli strumenti.

Però per effettuare veramente questo passo da risorse a persone dobbiamo cambiare il modo di pensare la “gestione delle RU”, cominciando dal lessico per finire ad uno nuovo stato mentale.

PS: Peter F. Drucker è nato nel 1909 a Vienna. Leggendo i suoi libri non si direbbe. Ha ancora l’entusiasmo per guardare avanti e cercare di aiutare i suoi lettori a leggere il futuro per lavorare meglio nel presente. È una continua fonte di ispirazione e per questo gli siamo debitori.

Peter F. Drucker has born in Vienna in 1909. Reading his books you can still find the enthusiasm of a young man. He is always looking ahead trying to give a help to his readers in understanding the future to better work in the present. He is an inspiration to all of us and we want to thank him for that.



[1] Peter F. Drucker, Management Challenges for the 21st Century, Harper Business, 1999.

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