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Come essere leader. Diciotto sguardi sulla leadership

di Francesco Varanini 11 Agosto 2014

Difficile portare alla luce il proprio modo di essere leader. Difficile anche dire cosa è la leadership. Di seguito propongo qualche avvicinamento.

  • 1. La soluzione dei problemi è ‘emergente’: nasce dall’osservazione del problema stesso, nasce dall’essere immersi nella situazione. E’ leader chi sa leggere la situazione, porre attenzione ai ‘segnali deboli’: tracce, indizi.

  • 2. Le conoscenze più utili -perché nuove, aggiuntive, non ancora usate- sono le conoscenze tacite e latenti: si sanno fare cose senza saper spiegare bene come. Il leader sa come esplicitare e rendere fruibile ciò che è tacito e latente.

  • 3. Il leader è portatore di esperienza. L’esperienza non è specifica a un ambito, di lavoro, o appartenente alla vita privata, l’esperienza è trasversale, ogni esperienza è buona, non so prima cosa potrà venirmi utile in una data situazione. L’esperienza, quindi, è accettare il peso dell’apparentemente inutile, il peso della ‘ridondanza’: tutto può venir buono, quello che si è letto in un romanzo, quello che si è sentito dire da un figlio ecc. Con questi ragionamenti siamo vicini al knowledge management: le tecnologie informatiche permettono di conservare tutto e di cercare quando serve.

  • 4. E’ leader chi ha saputo lavorare su di sé. La leadership è frutto del lavoro su di sé. La leadership si manifesta attraverso un percorso che parte dalla consapevolezza di sé, l’applicazione, il superamento delle difficoltà, la realizzazione. La comprensione degli altri si fonda sulla comprensione di se stessi.

  • 5. Il leader è resiliente, Resilienza: restare se stessi anche nelle situazioni difficili, adattandosi ma senza deformarsi, senza perdere la propria identità; imparare a resistere allo stress; conoscere i propri limiti.

  • 6. Il leader sa accettare i vincoli: non fa finta che non ci siano vincoli.

  • 7. Il leader sa giocare con i vincoli. I vincoli, accettati in partenza, si possono anche rivelare non un limite, ma un’opportunità. Vale l’esempio della poesia in rima: la rima obbliga a trovare parole nuove e giri di parole nuovi. All’interno dei vincoli, in ogni caso, esistono margini di autonomia e spazi di azione, non sempre evidenti.

  • 8. Il leader è capace di uscire dalla routine. La routine è comportarsi secondo programma, regole, modelli, procedure. E’ ‘eseguire’. Routine deriva da route, ci parla di una ‘piccola strada chiusa tra muri’. Ma route viene dal latino via rupta, ‘ aprire la strada’. Il leader apre nuove strade, nuove rotte.

  • 9. Umiltà e adattamento: i leader non pretende di dominare le situazioni che è impossibile al momento dominare. Ma anche di fronte a situazioni non dominabili il leader comprende il corso degli eventi. Perciò resta convinto di poter incidere sugli eventi. Esemplare la figura del generale Kutuzov descritta da Tolstoj in Guerra e pace.

  • 10. Il leader evita sempre di nascondersi dietro l’idea che della tal cosa si occuperà qualchedun altro. Il leader si fa carico delle situazioni che può affrontare, senza preoccuparsi troppo di chiedersi quali sarebbero le ‘le persone preposte’ a farsene carico. Il leader sa assumersi responsabilità. Assumendosi la propria responsabilità mostra a a tutti, e ad ognuno, come assumersi la propria.

  • 11. Allo stesso tempo il leader sa rispettare se stesso: non si impone compiti troppo gravosi, non si fa carico di tutto. Il leader sa muoversi sulla soglia oltre la quale è meglio non andare.

  • 12. Il leader non è schiavo della fretta e dell’urgenza. Non è schiavo dell’azione e dell’esecuzione. Sa che serve dedicare tempo a pensare, a meditare. Sa che sono utili pause e cambiamenti di ritmo. Sa che sono utili riunioni a prescindere dallo scopo. Sa che sono utili riunioni anche prive di uno scopo preciso.

  • 13. Il leader sa considerare ed usare le risorse del gruppo. Non conta solo la mia esperienza non contano solo le mie conoscenze, contano esperienze e conoscenze di tutti.

  • 14. Leader è chi è chi ‘guida la danza’. La danza ha a che fare con il ritmo. Se non si coglie il ritmo ci si pesta i piedi. La parola stakeholder ci ricorda che ognuno è portatore di interessi, ma che calpestiamo un unico terreno. c’è un ritmo dentro di noi, pensare a come si respira, a come siamo presenti o assenti in date situazioni; c’è un ritmo in ogni appartenente al gruppo. Il leader è chi garantisce il ritmo collettivo. Esempio: remare.

  • 15. Un antico senso nascosto nella parola team rimanda all’idea di giogo: siamo avvinti ad un unico giogo. Gruppo come: insieme di rematori al quale il leader detta il ritmo. In questa accezione, il leader sta fuori dal gruppo. Il leader è l’allenatore, colui che osserva per conto di chi sta giocando ciò che chi sta giocando, preso dal gioco, non può vedere.

  • 16. Ma altrimenti possiamo intendere il gruppo come insieme dove ognuno ha un ruolo diverso: come nelle squadre sportive: calcio, rugby ecc. Il leader non è l’allenatore, ma è uno dei membri della squadra. La presenza del leader porta alla luce l’equilibrio del gruppo. Fa sì che le differenze si manifestino come forza.

  • 17. Il leader sa accettare gli altri per quello che sono. Tendiamo a considerare le differenze tra noi e gli altri come loro deficit. Ma si tratta di deficit solo in base ad un metro di misura. Esistono sempre altri metri di misura. Il leader sa guardare all’altro non come portatore di deficit, come persona mancante di qualcosa, ma come persona diversa da conoscere e da capire.

  • 18. Ognuno è portatore di un proprio sguardo sul mondo, di un condo di luce. Fare gruppo è sapere che lo spazio nel quale possiamo agire è quello verso il quale convergono i diversi coni di luce. Il leader è chi aiuta ad avvicinare tra di loro i coni di luce. Questo è ‘unire le forze’.

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