Seduto a una tavola lunga e affollata, come d’abitudine conto: 23 commensali. Ne conosco abbastanza soltanto uno e 3 perché mi sono stati presentati in precedenza. Ne restano 20 che mi sono stati presentati all’arrivo, senza andare oltre i convenevoli e dei quali non ricordo il nome. Tra questi le quattro persone che sono a portata di voce.
Il commensale alla mia sinistra parla con chi gli sta di fronte che trova il modo di dire che è ingegnere aeronautico e che lavora in Germania. Viene però attratto dalla signora che gli sta a fianco e dimentica il suo interlocutore, del quale, quando mi giro verso di lui, scopro nel volto una traccia di desiderio.
Gli chiedo se anche lui è ingegnere e mi dice che sì ma addetto a studi e ricerche sul volo supersonico e spaziale. Gli chiedo del Concorde, gioiello tecnologico e bufala commerciale. Consente e mi assicura che la lezione è stata assimilata e che si lavora a un aereo 3 volte la velocità del suono e con lunga autonomia.
Tralascio questo argomento e lo interrogo su alcuni temi di fisica teorica. Un corpo in movimento inerziale nello spazio genera entropia? La luce è realmente immateriale? E se è così come mai, se attraversa un campo gravitazionale, viene deviata? La fisica quantistica è realmente indeterminata o sono inadeguati, al momento, i nostri sistemi di misurazione? Si appassiona e mi dà risposte competenti ed esaurienti. Mi appassiono e lo ascolto fino in fondo, senza interrompere al modo degli intervistatori TV.
Il mio interlocutore procede liscio, senza scosse come la navicella Rosetta che ha viaggiato gravitazionalmente e inerzialmente per dieci anni fino ad atterrare sulla cometa. Appare compiaciuto del suo interlocutore, competente come domandante e attento come ascoltatore. Alla fine della serata ringrazia, senza specificare di cosa e si offre di accompagnarmi a casa, sapendomi senza vettura.
Nel dormiveglia ripenso all’incontro e mi si palesa il paradosso della comunicazione: tutti pronti come donatori, il più delle volte non richiesti, pochissimi disposti a offrirsi come donatari. Da questi mi distinguo come donatario abituale che si arricchisce ogni volta di decisive certezze, elargite più che generosamente, gioiosamente.