Contributi

Liberare la formazione. Per formare alla libertà

di Francesco Varanini 24 Aprile 2015

Guardiamo alla ‘formazione’ che desideriamo per noi, e alla formazione che offriamo agli altri -sia stando dentro un ruolo professionale, intesa come attività remunerata, sia in spirito di gratuità e di dono.

Guardiamo ai mezzi, agli strumenti, ai luoghi e alle istituzioni tramite i quali si esplica ogni quell’insieme di attività che chiamiamo ‘formazione’.

Possiamo in generale dire che ci compete liberare la formazione dalle angustie nella quale è costretta.

Angustie della formazione: formazione ridotta ad addestramento anziché formazione che apre la mente; formazione specialistica anziché formazione orientata a scoprire e percorrere connessioni e reti di senso; formazione erogata in luoghi inadatti; ristrettezza dei mezzi finanziari; formazione ingabbiata in programmi rigidi, in piani di studi sequenziali; formazione assoggettata a misure, a metriche intese come sistemi chiusi.

Liberare la formazione, anche, dal considerarla ‘formazione degli adulti’. Si è tradizionalmente mantenuto separato il mondo della scuola -primaria, secondaria, superiore- ed il mondo dell’università dal mondo della ‘formazione aziendale’. Si è inteso che la ‘formazione aziendale’ venisse dopo la formazione scolastica ed universitaria, e che avesse lo scopo di avvicinare al lavoro organizzato, all’interno di una singola impresa, o nel quadro di una specifica professionalità.
Ma oggi dobbiamo prepararci ad operare in mondi complessi, dove il prima e il dopo non possono più essere il presupposto. Il proliferare si saperi settoriali, che rende necessaria una nuova visione di insieme; a tendenziale scomparsa del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la rapida evoluzione delle tecnologie e di modi di lavorare; i tempi stretti del mercato, la logica dei crediti formativi e dei vaucher… – fattori numerosissimi differenti tra loro convergono nel farci ritenere necessario immaginare un ‘campo formativo’ che abbraccia formazione primaria e secondaria, formazione dei giovani e degli adulti, formazione scolastica e formazione universitaria e formazione aziendale.

Il mondo non è più come prima. L’umanità ha conosciuto innanzitutto due modalità di ‘formazione’. Il primo: l’incontro faccia a faccia, in un luogo fisico, di docenti e discenti. Il secondo: la ‘formazione’ trasmessa attraverso la scrittura, simboleggiata dal libro.
La ‘formazione’ -come concetto, e come riferimenti simbolici- è legata all’incontro faccia a faccia e al libro.
Ma il Ventesimo Secolo ci ha imposto il nuovo scenario del mezzi di comunicazione di massa. E poi un cambiamento ancora più radicale è stato portato dai computer e dal World Wide Web. Oggi ognuno di noi può accedere a una sterminata varietà di fonti di conoscenza, in gran misura gratuite. Mentre prima simbolicamente l’aula era luogo che si distingueva da un deserto di ignoranza, oggi ogni aula è immersa in un contesto di conoscenza diffusa.
Dobbiamo quindi guardare la formazione andando al di là dal suo stesso mito fondativo: l’aula, il libro.
La formazione soffriva di scarsità: poche attività formative rispetto al necessario; pochi libri poco accessibili.
Oggi le aspettative si rovesciano: serve una formazione che sia allenamento a muoversi nella sovrabbondanza di fonti. Non è virtuoso ignorare fonti esistenti, ma diventa essenziale apprendere ad attribuire ad ognuna l’autorevolezza che merita.

La stessa Associazione Italiana Formatori è nata intendendo come terreno d’azione la ‘formazione aziendale’. Ora questo terreno si restringe – si riducono i budget, si pone via via meno attenzione alle culture organizzative e allo sviluppo delle persone e sempre più si guarda al costo del personale e al rendere adeguate le persone ad esigenze di breve periodo; la formazione è sempre più ‘formazione finanziata’, quindi formazione sempre meno libera e sempre più subordinata a piani e a controlli vincolanti.
L’Associazione Italiana Formatori potrebbe limitarsi a difendere le posizioni: definire il campo, stabilire confini, sanzionare, attribuire il titolo di ‘formatore’. Tutto questo è utile e doveroso. Ma siamo chiamati a fare di più. Guardare, appunto, al futuro della formazione.

Più che come luogo d’intervento di esperti, la formazione può essere intesa come campo d’azione nel quale agiscono soggetti sociali diversi. Ognuno intento a formarsi prima che a formare gli altri.

Il futuro della formazione sta nella creazione e nell’esplorazione di spazi di libertà.
Dante associa libertà a volontà: della libertà furono e sono dotate solo le creature intelligenti, gli uomini. Sta agli uomini usare questo dono: la libertà discende da un esercizio di volontà.
Il latino liber, ‘libero’, come il greco eleútheros, ‘indipendente’, ‘libero’, ‘nobile’, rimandano a una radice indoeuropea all’idea di popolo: ogni persona e ogni gruppo sociale definisce se stessa come ‘libera’.
L’inglese free discende da una radice germanica che sta per ‘not in bondage’, a sua volta da una radice indeuropea che sta per ‘own, dear, beloved’.
La libertà -e la formazione- si manifestano come superamento dei vincoli. La formazione è essenzialmente costruzione di autostima.

Il progresso che vediamo necessario, il cambiamento e lo sviluppo che auspichiamo per noi stessi e per le nostre famiglie e per la nostra società, il cambiamento che ci appare necessario all’interno delle istituzioni -Stato e Amministrazioni Locali, imprese, organizzazioni, luoghi di produzione- passa attraverso l’accrescimento dei gradi di libertà di cui ogni soggetto dispone. E passa attraverso la presa in carico di ognuno delle opportunità e delle responsabilità implicite nella libertà.

Non possiamo sapere cosa considereranno ‘buono’ le le generazioni future. Non abbiamo diritto di decidere per loro. Perciò siamo chiamati a creare ‘spazi di libertà’. Spazi nei quali ognuno -ogni persona, ogni gruppo sociale, ogni paese- possa agire libero da vincoli e da retaggi del passato, costruendosi il proprio mondo.

La formazione è dunque essenzialmente ‘formazione alla libertà’, per noi stessi, e per tutti coloro che noi -professionisti della formazione- seguiamo nel proprio sviluppo personale sociale.

Sono stato incaricato di proporre il tema del Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana formatori, AIF, che avrà luogo a Milano il 13 e il 14 novembre 2015. Questo testo è la prima bozza della mia proposta, tesa non certo ad imporre una linea, ma al contrario tesa a raccogliere suggerimenti e contributi.

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