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Le donne il management la differenza. Un convegno a proposito di un altro modo di governare le aziende

di Luisa Pogliana 07 Novembre 2013

Questa proposta nasce da un lavoro che noi di Donnesenzaguscio abbiamo fatto in questi anni. Abbiamo visto che molte manager tendono a tenersi fuori dai ruoli decisionali più alti -anche quando è possibile- perché in azienda il potere che agisce in quei luoghi è storicamente maschile, e si manifesta con logiche in cui le donne non si ritrovano.
Ma noi abbiamo pensato che quando le donne dicono che non ne vogliono sapere del potere, in realtà stanno dicendo che non lo vogliono così com’è, che questo non è il miglior modo di dirigere un’azienda. E abbiamo pensato che è possibile uscire dall’aut aut tra adattarsi a questa cultura dominante o estraniarsi, ma lasciando così fuori le proprie idee dai luoghi dove le politiche aziendali si fanno.
Con questo obiettivo abbiamo sviluppato un lavoro, ragionando sulle esperienze nostre e di altre donne manager (che ha portato al libro Le donne il management la differenza, Guerini e Associati, 2012).

Effettivamente abbiamo visto che molte donne, entrate in quei luoghi, non hanno fatto propria la cultura esistente, ma hanno portato una loro visione differente.
Da qui sono nati nuovi pensieri e nuove pratiche, politiche aziendali capaci di cambiamento. Le abbiamo guardate non come best-practices da copiare (nessuna pratica può essere buona per tutte le situazioni) ma per coglierne i criteri politici, quelli che le rendono efficaci e possono valere per tutte le situazioni.

Nella loro diversità, abbiamo visto soprattutto una cosa fondamentale che le accomuna: il punto di vista differente porta a un altro modo di intendere l’azienda e il ruolo di manager.
L’azienda è vista come luogo in cui convergono soggetti con interessi diversi, ma c’è la convinzione che è possibile e necessario trovare un punto di incontro, tenere conto di tutti i soggetti che costituiscono l’azienda.
Siamo così arrivate a parlare di governo delle aziende. Perché l’idea di governo esprime una cultura orientata alla responsabilità e all’agire per il bene di tutte le parti in gioco.

Questa è per noi la differenza che molte donne portano nel management: non una serie di attitudini supposte femminili, che si aggiungono al modello maschile, lasciando intatto il quadro di riferimento. La differenza, per noi, si manifesta in un punto di vista diverso, che mette in discussione proprio il modello e le regole consolidate del management. Non arbitrariamente, ma quando producono disvalore: difendendo interessi di parte, restando arroccate al controllo e quindi alla conservazione.
Insomma, non è solo una maggiore presenza di donne nei luoghi decisionali che può modificare le regole consolidate. Quello che conta è portare lì il nostro modo diverso di intendere i ruoli e le finalità. Noi vogliamo mostrare che è possibile, guardando alle esperienze già realizzate: vedendo quando e come ognuna si è trovata a fare qualcosa di diverso nelle regole aziendali, che poi ha cambiato la cultura aziendale, ed è diventato un cambiamento stabile.

Sappiamo che di esperienze così ce ne sono tante, ma è difficile renderle visibili: le donne non ne vedono il valore, non le raccontano, e allora è come se queste esperienze non esistessero.
Succede perché spesso le donne si muovono con dei progetti in testa, ma non partono da teorie. Le loro politiche nascono da intuizioni, da quello che a loro sembra ‘ovvio’. Accettano il tentativo di cambiare senza pretendere di controllare tutto con un modello. Questo spesso viene sminuito dagli uomini come semplice buonsenso, proprio perché non viene formalizzata con schemi e linguaggio di management. Possiamo dire, invece, che sono fondate sulla propria esperienza della realtà, e non su astrazioni. Le donne magari non hanno in mente modelli teorici definiti, ma i criteri sì. E cambiando i criteri si arriva da un’altra parte.
Un’altra ragione per cui le donne non danno valore a quello che fanno è perché spesso non si tratta di grandi progetti: soffocate dall’imperativo del ‘grande cambiamento organizzativo’, sottovalutano le cose che fanno quotidianamente. Invece sono importanti anche le risposte a piccoli problemi, che però incidono sulla cultura aziendale. Anzi, crediamo che proprio questo sia il criterio essenziale : trasformare le cose che si fanno quotidianamente in un atto che modifica la realtà. Il cambiamento, per quanto piccolo, incide se muove da una visione che punta a cambiare la cultura aziendale, rendendo acquisite nuove politiche e modi di pensare. La contingenza è lo stimolo alla ricerca di soluzioni, ma le soluzioni non devono essere contingenti e riassorbibili.

Per questo c’è un passo che dobbiamo fare: imparare a leggere la nostra esperienza ‘politicamente’. Che non vuol dire inquadrarla in un modello rigido e astratto, ma mettere a fuoco il suo senso, i suoi criteri, e vederne il valore. Tradurla in una azione consapevole per conservare e trasmettere la conoscenza che se ne ricava, e che può essere riutilizzata: quell’esperienza non si replica, ma si conosce di più, si vedono più possibilità di agire.

Scopo dell’incontro che proponiamo è dunque dar valore e far conoscere queste esperienze, per prendere consapevolezza del senso di quello che facciamo, riflettendo sulle storie raccontate.
Perché le donne spesso riconoscono i passaggi che fanno solo dopo averli rappresentati.
Noi sappiamo l’importanza di questo: è successo prima di tutto a noi.
Dunque in questo incontro vogliamo ascoltare le esperienze di alcune donne e i pensieri che le informano.
Chiederemo a tutte di mettere a fuoco qual è stata la decisione chiave che ha segnato il punto di svolta. Come, davanti a diverse possibilità, si è scelta quella politicamente significativa.
E i principi, i criteri che l’hanno orientata, che sono stati capaci di cambiare la realtà.

Il convegno è a Milano, giovedì 28 novembre, 16-19.30, Società Umanitaria, ingresso via San Barnaba 48, Sala Cinema.

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