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La Siria è pronta a… Me l’ha detto mio cognato che lavora al Ministero degli Esteri

di Piero Trupia 01 Febbraio 2013

Butto giù liberamente alcune note, suscitate in me dalla lettura dell’intervista di Francesco Varanini a Gianluca Bocchi del 29 marzo 2011, pubblicata su Bloom il 20 gennaio scorso.

In una sua risposta Gianluca mette in guardia contro il provincialismo. I Romani, ricorda, non erano provinciali, ma accoglienti: di stranieri, costumi, religioni e, soprattutto, idee. Si considerarono sempre culturalmente debitori della Grecia e si limitarono in filosofia a commentare e a illustrare: magnifica l’illustrazione della filosofia di Epicuro di Lucrezio nel De rerum naturae.

Esiste una produzione teatrale romana originale ed è tratta dalla cultura popolare italica delle diverse provincie: fescennine, sature, atellane o, sul lato serio, palliate, togate, coturnate, i contenuti delle quali erano popolari o tratti dal repertorio greco.

I romani non erano complessati, anche perché  davano il meglio di sé là dove i greci erano stati assenti: nel diritto, nell’amministrazione pubblica, nell’ingegneria civile, nell’agricoltura, nell’arte mineraria, nell’arte della guerra. Inventarono il genius loci, una semidivinità che presiedeva alle potenzialità del luogo e ne generava gli sviluppi.

Ecco una formula per la formazione e. in generale, per la cultura di un popolo: apertura al mondo e specificità locale. Non è quel che ci vuole per la nostra Italia?

Senza acorgercene e senza neanche volerlo più di tanto, abbiamo inculturato il mondo su tre dimensioni vitali: abbigliamento, arredamento, agroalimentare. Con l’automazione siamo ben piazzati. Non siamo riusciti, paradossalmente, ad aggiungere una quinta A, l’accoglienza, la nuova denominazione e realtà del turismo che, come turismo, è passggio. Le navi da crociera arrivano a Napoli alle sei del mattino e levano le ancogre alle diciotto dello stesso giorno!

Penosa la condizione della formazione manageriale. Abbiamo copiato dagli USA, poi dal Giappone. Fordismo, Postfordismo. Marchionnismo, Toyotismo. Ora ci troviamo con il 40% di sovrapproduzione automobilistica nell’attesa di invadere il Terzo Mondo che però non siamo riusciti a sviluppare con le teorie dello sviluppo USA e con la FAO, domiciliata a Roma, ma cultualmente americana, che annuncia ad ogni assemblea generale il dimezzamente della fame nel mondo nei prossimi cinque anni.

Nel campo della formazione erogata prevalgono le psicoloogie del genitivo e dell’aggettivo: d’importazione. Ignorata la grande tradizione pedagogica italica, radicata nella cultura millenaria dell’Occidente, con le punte dell’Umanesimo e del popolarismo liberale ottocentesco, da Bosco a Don Milani.

Attenzione! La cultura nord-americana è eccellente nel fare, ma non nel sapere cosa fare. Si attribuisce a Drucker o, forse, è di Simon la massima “Efficienza è fare le cose bene, efficacia è fare la cosa buona”. Il fine dell’economia, da Smith in qua, è La ricchezza delle nazioni. Il fine ell’economia per Aristotele è La vita buona.

Gli USA sono culturalmente provinciali, tranne alcune isole snob, nel senso buono del termine. Le uniche filosofie generati in loco non sono filosofie. Sono darwinismo sociale, comportamentismo, pragmatismo, operazionismo. Escludono per principio la ricerca della verità, o una semplice domanda su di essa, e. conseguentemente, sulla verità delle cose, o una semplice damanda su di esse.

Autore

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Piero Trupia. Linguista, cognitivista, filosofo del linguaggio. Studi di matematica, economia, scienza della politica. Dirigente industriale fino al 1996. S’interessa di arte figurativa che studia e colleziona. Il suo approccio critico si avvale delle forme più avanzate di semiotica e semantica della figura. In materia ha pubblicato saggi nella collana Analecta Husserliana, Kluwer, Dordrecht, Nederland. Appena uscito, Piero Trupia, Perché è bello ciò che è bello. La nuova semantica dell’arte figurativa. Con un saluto di Santo Versace e una riflessione di Renzo Piano, Franco Angeli 2012. Blog La Chimera: http://pierotrupia.blogspot.com

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